don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 12 Aprile 2022

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LA MENTE RECLINATA SUL PETTO DI GESU’ DOVE SPEGNERE I DARDI DEI PENSIERI LANCIATI DAL DEMONIO

Gesù sapeva tutto. Sapeva chi lo avrebbe tradito, e come lo avrebbe consegnato, e non fa nulla per cambiarne la rotta. Il mondo, e noi in esso, farebbe carte false per sapere in anticipo il futuro. Innanzi tutto come e quando finirà questa pandemia, e se saremo coinvolti noi o i nostri cari. E poi vorremmo conoscere lo svolgersi delle nostre vicende sentimentali, il futuro dei figli, l’epilogo di storie intricate. Scienziati, politici, tuttologi ci offrono visioni e scenari che, lo stiamo capendo a prezzo della nostra fragilità emotiva e di fede, hanno ben poco fondamento. Non sarebbe una novità, ma il problema è che abbiamo dato credito per troppo tempo alle parole di uomini come fossero parole di Dio, dimenticando queste ultime che ci hanno sempre invitato ad abbandonarci a Lui che sa di cosa abbiamo bisogno… Ma il desiderio di appropriarsi del futuro e di manipolarlo secondo i nostri progetti di felicità ci accomuna tutti.


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

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Vorremmo sapere, per regolarci, per parlare, per aggiustare, per non sbagliare, illudendoci di “aggiungere un’ora sola alla nostra vita”, per non morire. Gesù invece sa e non fa nulla. Anzi. Lui conosce il destino che lo attende e, attraverso il crogiuolo del Getsemani, vi entra sereno, senza dire parola, come chi ha già vinto. Era consapevole che la sua vita non aveva altro senso e direzione che Gerusalemme, il Golgota e il sepolcro dove “glorificare il Padre” passando dalla morte alla vita. Sapeva perché portava sigillato nel cuore il segreto del Padre, l’amore che riempiva quella volontà, che appariva alla carne così cruenta.

Gesù non aveva bisogno dei sapienti secondo la carne, perché sapeva di essere Figlio di Dio, e questo era tutto: la volontà del Padre era la sua, ed era amore perché nessuno si perdesse. Come Abramo e Isacco, “i due si guardavano negli occhi” come in uno specchio, perché avevano lo stesso cuore, la stessa mente, e lo stesso Spirito. Esattamente ciò che manca a noi, che invece di fissare il Padre contempliamo narcisisticamente noi stessi. Per questo, tristi e insoddisfatti, siamo come obbligati a dare ogni giorno un senso alla marcia della vita, sforzandoci di cambiarne l’orientamento quando non è secondo le nostre carte di bordo. Ci illudiamo di stabilire la meta, tracciamo di conseguenza il percorso, dimenticando però chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando. 

Per questo oggi, accanto a Gesù, appare, con “il capo reclinato sul suo petto”, la figura del “discepolo che Lui amava”. Tu, ed io: la sua dolcezza, la sua tenerezza infinita, la sua mitezza di fronte alla storia che lo conduce alla morte, il suo amore, ci attirano a sé, nel profondo del suo cuore. La luce per la nostra vita, per comprenderne il senso e discernere il cammino, è la luce di Pasqua che emerge dal suo cuore squarciato, immagine del sepolcro aperto sulla vita e definitivamente serrato in faccia alla morte. Siamo chiamati a deporre la nostra mente sul cuore di Gesù, arrendendoci come un corpo nel sepolcro: “Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia  per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio” (San Francesco)Gesù ci chiama oggi a lasciare che i pensieri, i progetti, i criteri, fossero anche i più santi e ragionevoli, siano assorbiti nel fuoco del suo cuore, per vederli trasformati in palpiti d’amore. 

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Reclinare il capo sul petto di Gesù significa entrare nello scrigno del suo intimo, dove è custodito il senso di ogni evento, anche il più banale. Perché, come scrisse il Beato Card. Newman, “il cuore parla al cuore”, e solo chi lo ascolta può accoglierne i tesori. Sul petto di Gesù, tutto in noi è santo, così come è, non dobbiamo toccare nulla; niente da togliere, niente da aggiungere. Giuda invece “è finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l’amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo «dolce giogo», non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze” (Benedetto XVI). Quando poi, comprendendo l’errore, Giuda tenterà un ritorno, l’orgoglio a cui si era consegnato gli impedirà di credere all’amore smisurato di Cristo. Non aveva mai reclinato il suo capo sul petto di Gesù, non aveva udito i battiti del suo cuore che si commuoveva per lui, non aveva quindi potuto comprendere la sua Parola e il suo amore. Giuda “mangia il boccone intinto” da Gesù, ma dubitando di Lui; e “chi mangia dubitando si condanna”.

Da una parte emerge l’amore di Gesù che, in quel boccone, si offre da se stesso a Giuda e alla Croce prima ancora di essere consegnato; dall’altra si rivela l’abisso a cui può arrivare il cuore dell’uomo: invece di reclinare il capo sul petto di Gesù, tutti possiamo prendere e mangiare i segni del suo amore dubitando che sia davvero amore. Ma proprio le nostre debolezze e le contraddizioni della storia sono il luogo dove sperimentare che in tutto e in ogni istante, scorre l’amore di Dio, come un fiume di Grazia. Ma per riconoscerlo, dobbiamo accogliere in noi lo sguardo di Gesù che vedeva la trama positiva, di Grazia e di Gloria anche negli occhi assassini di Giuda. Lo sguardo del suo cuore che, oltrepassando i deboli sentimenti d’affetto e di giustizia di Pietro, lo vedeva già piangente sui suoi peccati, perché lo aveva già perdonato. Per trasfigurare il nostro sguardo in quello di Cristo, entriamo con Lui nel Cenacolo in questa vigilia della sua Passione; e impariamo ad entrarci ogni giorno in questo tempo di Coronavirus.

Prima del Getsemani c’è il Cenacolo, dove reclinare il capo sul petto di Gesù, perché solo così impareremo ad entrare nella storia e a reclinare il nostro sulla Croce, l’unico posto dove Cristo stesso ha potuto reclinare il suo… Quando siamo crocifissi con Cristo, scocca l’ora nella quale “glorificare il Padre” e Cristo in noi. Satana lo si affronta solo nascosti nella fenditura della roccia da dove far udire allo Sposo la voce del nostro cuore. Le tentazioni e le incredulità si vincono solo reclinati sul petto di Gesù, come il tralcio è unito alla vite, nella consapevolezza umile che da soli non possiamo nulla.

Lì dentro infatti, nella fornace ardente del cuore di Cristo, sperimenteremo di essere i suoi discepoli amati, partecipi della sua stessa missione. Il fuoco del suo amore ci fonderà in Lui perché si infranga su di noi, ormai divenuti una cosa con Cristo, il male di questa generazione. Nel cuore a cuore con Cristo che travasa in noi il suo amore, possiamo vivere il “prima” di ogni evento della nostra vita discernendo in ciascuno il suo Mistero Pasquale che ci attende; e così “potremo” entrare in quel “più tardi” nel quale “andare con Gesù dove Lui è già andato”, il Regno dove riposare eternamente sul suo petto, del quale anche in questa Pasqua ci verranno donate le primizie squisite.