LA PACE CHE SGORGA DALLE FERITE DI CRISTO PURIFICA OGNI NOSTRO PENSIERO
“Pace a voi!”, Shalom, il modo attraverso il quale la risurrezione di Gesù giunge a ciascuno di noi. Shalom, la prima parola di Gesù risuscitato nel Cenacolo della comunità cristiana, è l’incipit della nuova creazione. Gesù non è venuto a ristabilire il Regno di Israele, ma a dare inizio, in ogni regno della terra, al suo Regno celeste. Perché “pace” significa innanzitutto che ogni muro di inimicizia che ci separava dai fratelli e dal mondo è stato abbattuto nella sua carne crocifissa e risorta; “Egli infatti è la nostra pace” e “per mezzo della croce” ha distrutto “in se stesso l’inimicizia”. Non spaventiamoci se proprio l’apparire di Gesù risorto fa emergere “dubbi” in noi. Il termine originale greco significa letteralmente “pensieri”, quelli che ci assalgono di continuo. Diceva un Padre del deserto: “Un fratello interrogò un anziano: ‘Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli?’.
Gli disse l’anziano: ‘Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. ‘E’ necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo e così si umiliano anche gli altri pensieri’”. Ogni pensiero che combatte e toglie la pace nasconde il volto del nemico più pericoloso: la “philautia”, l’amore di sé che ci trasforma in “amici di sé contro sé stessi” (Massimo il Confessore). E’ l’orgoglio che imprigiona la carne e la rende impotente, ne umilia la capacità di aprirsi e accogliere lo Spirito di Vita che la può condurre a compiere l’impossibile. Per questo i Padri dicevano: “Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, chiedendo ad ogni pensiero che ti assale “Sei dei nostri o vieni dall’Avversario?”. Te lo dirà certamente! ‘Poni alla porta del tuo cuore un cherubino con la spada infuocata”. Antonio il Grande raccomandava ai suoi monaci: “Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: “Chi sei tu e da dove vieni?…
Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso. La domanda “chi sei tu e da dove vieni?” è infatti segno di un animo non turbato”. Quando appare nella comunità cristiana che celebra la liturgia Cristo risorto smaschera il demonio perché sorgano e vengano alla luce i pensieri che ci insinua. Gesù viene infatti nella Chiesa per esorcizzarci mostrando le sue piaghe gloriose, il segno del suo amore crocifisso che smentisce la menzogna del demonio che ci ha fatto credere che Dio non ci amasse, tenendoci con essa schiavi alla paura della morte. Come accadde nel Giardino dell’Eden, Gesù nuovo Adamo ridestato dal sonno della morte riconosce nella Chiesa la sua sposa che il Padre accompagna presso di Lui.
Per questo nelle liturgie dove Dio ci convoca per ascoltare le Parole della Legge, dei Profeti e dei Salmi, possiamo riconoscere il nostro Sposo, carne della nostra carne e ossa delle nostre ossa. Nelle sue piaghe infatti, sono incisi i nomi di ciascuno di noi con il suo carico di peccati cancellati nel suo sangue. Risplendenti della gloria della resurrezione, esse sono la garanzia del perdono, perché il suo amore è stato più forte della morte conseguenza dei peccati. Incastonata in esse giunge agli apostoli la pace; shalom, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d’uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l’eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, dove ci ha preparato un posto; la pace di Gesù è tutt’altro che un pensiero.
“Penso dunque sono” è l’approdo moderno del cammino all’emancipazione inauguratosi nel giardino dell’Eden davanti all’albero del bene e del male. Pensare non significa essere, perché non è il pensiero che definisce la realtà. Essa può essere colta dal pensiero solo quando esso è libero e purificato per cogliere in essa il senso che l’amore di Dio le conferisce. Per san Tommaso non è il pensare a decidere dell’esistenza, ma è l’esistenza, l'”esse”, a decidere del pensare. L’esistenza nuova inaugurata da Cristo risorto diviene il criterio decisivo di ogni pensiero. Così il pensiero, da veicolo razionale del dubbio, diviene frutto libero della fede. La conversione, l’esito cioè del Mistero Pasquale di Gesù, è la metanoia, il cambio di mentalità di chi è liberato dall’inganno satanico; il passaggio dai pensieri mondani che ci trasformano in satana come accadde a Pietro di fronte all’annuncio della Croce, allo stesso pensiero di Cristo, che ha il sapore della Croce.
In Lui, ogni istante, ogni situazione, ogni relazione, ogni persona, tutto è visto, con l’intelletto delle Scritture che parlano della sua opera: così anche noi, con il cuore e la mente aperti completamente all’intelligenza delle Scritture per mezzo della Chiesa, sapremo “intellegere”, ossia leggere attraverso la storia i segni della Croce gloriosa di Cristo che appare incarnata nelle liturgie e nel suo Corpo che è la Chiesa e ci chiama a donarci nei fatti per chi ci è accanto. E come in esse Cristo ci chiede la nostra vita schiava della morte come quella dei pesci immersi nel mare per poterla salvare unendola alla sua resurrezione, così anche noi potremo entrare nella storia di ogni giorno come testimoni del perdono dei peccati, riconoscendo cioè come Lui nella volontà del Padre il cibo di cui nutrirci. La situazione difficile della moglie, il tradimento del marito, la crisi dei figli, la malattia, la Croce dove distenderci con Cristo per caricarci del male e dei peccati e donare a tutti la sua vita che sovrabbonda in noi.