L’AMORE DI DIO E’ IL SEGRETO SVELATO DALLA NOSTRA VITA SALVATA DALL’IPOCRISIA
Tra la “folla” anonima che “si accalca e calpesta a vicenda”, i discepoli sono come il lievito nella massa: non si vede, ma esercita una forza capace di sprigionare vita e fermentare tutta la pasta. Proprio perché sciolto come sale e lievito può illuminare il mondo intero. E’ il paradosso cristiano nel quale siamo stati coinvolti con la chiamata che ci ha raggiunti: come il nostro Signore ci aspetta un torchio dove essere spremuti sino all’ultima goccia, perché il sangue di Cristo giunga ad ogni uomo; la missione della Chiesa, infatti, è lasciarsi impastare nel mondo per presentare i pagani a Dio come un’oblazione pura. I martiri ci indicano il cammino, come quelli di Nagasaki, crocifissi mentre cantavano i salmi che facevano risuonare, proprio per i loro carnefici, le melodie che gli angeli cantano in Cielo per l’eternità. A questo canto tra le fiamme della fornace ardente delle tentazioni e delle persecuzioni siamo chiamati fratelli; per questo la Chiesa ci sta insegnando come innalzare nel mondo l’inno di lode per il Dio bestemmiato e dimenticato. Unico pericolo, l’”ipocrisia”, peggiore de peccati stessi, perché rende vana la Croce di Cristo e frustra la missione della Chiesa; il “lievito” di una vita doppia che infetta tutta la pasta, perché “nasconde” l’idolatria come fece il Popolo di Israele sorprendentemente sconfitto in battaglia ad Ai: “Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito l’alleanza che avevo loro prescritto e hanno preso ciò che era votato allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato e messo nei loro sacchi! Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici, volteranno le spalle ai loro nemici, perché sono incorsi nello sterminio. Non sarò più con voi, se non eliminerete da voi chi è incorso nello sterminio. Orsù, santifica il popolo…
Allora Acan disse a Giosuè: “In verità, proprio io ho peccato contro il Signore, Dio di Israele. Avevo visto nel bottino (di Gerico appena conquistata) un bel mantello di Sennaar, duecento sicli d’argento e un lingotto d’oro del peso di cinquanta sicli; ne sentii bramosia e li presi ed eccoli nascosti in terra in mezzo alla mia tenda e l’argento è sotto”… Giosuè allora prese Acan di Zerach e l’argento, il mantello, il lingotto d’oro, i suoi figli, le sue figlie, il suo bue, il suo asino, le sue pecore, la sua tenda e quanto gli apparteneva. Tutto Israele lo seguiva ed egli li condusse alla valle di Acòr. Giosuè disse: “Come tu hai portato sventura a noi, così il Signore oggi la porti a te!”. Tutto Israele lo lapidò, li bruciarono tutti e li uccisero tutti a sassate” (cfr Gs cap.7). Fratelli, il Vangelo di oggi ci annuncia le stesse parole che ascoltò Giosuè: stiamo nascondendo un idolo nel cuore! Cercalo, e consegnalo a Cristo, altrimenti la tua vita sarà un fallimento, e scapperai pieno di paura davanti “a coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla”: ti infilerai in ipocrisie sempre più sottili, aggiungerai menzogna a menzogna, con tua moglie, i tuoi figli, i tuoi fratelli e colleghi, perché nascondendo l’idolatria impediamo a Cristo di operare con potenza; essa infatti si manifesta pienamente nella debolezza, non nell’ipocrita autonomia dell’orgoglioso. Per questo Gesù si dirige “innanzitutto” a noi, “suoi amici”, per metterci in guardia dall’ipocrisia, il vero pericolo per la Chiesa, che per sua causa diventa sale che ha perduto il sapore ed è “calpestato” come gli ipocriti tra i farisei, sepolcri di cui nessuno si avvede, e come noi, i discepoli, che perdendo la primogenitura profetica, torniamo ad essere folla anonima che si “calpesta” a vicenda: “Corruptio optimi pessima”, ovvero “ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo” (San Gregorio Magno). Ma coraggio, il Signore ha preso il tuo posto! Tu hai portato sventura alla tua famiglia, alla Chiesa e al mondo con la tua idolatria, ma la morte che meritavi ha raggiunto Cristo sulla Croce. Accetta oggi quella che la storia ti presenta, dove puoi sperimentare il perdono di Dio che estirpa dal tuo cuore l’idolatria “nascosta” per deporvi la sua natura. Lasciati “attirare” da Cristo che ti vuol “condurre nel deserto”: entra nella storia di aridità e solitudine che non sopporti, perché è proprio dove Lui vuole “parlare al tuo cuore” per salvarti: nel tuo deserto, infatti, Gesù “trasformerà la valle di Acòr (quella dove è stato lapidato e bruciato il colpevole della disfatta del Popolo di Israele) in porta di speranza”. Ascolta che cosa dice il Signore di te attraverso il Profeta Osea: “Là (nel deserto, proprio dove hai nascosto l’idolatria e hai sperimentato il fallimento del peccato) canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà in quel giorno che mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal (gli idoli dei popoli pagani), che non saranno più ricordati. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (cfr Os. cap 2).
Così sono salvati gli “amici” di Gesù, e per questo chiamati alla “parresia” di gridare la mondo che esiste “mio Dio”, come la Maddalena dopo aver incontrato il Signore risorto lo ha annunciato con franchezza e gioia senza temere di non essere creduta. La “parresia” infatti, è il lievito che trasforma una massa anonima in una comunità, perché, attirando su di sé l’odio e la persecuzione di chi non accetta la Verità annunciata senza compromessi, semina con fecondità i cristiani attraverso il sangue sparso nel martirio. Solo dove risplende l’autenticità del Vangelo, infatti, le persone sono poste di fronte all’amore di Cristo, perché desti in loro il desiderio di vivere come i cristiani, beati nella fame e nella povertà, tra le lacrime e le persecuzioni. Sulla croce, infatti, ogni “segreto viene alla luce”: se l’interno è stato purificato e colmato di fede, esso splenderà nell’amore più forte della morte; se invece è pieno di iniquità e incredulità, sarà svelata l’ipocrisia, con grave danno per i piccoli e i peccatori. Se stai perdonando il tuo nemico, oppure offrendo il dolore della malattia, allora significa che in te è vivo Cristo per mezzo della fede adulta. Come sappiamo dal primo rito del battesimo, essa ci dà la vita eterna, e chi ce l’ha non teme le persecuzioni più feroci: sa che “ogni suo capello è contato”, perché la sua vita è custodita nel cuore di Dio. Per questo un cristiano può amare donandosi nel martirio, “svelando” così all'”esterno” le opere della fede che colmano l'”interno”. Ė come tra due sposi: con pudore “nascondono” nell’intimità della “stanza più interna” effusioni e sguardi in un linguaggio di parole e corpi che solo loro comprendono. Ma ognuno di quegli istanti d’amore, pur restando un “segreto” sigillato tra i due, è destinato a fissarsi scolpito nella vita dei loro figli, che in quei momenti in cui sono concepiti, ereditano dai genitori la somiglianza. Così Gesù rivela il suo mistero “anzitutto” ai suoi discepoli, scegliendoli come primizie perché “stiano con Lui” sul talamo della Croce dove sperimentano il suo amore che li fa immagine somigliante dello stesso Padre; solo dopo potranno farlo “conoscere” al mondo. Come accadeva nella Chiesa primitiva quando ciò che gli apostoli predicavano “nel segreto” del catecumenato e delle assemblee delle comunità, una volta fatto carne e vita nei cristiani rinati da acqua e da Spirito, era “annunciato sui tetti”. Quella Parola li spogliava dell’ipocrisia illuminando l’idolatria che si nasconde nel fondo del cuore perché fosse consegnata ai sacramenti insieme ai peccati che genera.
Anche noi abbiamo bisogno di “stanze più interne” dove essere iniziati alla fede adulta, che è l’esperienza di vedere trasformate le nostre valli di Acor in porte di speranza; “stanze” come il Cenacolo, dove gli apostoli si erano “nascosti” per timore dei Giudei e hanno visto Gesù vivo passare oltre le porte della morte e della paura, lo hanno ascoltato annunciare la Pace, hanno mangiato con Lui e hanno ricevuto lo Spirito Santo. Grazie ad Esso, “nulla” di tutto questo che avevano ascoltato e sperimentato è “rimasto nascosto”, ma è stato “svelato” dal loro annuncio e dalla loro testimonianza, sino al martirio! Per questo il Signore ci invita a “nasconderci” nel Cenacolo per passare dal “timore” di “coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla” – dal demonio e da chi lo incarna – al “timore di Dio”, che è un dono dello Spirito Santo che scende, appunto, nel Cenacolo. Nella comunità cristiana, infatti, sperimentiamo “anche i capelli del nostro capo sono contati”, perché l’amore di Dio cerca “hametz” (il lievito vecchio) anche negli angoli più nascosti; perfino in un capello può nascondersi un’insidia, come in una parola, in uno sguardo, in un pensiero: tutto è “contato” attraverso la predicazione della Parola di Dio alla quale non sfugge nulla, perché nulla manchi all’appello della misericordia. Tutto è passato al setaccio del fuoco dello Spirito Santo che purifica e ci dona il “timore”, il “principio della sapienza” che ci fa vivere sapendo che la “Geenna” esiste, che la chiusura ostinata alla Grazia può condurre Dio a minacciare di “uccidere”, proprio come dice Gesù nel vangelo di oggi. Non scandalizzatevi, è la serietà con cui Dio prende la nostra vita. Ricordate il sacrificio di Isacco? Per crescere nella fede Abramo doveva passare per quella prova atroce che lo chiamava a legare Isacco; per entrare nella libertà che genera l’amore e la parresia doveva obbedire al di là della propria ragione. Anche per noi è preparato il Moria della prova dove vivere nel “timore” di Dio, come su un letto d’amore dove donarci a Cristo e attingere in Lui lo zelo e l’amore per ogni uomo. Nella prova, infatti, gli “amici” di Gesù sono il segno profetico che desta nella “folla che si accalca” l’interrogativo capace di aprire il cuore a Cristo, quello che un cristiano senza fede diluirebbe nell’ipocrisia del buonismo: davvero Dio mi ama? Nelle situazioni che sembrano negare l’esistenza di Dio e il suo amore, i discepoli crocifissi con Cristo rivelano il segreto più intimo di Dio: Dio ama ogni persona così come è. Il mondo non lo sa, e per questo “vende cinque passeri per due soldi”, disprezza le persone per le quali Gesù ha pagato il riscatto con la sua vita. Per la sapienza carnale, infatti, i “passeri”, immagine dei piccoli e degli ultimi perché sono tra le creature più deboli e indifese, non valgono nulla. Per Cristo invece, tu spogliato della maschera ipocrita, tu così come sei, piccolo e debole, “vali” infinitamente, perché “vali” quanto il sangue che Cristo ha versato per te. Allora coraggio, lasciati spogliare, ed entra nudo nelle viscere di misericordia della Chiesa per rinascere come un Vangelo vivente annunciato sui “tetti” perché tutti possano ascoltarlo e salvarsi.
AUTORE: don Antonello Iapicca
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