don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 15 Ottobre 2020

CON LA CHIAVE DELLA CROCE GESU’ APRE LA PORTA DEL CIELO CHE LA NOSTRA SUPERBIA AVEVA CHIUSO

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Nascosto tra le parole con cui il Signore rivela l’amore autentico che non tace la Verità a costo di attirarsi le “ostilità” e dover camminare in mezzo alle “insidie”, vi è un oggetto che vale infinitamente di più di qualsiasi altro tesoro: la “chiave della scienza”. E perché è così importante e preziosa? Perché essa apre le porte del Paradiso, il Destino per il quale ogni uomo è stato pensato, amato e creato da Dio. Chi non ce l’ha o non l’ha mai vista, vaga nella vita senza speranza e senza meta; dà per scontato che la morte sia una porta chiusa per sempre, al punto di convincersi che oltre l’ultimo respiro vi sia il nulla.

L’ateo è proprio come un uomo che ha perduto le chiavi, e si è dovuto abituare a sopravvivere fuori di casa; è un “homeless” senza fissa dimora, che perde poco a poco identità e dignità, come il figlio prodigo e la pecora perduta delle parabole. Come ciascuno di noi prima di ascoltare la predicazione del Kerygma, la Buona Notizia della morte e risurrezione del Signore che, aprendo con la forza della misericordia i nostri sepolcri, ci ha dischiuso le porte del Paradiso dal quale peccando eravamo stati scacciati. Avendo ascoltato la predicazione e la proclamazione della Parola nella comunità cristiana, siamo anche noi diventati “dottori della Legge” ai quali è stata consegnata la “chiave della scienza”. Come loro siamo stati scelti per contemplare il volto di Dio, primizia del Paradiso perduto che Israele avrebbe testimoniato alle Nazioni; lo abbiamo visto risplendere nella Parola del Figlio che, sulla collina delle Beatitudini ha consegnato ai suoi discepoli il Discorso della Montagna, la “chiave del Cielo”. Nella Chiesa abbiamo sperimentato mille volte il potere di quella Parola di verità che ci ha denunciato di peccato per coprirci con il manto della misericordia e rigenerarci in essa come figli di Dio. Abbiamo cioè sperimentato che la Parola di Dio ha la “scanalatura” giusta per superare gli “ostacoli” della serratura con la quale era chiuso il Paradiso, ovvero l’amore e la comunione con Dio e i fratelli. Lo possiamo annunciare e testimoniare no? Il matrimonio salvato non è un frammento di Paradiso? La libertà con la quale a volte riesci a parlare con tuo marito non è un anticipo dell’amore puro, libero e incorruttibile del Cielo? E i figli, e la vita celibe e casta di un sacerdote innamorato di Cristo?

E la fede con cui, nella pace, un cristiano accoglie un cancro e soffre e muore trasfigurato nell’offerta di sé? Sono i segni che alla Chiesa è stata affidata la “chiave della scienza” per la salvezza del mondo: consegnandola a Pietro, infatti, Gesù ha dato mandato a lui e ai suoi fratelli di legare e sciogliere in terra perché sia legato e sciolto anche in Cielo. Quella “chiave” è dunque l’unica che apre o chiude l’accesso alla salvezza. Insieme a Pietro, è stata data anche a te e a me perché sia un sacramento di salvezza per questa generazione; e oggi viene a Gesù a chiederci: “che ne hai fatto?”. L’abbiamo “tolta” fratelli; non ti scandalizzare, è così perché ce ne siamo appropriati illudendoci di diventare come Dio: chi ha le “chiavi” comanda, dirige la sua vita perché ne diventa proprietario, può decidere se aprire o chiudere. Avete presente le lotte dei giovani per ottenere le chiavi di casa e rientrare quando vogliono? Sono il segno dell’emancipazione, dell’età adulta. Dovrebbero significare la responsabilità e la maturità raggiunte, invece troppo spesso aprono le porte delle tombe nelle quali scendono tanti giovani vittime della droga e dell’alcool. Proprio come era accaduto a quei “dottori della Legge” e accade a noi: invece di custodire il tesoro affidato attraverso le “chiavi” della responsabilità e della fedeltà, ce ne siamo impadroniti credendo di potere aprire o chiudere a piacimento le porte delle varie esperienze, scegliendo quali fossero un bene e quali un male, in base alla “scienza” ormai divenuta carnale perché priva dello Spirito Santo.

In nome della Legge si possono compiere i peggiori peccati; in quanto prete posso uccidere, come un genitore o un coniuge. I farisei e i dottori della Legge, infatti, godevano di grande prestigio; erano le guide spirituali del popolo, insegnavano nella “casa della conoscenza” (la traduzione esatta dell’originale reso con “scienza”), la “casa dello studio”, la “yeshivà” dove gli ebrei scrutano ancora la Torah per attualizzarla in favore del Popolo, perché potesse accoglierla e vivere alla sua luce. “Entrare nella conoscenza” era come entrare nel Regno di Dio perché in essa si riviveva l’esperienza del Sinai. I Farisei e i dottori avevano le “chiavi” di questa casa, ma le avevano “tolte” chiudendo la porta del regno di Dio a se stessi e a quanti la desideravano, “uccidendo” (secondo un altro significato del termine “togliere”) in loro la speranza, obbligandoli a vivere come atei scacciati lontano dal Paradiso. Ma questo spesso accade anche nella comunità cristiana, dove, chiamati a crescere nella “conoscenza” di Dio, ci inorgogliamo al punto di chiudere fuori i piccoli. Quante parrocchie si trasformano in bunker di perfezionisti ipocriti, impenetrabili agli impuri… Quanti pastori frenano l’azione dello Spirito Santo rubando e nascondendo la chiave del Cielo, impedendo ai peccatori di incontrare il Signore attraverso i doni che Dio dà, come, dove e quando vuole alla sua Chiesa…

Aspetta un attimo, perché è proprio quello che facciamo anche a noi e si tratta davvero della più grande stoltezza: ma come, l’uomo più ricco del mondo ti ha dato le chiavi della stanza dove nasconde il suo tesoro perché tu possa essere libero di entrarvi e usarne secondo le tue necessità, e tu che fai? Ti chiudi fuori! Per questo Gesù ti dice oggi: “Guai a te!”, ed è il suo lamento funebre pieno di compassione per chi vive così ingannato dal demonio da rifiutare la gratuità della vita eterna. Il serpente, infatti, spingendo i progenitori a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, li ha consegnati alla più grande frustrazione. La “chiave della scienza” è un dono non una preda; se il demonio riesce a fartela vedere come un oggetto da rubare per diventare come il suo padrone ha vinto, perché quella “chiave” apre solo quando si compie la Scienza, ovvero il cuore della Torah; quando cioè si realizza l’amore annunciato dallo Shemà. Chi si ribella a Dio non lo ama, e molto meno può amare il prossimo suo come se stesso; per questo, la “chiave della scienza” affidata alla nostra libertà, invece di aprire la porta del Paradiso, la chiude senza speranza di poterla riaprire.

Se oggi non ami davvero significa che hai usato la “chiave” per chiuderti fuori, scandalizzando i piccoli che ti sono affidati. Un cristiano che non ama è un ostacolo insormontabile posto dinanzi agli atei, ai lontani, ai peccatori. La “scienza” che ti “gonfia”, ovvero l’orgoglio, l’avarizia, la gelosia, i giudizi, la lussuria che covano dentro di te stanno chiudendo le porte del Paradiso in faccia al tuo coniuge, ai figli e a ogni prossimo. E sai perché questo è accaduto? Perché è tempo che hai chiuso il tuo cuore alla profezia, e con i tuoi atteggiamenti “ostili” alla Verità hai “costruito i sepolcri dei profeti” che ti annunciavano la misericordia di Dio. Accettalo, come me fai parte di “questa generazione” che ipocritamente celebra i profeti mentre nel cuore rifiuta il loro annuncio, e li uccide e perseguita, uccidendo e togliendo con loro la “chiave della scienza” autentica, quella dell’amore al quale ci chiamano a convertirci.

Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio “Abele”, nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l’amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo “chiuso” ogni possibilità, “chiusi” nell’orgoglio di padre ferito. Ma coraggio fratelli, oggi si compie questo Vangelo! La “Sapienza di Dio” ci invia ancora i suoi profeti e apostoli – questo vangelo per esempio – perché ci “venga chiesto conto” dei nostri peccati. E’ bene fare oggi i conti con Dio e accettare di essere in debito e di non avere il denaro per estinguerlo, perché siamo ancora in tempo per accogliere la sua misericordia; il Padre infatti, proprio nel sangue dei profeti, riconosce il sangue di suo Figlio e ci condona il debito. Convertiamoci allora, e lasciamoci amare accettando di non conoscere la “filettatura” della “chiave della scienza”; camminiamo nella Chiesa dove possiamo impararne il disegno attraverso l’esperienza dell’amore gratuito di Dio.

Essa infatti ha la forma della Croce sulla quale il Signore ha compiuto la “scienza” nell’amore sino alla fine. La Chiave della Croce apre il sepolcro del cuore indurito e chiuso nell’orgoglio; scioglie le catene della paura della morte per aprirlo all’amore. La felicità eterna nostra e delle persone che ci sono affidate dipende infatti dall’umiltà con la quale ascolteremo e obbediremo alla Parola di Dio che ha il potere di creare in noi la “chiave del Cielo”; come a Pietro, il Signore ce la consegna nella Chiesa plasmandola per mezzo della fede. E’ nella piccola comunità cristiana che un matrimonio può essere salvato, perché, alla luce della Parola e con la forza dei sacramenti, gli sposi si scoprono peccatori entrambi, e bisognosi della stessa misericordia, sciogliendo in essa rancori e gelosie, tradimenti e incompatibilità. E’ qui che si impara ad essere sposi, genitori, figli, preti modellati dalla grazia come una chiave a forma di Croce, l’unica che apre il Cielo ai fratelli.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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