VERA E FALSA SAPIENZA
AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE
Nicodemo è religioso, ha studiato, ma non riconosce il soffio dello Spirito. Ne sente la voce, ma è avvolto nella notte, e così non comprende da dove venga e dove vada. Lo Spirito infatti soffia dove vuole, non lo si può catalogare, per quanto si voglia e si cerchi, libri e cultura alla mano. Sfugge come il vento, i suoi cammini non sono quelli degli uomini. Carne e sangue non hanno in sé la capacità per decifrarne le traiettorie, esse seguono ritmi e tempi che trascendono limiti e criteri incatenati alla terra. Lo Spirito, come il vento, è libertà. Le stesse cose della terra, illuminate dalla Verità annunciata dal Signore, l’identità compiuta dell’uomo e della creazione, il senso primo ed ultimo della storia, sono come muri su cui si infrange l’incredulità.
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L’inganno del demonio ha ridisegnato la realtà, e ciò che è naturale e adeguato all’uomo è diventato innaturale e inadeguato, mentre la menzogna che genera pensieri, criteri e gesti contro natura ci appare come verità incontrovertibile. I rapporti e gli affetti, il lavoro, la sessualità, tutto è governato dalla superficialità soffocante delle passioni, dei desideri, dei sentimenti. La carne e il sangue si sono appropriati delle esistenze e le muovono come fossero burattini. Il “sentire” qualcosa è divenuto il dittatore inattaccabile d’ogni decisione e comportamento. Se non si “sente” qualcosa, non la si fa. E così il sangue e la carne, sprovvisti dello Spirito di vita, descrivono, senza pietà, il perimetro angusto e schiavizzante delle nostre ore, quelle di Adamo precipitato fuori dal Paradiso dell’intimità con Dio. E’ il buio della notte di Nicodemo, comune a quella di ciascuno di noi. Maestri sì, ma carnali.
Esperti certo, ma di istinti e passioni. E non si tratta solo di quelle sfrenate e immediatamente peccaminose; si tratta anche di quelle che muovono le attenzioni di una madre, l’affetto di un marito, l’amicizia, le iniziative pastorali e molto altro. Lo Spirito invece tracima e spiazza. Il vento è movimento, disinstallazione, indica sempre un di più, un più in là che non possiamo afferrare e gestire. Il vento traccia il dilatarsi infinito della libertà di Dio, quell’amore che ama oltre ogni misura, che si piega sui peccatori più peccatori, che si commuove e ha compassione della pecora più sperduta. E’ la follia di Dio, che abbraccia l’universo senza condizionamenti. Il vento non si fa ingabbiare dagli schemi atrofizzati, dai piani pastorali, dalle riunioni di condominio, dalle sentenze dei tribunali.
Il vento irrompe quando e dove non se lo aspettiamo, scende dal Cielo e colma di Cielo la terra. Lo Spirito è lo stesso Signore che discende da lassù, dal cuore stesso di Dio per innalzare, nella sua Croce gloriosa, la terra sin dentro il cuore del Padre: “La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono. E’ anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva” (Papa Francesco, Parole dopo la Via Crucis del Venerdì Santo, 29 marzo 2013).
Così, la Croce di ogni giorno contro la quale lottiamo credendo di fare la cosa giusta, saggia e ragionevole, è invece il sigillo evidente dell’irruzione dello Spirito. La Croce stravolge il piatto e incolore incedere del mondo incatenato alla carne. La Croce strappa dalle consuetudini radicate, impermeabili alla novità sconvolgente di Dio, perché “seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza” (Papa Francesco, Udienza Generale, 27 marzo 2013). La Croce innalza sino al cuore di Dio, al suo amore.
La Croce è l’abitacolo dello Spirito, che la sospinge ai quattro angoli del mondo come l’annuncio di salvezza che attende ogni uomo, che scende nelle profondità occulte delle angosce e dell’inferno del peccato per deporvi la speranza di un amore più forte d’ogni peccato. E’ lei che si estende oltre ogni barriera a est e a ovest, a nord e a sud, abbracciando nella misericordia chiunque incontri, amici e nemici. E’ la Croce che catapulta le nostre esistenze alla destra di Dio. Crocifissi con Cristo ora e qui, siamo misteriosamente avvinti dal suo stesso Spirito, ne riconosciamo le orme che spingono all’amore più ardito e audace; liberati perché crocifissi nel cuore di Dio, pensiamo il pensiero di Cristo, siamo mossi dai sentimenti di Gesù e possiamo vivere la vita su questa terra come un anticipo del Cielo, dove tutto ci appare nella luce della Verità, il Destino incorruttibile che ci attende, che risplende della luce della risurrezione, come il cero acceso nella veglia pasquale. In questa luce si dirada la notte dell’incredulità che ci rende idolatri e inginocchiati innanzi alle creature, e possiamo alzare lo sguardo nella contemplazione del Creatore, della sua volontà d’amore che pervade ogni istante, ogni persona, ogni evento.
Rinati da acqua e Spirito siamo attratti “sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita” (Papa Francesco, Udienza Generale, 27 marzo 2013). Crocifissi con Cristo gustiamo la sua stessa libertà, come pecore miti e docili riconosciamo la voce del Pastore buono e possiamo porci alla sua sequela, nella meravigliosa avventura della vita immersa nel compimento della sua volontà, che va in cerca di volti e storie da amare, e, per amore anche di una sola persona, di un figlio come di un collega che ci è diventato nemico, ritenere tutto quello che ci è di più caro come spazzatura da gettare via, sino a farsi tutto a tutti per conquistare a Cristo ogni uomo.