don Andrea Vena – Commento al Vangelo di venerdì 6 Gennaio 2022

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La liturgia del tempo di Natale ci sta gradualmente svelando i primi momenti della vita di Gesù. La nascita, la visita dei  pastori, la circoncisione nell’8° giorno (1° gennaio), e quindi l’arrivo dei Magi – Epifania – con tutto il messaggio simbo lico di cui sono portatori.  

Epifania significa “manifestazione”: Gesù si manifesta a tutte le genti, non solo al popolo eletto. I Magi, infatti, non sono  ebrei, vengono da lontano e per mezzo di una stella sono guidati ad adorare il Bimbo di Betlemme: «Cammineranno le  genti alla tua luceAlza gli occhi intorno e guarda… i tuoi figli vengono da lontano… tutti verranno da Saba, por tando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore», scrive il profeta Isaia. Un’onda di gioia che trova eco nelle  parole del salmo: «Ti adoreranno Signore tutti i popoli della terra». Nei Magi, dunque, Dio si rivela a tutte le genti e  tutte le genti hanno facoltà di giungere a Lui.

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«Ecco alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo  visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”». I Magi erano astronomi, esperti delle cose del cielo. Abituati  a tenere lo sguardo rivolto verso l’alto: «Alza gli occhi e guarda», ricordava il profeta Isaia. E quest’arte di volgere lo  sguardo verso l’alto ha permesso loro di cogliere la particolarità di una stella, così diversa dalle altre. Si sono lasciati  interpellare e attrarre dalla sua bellezza. E si sono messi in cammino quando ancora la stella non mostrava tutto il suo splendore, perché era solo al suo “sorgere”. E così, incuriositi e attratti, l’hanno seguita per vederla in tutta la sua magnificenza.

Hanno accettato di lasciare casa e terra per mettersi in gioco di fronte a questa novità: «Non ricordate più  le cose passate, non pensate alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne  accorgete?» (Is 43,19). I magi si sono accorti di questo “germoglio” e si sono messi in cammino. Si sono lasciati scomodare da questa novità. E questo cammino li ha portati a Gerusalemme. Ma studi, ricerche, passione, intuito… non bastano per giungere alla Verità, alla Bellezza somma che è Dio. Come dicevamo commentando i testi di questo tempo  natalizio, le cose della vita le possiamo comprendere in pienezza solo se sappiamo andare al cuore, oltre l’apparenza. I  pastori, dicevamo nella Messa di Natale, riconosco nel Bambino il Messia grazie alle parole che gli angeli avevano loro  rivolto. Ora sono i Magi che necessitano di una Parola altra, di una indicazione.  

C’è un dettaglio che va evidenziato. I Magi, uomini stranieri e non destinatari della promessa di Dio, comprendono più  di coloro che erano depositari della Parola. Gli esperti della Scrittura presenti nel Tempio non s’accorsero di quanto  stava avvenendo. Come un tempo, così oggi c’è sempre il rischio di conoscere le Scritture, di avere chissà quali competenze, di insegnare agli altri, eppure di non essere capaci di vedere e sentire la presenza di Dio qui ed ora: «O insensati  e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto!» (cfr Lc 24,25). Ciò che ostacola nel vedere la realtà e  nel riconoscere quanto in essa avviene è il peccato, che sposta l’attenzione da Dio all’io: «Alza gli occhi e guarda», diceva il profeta Isaia.

Ma l’uomo, col peccato, non è più capace di guardare verso l’alto; è ridotto come il serpente: «Sul tuo  ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita» (Gen 3,14). Così nasce la lotta interiore tra il  bene e il male, tra l’alzare lo sguardo e l’adeguarsi al camminare sul proprio ventre mangiando la polvere: «In me, cioè  nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio  il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Rm 7,18). Il peccato ha spostato l’attenzione dell’uomo, ha sviato l’og getto del suo sguardo, del suo interesse: dopo il peccato, l’uomo smette di guardare in alto, di guardare al luogo dove  abita Dio, e si ferma a guardare a se stesso, la propria nudità: «Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in  alto, nessuno sa sollevare lo sguardo» (Os 11,7).  

Quando si rimane chiusi, incapaci di alzare lo sguardo, di convertirsi – come in realtà fecero Giovanni Battista, Giuseppe,  ora i Magi… – nasce l’inquietudine di perdere qualcosa, tremano di perdere il potere e tramano di far fuori il Bimbo. Cosa  che alla fine faranno mettendolo in croce! 

«All’udire questo, il re Erode restò turbato…Riuniti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul  luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:  “E tu, Betlemme di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».

I Magi sono esperti astronomi, dicevamo, ma non hanno dimestichezza con la  Parola. Giungendo per “sbaglio” a Gerusalemme conoscono che c’è un Dio che ha condotto il popolo d’Israele nel de serto, che per esso ha fatto meraviglie. I Magi scoprono di essere, loro stessi, parte di una storia più grande. Hanno  modo di ascoltare la Scrittura e, interiormente liberi dalle loro certezze, accettano di fidarsi di quanto ascoltano e vanno  a Betlemme. La Parola di Dio diventa per quei Sapienti il criterio nuovo con il quale leggere e interpretare quanto stanno  vivendo. Questa libertà e questa obbedienza, intesa come attento ascolto della Parola, fa capire ai Magi che la “stella”  e le profezie/le attese custodite nella Scrittura, coincidono. Ciò che alla fin fine fanno i Magi, è dare attenzione a quanto  li circonda. Magari non capiscono tutto, ma accettano di mettersi in discussione, di mettersi in cammino, perché la  realtà parla e si svela nella sua pienezza solo nel viverla.  

«Essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva finché giunse e si fermò sopra il luogo  dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino  con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e  mirra…». L’obbedienza alla Parola permette ai Magi di ritrovare la stella e di vederla in tutta la sua bellezza. È la vita di  un Bimbo che si fa dono. Il viaggio dei Magi termina con un Bambino che si dona al loro stupore. E di fronte a questo,  non possono che ricambiare con ciò che hanno. La gioia sperimentata non ha prezzo, è talmente tanto ciò che hanno  ricevuto in quel Bimbo che li ha attratti e guidati attraverso la stella, che lasciano tutto ciò che hanno, ciò che sono: «Mi  hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre» (Ger 20,7). Nell’oro, offrono la ricchezza della loro vita; nell’incenso, il  loro onore e i loro desideri; nella mirra, la consapevolezza di affidare la vita a chi vincerà la morte.  

Il cammino dei Magi si rivela così come il pellegrinaggio di quanti desiderano incontrare e conoscere il Signore. Nessuno  escluso. Per chi scruta l’orizzonte della sua vita, sempre sorge una stella, c’è sempre una bellezza che interpella ad alzarsi e a muoversi, a mettersi in cammino. Probabilmente, quando si decide di mettersi in marcia, si sente il peso del  giustizio, della derisione, della critica: esperienze che forse anche i Magi hanno vissuto. Ma qui si evidenzia lo spessore  della vita: c’è chi vive superficialmente e chi sa vivere cogliendo le dinamiche profonde dell’esistenza, quelle che muovono veramente lo scorrere dei giorni. I Magi sono scrutatori del cielo, della profondità, e trovano questo coraggio. Se  vogliamo anche noi camminare in avanti, dobbiamo saper alzare lo sguardo oltre l’immediato, oltre l’ostacolo, evitando  – come dicevamo nella II domenica di Avvento – di restare prigionieri dell’istinto e dell’istante. Della superficialità e del  tutto e subito.  

Il cammino dei Magi assume diverse tonalità. Nella prima parte è un cammino fatto di chilometri, di fatica, di speranza… ma piano questo cammino arriva a farsi interiore fino a divenire capaci di adorare il Bimbo di Betlemme. Un risultato  giunto dopo aver accettato di convertirsi, di cambiare le attese e l’immagine che si erano fatti di questa “anonima”  stella. Forse erano partiti con l’illusione di servirsi di questa scoperta, di questa “stella” e alla fine arrivano a comprendere che sono chiamati a mettersi a “servizio” della Stella luminosa, di Gesù.  

Come per i Magi, così anche noi siamo chiamati a camminare in profondità, a ricercare prima di tutto la verità che c’è in  ciascuno di noi, lì dove nel segreto Dio ci parla per condurci alla verità di noi stessi e della vita. E questo è possibile  imparando a confrontarci con la Parola, lasciandoci da essa guidare. Anche la Vergine Maria illuminata dalla Parola si  mise in cammino, quando andò dalla cugina Elisabetta; si mise in cammino Giuseppe, accettando di prendere Maria  quale sua sposa, e successivamente per difendere la famiglia quando Erode cercò di uccidere il Bimbo. Si misero in  cammino i pastori, quando ricevettero l’annuncio degli angeli. L’incontro con la Bellezza di Dio mette sempre in movi mento, porta sempre verso gli altri, verso il nuovo. L’esperienza dei Magi suggerisce che tutti sono chiamati alla fede. 

Non ci sono spazi o categorie che possono includere o escludere i credenti: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò  tutti a me» (Gv 12,32). Il Natale già pone le premesse della Pasqua, quando il Re dei giudei – così come è chiamato dai  Magi: «Dov’è il re dei Giudei?» – mostrerà la sua regalità morendo in Croce. Per poi risorgere. Ecco perché solo Gesù è la  gioia che non tramonta, è la luce che non si spegne. Imparare ad adorare il Bambino di Betlemme significa imparare a  vivere secondo la misura di quel Bambino, che è Dio stesso, il quale non è venuto per servirsi di noi, ma per servire, per  amare, per perdonare. Ecco allora i Magi che offrono i loro doni, ecco noi che siamo invitati a fare altrettanto, offrendo  la nostra vita a Colui che solo libera la nostra libertà, ed è il garante di ciò che è vero, giusto, bello, nobile. A noi a partire  da questa Epifania con la gioia di accogliere l’invito sempre nuovo del Signore e metterci in cammino per una vita ma tura e profonda, bella e felice.

Leggi qui la preghiera per domenica prossima.

Il commento al Vangelo di venerdì 6 gennaio 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.