IL NOSTRO POSTO NELLA STORIA E’ ACCANTO A QUELLO DI CRISTO
Anche oggi, probabilmente, ci siamo svegliati con un peso sul “cuore”, come quando a scuola avevi un’interrogazione; qualunque cosa facessi quel brusio di fondo gracchiava e sporcava le note dei giorni. Siamo “turbati” e non riusciamo a riposare, perché ci assedia la precarietà di non avere “un posto” dove “essere” noi stessi, in modo unico e inequivocabile. Per questo spendiamo la vita per trovare e conquistarci “un posto” nel cuore degli altri, nella società, a scuola, sul lavoro, nella Chiesa.
Non trovandolo, abbassiamo sempre di più l’asticella, spegniamo i desideri alti per rintanarci in “beni rifugio”, che sembrano oro mente sono paglia. In fondo, fuggiamo sempre la “verità”, perché essa “turba il nostro cuore”. Crediamo che si tratti di ansie e sofferenze legate a un’immagine romantica del “cuore”, ma nella Scrittura esso non c’entra nulla con le passioni, i sentimenti e gli affetti. Piuttosto coincide con la “mente”, ovvero il centro della vita personale; essendo la sede della volontà, nel “cuore” decidiamo cosa fare, se scegliere il bene o il male.
“Nel cuore” siamo noi e noi soltanto, liberi per aprirci alla volontà di Dio oppure no. Ed è “nel cuore” che ci “turbiamo” perché vi abbiamo accolto, liberamente, la menzogna del demonio che ci ha indotto a peccare. Peccando abbiamo conosciuto la morte, così, come gli apostoli, quando Gesù (la predicazione e la Parola di Dio) ci rivela che la vita è un Getsemani dischiuso sulla Croce, ci “scandalizziamo” e non c’è “via” di scampo; l’unica “verità” che conosciamo è quella che il demonio ci ha insinuato, e cioè che nella Croce c’è la morte e non la “vita”. Per questo Gesù dice agli apostoli e a tutti noi di “non essere turbati nel cuore, ma di avere fede in Dio e in Lui”. Non permettere, ci dice, che laddove tu sei la persona che sei, libera, il demonio ti insinui il “turbamento”, ovvero il “dubbio”. Abbi “fede” invece, in ebraico “emunah” da cui deriva “amen”, e che significa “appoggiarsi stabilmente”.
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La “fede”, dunque, è l’antidoto al “turbamento”: coraggio allora, abbi “fede in Dio e in Gesù”: appoggiati a loro saldamente perché il Padre ha risuscitato suo Figlio. Gesù è “andato” sulla Croce, è sceso nel sepolcro, è risorto e asceso al Cielo proprio per “prepararci un posto”. In Cielo c’è il tuo “posto” riservato che nessuno può toglierti. Hai un abbonamento valido per l’eternità che Gesù, “tornato” dal Cielo, vuole donarti. Viene infatti anche oggi a “prenderci e portarci dove Lui è” per farci “essere”, esistere, proprio lì, nelle “tante dimore” che sono “nella casa del Padre”; “tante” quanti sono i tuoi giorni con le loro croci; “tante” perché Cristo le trasformerà tutte in una primizia della “dimora” eterna.
La sua Pasqua, infatti, ha aperto la “via” alla “vita” che non si esaurisce, facendo di ogni passo la “verità” che le dà senso e pienezza. Coraggio, quando ti sentirai senza “un posto” dove essere, “non turbarti”, non scappare, ma “appoggiati e rimani in Cristo”; scoprirai il tuo “posto” proprio in quello che pensavi ti togliesse la vita e l’essere. Accostati alla Parola, nutriti con i sacramenti, non allontanarti dalla Chiesa, non chiuderti in te stesso ma chiedi aiuto ai pastori e ai catechisti; solo gestato alla “fede” adulta potrai dire “Amen” alla storia, per camminare sulla “via” della Croce e così passare alla “vita” piena dell’amore, e giungere a dimorare nel cuore del Padre “attraverso Cristo”, vivo nella sua Chiesa. Gli atri del Paradiso, infatti, sono vicinissimi: hanno il colore degli occhi di tua moglie, le pareti ruvide dell’adolescenza di tuo figlio, vi si odono le voci di chi ti è accanto e ti giudica, sono bagnati dalle lacrime della malattia. Sono “il posto” di Cristo qui sulla terra, il tuo e il mio.