HomeSolennitàdon Andrea Vena - Commento al Vangelo di mercoledì 25 Dicembre 2024

don Andrea Vena – Commento al Vangelo di mercoledì 25 Dicembre 2024

Mercoledì 25 Dicembre 2024 - NATALE DEL SIGNORE - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Messa della Notte - Lc 2,1-14
Commento al brano del Vangelo di: Messa dell'Aurora - Lc 2,15-20
Commento al brano del Vangelo di: Messa del Giorno - Gv 1,1-18

Fin dall’inizio i cristiani celebravano quanto il Signore Gesù aveva compiuto per la salvezza dell’umanità. Lo  faceva ogni domenica, nella “Pasqua settimanale” e, come festa annuale, la domenica dopo la prima luna  piena di primavera, la Pasqua.

Con l’inizio del IV secolo, il calendario liturgico comincia a cambiare, dando  valore anche all’esperienza “storica” di Gesù: il Venerdì Santo per ricordare la morte di Gesù, e quindi  l’Ultima Cena … e in questa dinamica, il Natale, la nascita di Gesù, della quale nel 336 ne abbiamo la prima  testimonianza, alla quale poco dopo seguirà la festa orientale natalizia dell’Epifania, il 6 gennaio. La data  era legata alla festa civile pagana del “natale del sole invitto” (Natale Solis Invicti) che l’Imperatore  Aureliano aveva introdotto nel 274 a onore della divinità siriaca del Sole di Emesa, fissata appunto il 25  dicembre. La solennità di Natale è l’unica celebrazione con quattro Messe: quella della vigilia, della notte,  dell’aurora, del giorno, e i testi sono uguali per tutti e tre gli anni liturgici. Una scelta che mira a  approfondire e valorizzare, quasi al rallentatore, l’Avvenimento che ha cambiato il corso della storia: Dio si  è fatto uomo. 

Vigilia: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo … Mattan generò Giacobbe, Giacobbe  generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo (Mt 1,1-25). 

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Notte: Non temete: vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato  per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce,  adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,1-14). 

Aurora: Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo a  dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento” … Andarono senza indugio … Poi se ne tornarono  glorificando e lodando Dio (Lc 2,15-20). 

Giorno: In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … E il Verbo si è fatto carne e venne ad  abitare in mezzo a noi (Gv 1,1-14). 

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Oggi la Luce è entrata nel mondo. Oggi, così come avviene da più di duemila anni, la Luce squarcia il buio  della notte e delle tenebre e ci illumina. Quella Luce ha per noi un volto e un nome: Gesù Cristo,  preannunciato dal profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Messa della  notte di Natale, Is 9,1-6). Lui è la Luce del mondo che illumina le tenebre (Gv 1,9; 3,19. Vangelo del giorno di  Natale); Lui è la Speranza che non delude (Rm 5,5); Gesù, radice e stirpe di Davide (cfr 2Sam 7,8ss, la  promessa di Dio al re Davide (IV domenica di Avvento; Ap 22,16); Gesù è la stella radiosa del mattino (Ap  22,16). 

L’Avvenimento 

Questo è il Natale. Un Fatto, un Avvenimento che è stato capace di cambiare il corso della storia. Dio si è  fatto uomo pur di renderci figli di Dio (cfr sant’Ireneo). Un Avvenimento così importante, così decisivo che la  liturgia stessa ha scelto di farcelo gustare quasi al rallentatore, offrendoci non una ma quattro Messe di  Natale: la Messa della vigilia (verso le ore 18.00), la Messa della notte (di solito tra le 21 e le 24, quest’anno  alle 20 circa), quella dell’aurora (tra le 7 e le 9 circa) e quella del giorno (tra le 10 e le 18 circa). Quattro Messe  per assaporare tutta la gioia di questo Avvenimento che ha sorpreso/scombinato i piani umani. Questa è la  gioia del Natale: “Oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11, vangelo della notte). Il Signore  Gesù si fa a noi vicino per dirci di non avere paura, di rompere l’indifferenza gli uni degli altri, perché Dio, in  Gesù suo Figlio, si è compromesso con l’umanità ferita dal peccato pur di salvarci. 

Dettagli storici 

Il testo di Luca, che ascoltiamo nella Messa della notte, è ricco di particolari cronologici e storici: Un decreto  di Cesare Augusto ordinò che si fece il censimento su tutta la terra…si fece quando Quirinio era governatore della  Siria…” (Lc 2,1-2). Particolari che possono lasciare indifferenti talmente siamo desiderosi di arrivare alla  notizia che Gesù è nato; ma sono dettagli non secondari, perché indicano che la nascita di Gesù non  appartiene alle “favole” ma a un fatto inserito pienamente dentro la storia.

Albero genealogico 

Così come è indicativo il vangelo della vigilia, che inserisce Gesù dentro un albero genealogico non proprio  perfetto, visti i personaggi: eppure, Lui accetta di entrare dentro questa storia familiare, che non brilla certo  di santi. Nel lungo elenco sono nominati i patriarchi, poi i re prima e dopo l’esilio di Babilonia. Re fedeli e altri  idolatri, immorali e assassini. E che dire del re Davide, nel quale si intrecciano fedeltà a Dio, peccati e delitti  (ricordiamo solo il crimine da lui confessato nel salmo 50, dopo aver fatto uccidere Uria). La genealogia mira  a testimoniare-confermare che Gesù è della “stirpe di Davide” (cfr Mt 1,6ss), e che la promessa che Dio ha  fatto a Davide di costruirgli “una casa” (cfr 2Sam, IV domenica di avvento) ha trovato pienezza in Gesù. La  genealogia mostra che si è parte di una storia più grande, e ciò vale per l’uomo Gesù, Colui che inaugura una  nuova storia. Dietro ogni nome, seppur talvolta enigmatico, c’è comunque una storia attraverso la quale Dio  ha reso possibile qualcosa. Una pagina che svela che dietro ogni volto c’è un’elezione di Dio e una sua  promessa: così un tempo e così oggi. Anche noi siamo stati “eletti” per grazia di Dio: “Non voi avete scelto  me, ma io ho scelto voi” (Gv 15,16). Non scelti per i nostri meriti, ma per la sua misericordia: “Ti ho amato di  amore eterno” (Ger 31,3). Questa è la nostra certezza: “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato” (Is 49,1). 

E come un tempo, così anche oggi Gesù entra dentro questa storia e c’invita a guardare oltre, c’invita a  leggere questo particolare tempo storico e sociale non con le litanie disfattiste del lamento, ma con quella  Luce che viene dall’alto e che tutto illumina. 

In fondo, anche Giuseppe e Maria non si sono trovati in un contesto agevole, eppure… 

La mangiatoia 

“Compiutisi per Lei i giorni del parto, diede alla luce il suo Figlio primogenito, Lo avvolse in fasce e lo depose nella  mangiatoia” (cfr Lc2, 7, Messa della notte). Dio Padre, l’Onnipotente, attraverso Maria, depone in una  mangiatoia un Bambino, l’Emmanuele, il Dio con noi. Un Bimbo che dà inizio/archè a un nuovo Regno, a una  nuova Storia di salvezza: regno di giustizia e di pace, di amore e di verità. 

Lo adagia in una mangiatoia”. Il verbo greco indica la posizione di chi mangia, quasi sdraiati come i soldati  romani. Ma Gesù bambino è adagiato nella greppia degli animali: è un ricettacolo di insetti, bave di animali,  sporcizia. Un inizio che suggerisce quanto l’intera vita di Gesù sarà così: gli angeli cantano in cielo e un re lo  perseguiterà; un giorno sarà acclamato dalle genti e il giorno dopo sarà condannato dalla stessa folla. Un  giorno fatto re e l’altro inchiodato come malfattore. Rifiuto e gloria saranno i segni che  contraddistingueranno questo Bimbo. 

Ma c’è anche un altro particolare che spesso è indicato nelle icone. Quel Bimbo viene posto dove gli animali  si cibano. Quel Bimbo, che necessita di nutrirsi per crescere, fin dall’inizio viene celebrato come il “pane” che  nutre: “Fate questo in memoria di me”. Questo Bimbo, in questi dettagli, si svela a noi per chi è, ma nello  stesso tempo, ci svela il percorso per un nostro bel vivere. In un tempo in cui l’uomo è schiavo dei suoi stessi  superficiali appetiti, Gesù indica una vita nuova capace di mettere ordine ai tanti disordinati appetiti che non  saziano se non la propria bramosia di illudersi di “essere come Dio”, di autoaffermarsi/emanciparsi da Dio,  conseguenze del peccato originale: “La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e  desiderabile per acquistare saggezza; prese dell’albero e ne mangiò, poi ne diede anche al marito” (Gn 3,6). In  quell’essere nella mangiatoia, Gesù ci educa a nutrirci di ciò che conta affinché da mangiatori compulsivi  impariamo a divenire “pane che si dona”. Basti ricordare che la prima delle tentazioni di Gesù nel deserto  verteva proprio sul concetto di “cibo”: “Dì che queste pietre diventino pane…Non di solo pane vive l’uomo, ma  di ogni Parola che esce dalla mia bocca” (Mt 4,3-4), mostrando così lo stile da assumere. 

Le fasce 

Maria “avvolge” il Bimbo “in fasce”: Maria, pur nella precarietà, è organizzata. Questo ci suggerisce  d’imparare a “organizzarci” affinché il Bimbo che chiede di nascere nel nostro cuore, nella nostra vita, trovi  accoglienza, cura e protezione. In altri termini, possiamo dire che la memoria del Natale di nostro Signore  illumina i “natali quotidiani” dove la fede – ossia l’amicizia con il Bimbo Gesù – chiede di essere accolta e  custodita nelle “fasce” delle nostre attenzioni e cure, affinché non si svilisca. In quel “bambino avvolto in  fasce e deposto in una mangiatoia, siamo invitati a vedere la logica con la quale Dio agisce e dalla quale noi  imparare ad agire “come Dio”. Siamo invitati a invertire le nostre logiche, le nostre strategie: ci è chiesto un  cambiamento di mentalità e di prospettiva. Non è ciò che è grande e importante che conta, ma ciò che è  piccolo e apparentemente insignificante: dal grande al piccolo, dalla forza alla debolezza, dal potere al dono,  perché così agisce Dio! Anche noi, come cristiani, siamo chiamati ad essere “segno” discreto della potenza  dell’amore di Dio, umile strumento del Regno del Signore, certi che “ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (cfr 1Cor 1,25). Il termine “segno” non va inteso come debolezza o arrendevolezza, perché se “il sale  perdesse il sapore…a null’altro serve che ad essere gettato via”(cfr Mt 5,13). Il mio e nostro essere cristiani  dovrebbe diventare quel richiamo vivo e credibile del chicco di grano che porta frutto; “segno” di quel Bimbo  di Betlemme, Gesù, qui ed ora. Un vivere ed agire capace di mostrare la gioia “natalizia”, per una Vita donata  dall’Alto capace di “spezzarsi” per gli altri per amore (vedi Pasqua). 

I pastori 

L’ingresso di Dio dentro la storia avviene attraverso “porte secondarie” e metodi non convenzionali, tanto  che anche gli angeli portano l’annuncio ai pastori, non ai sacerdoti al tempio. I pastori erano poveri guardiani  pagati per vegliare le pecore. Esclusi dal popolo perché nomadi, perché a contatto con gente non  appartenente al popolo, straniera, e quindi impure per la legge. E gli angeli portano per primi a loro  l’annuncio. Affida a loro per primi il compito di adorare e andare ad annunciare: “Andiamo dunque fino a  Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere…Andarono senza indugio e  trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia…I pastori se ne tornarono glorificando e  lodando Dio…” (Lc 2,15-20, vangelo della Messa dell’aurora). 

In quei pastori, nomadi che come Gesù non sanno dove posare il capo (Mt 8,20), possiamo vedere i nomadi  guardiani del nostro cuore, quella parte inquieta di noi che veglia, che cerca, che aspetta Qualcuno ma che  spesso sbaglia il proprio nutrimento, ingannando la vera fame e sete del cuore. In fondo ciascuno di noi è  quel pastore che cerca di seguire le sue povere cose, e quando crede di essere arrivato, si accorge che il  cammino non è finito. 

Il Natale 

Il Natale di nostro Signore Gesù, ci ricorda che Dio è presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente  o in cui riteniamo che Lui non possa esserci. Questa fede ci spinge a guardare a questo tempo con maggiore  serenità e speranza: Dio è qui, talmente presente che forse, anzi ne sono certo, ci sta chiedendo di rivedere  le nostre abitudini. C’invita a ricordarci che come Lui è venuto per salvarci, così anche noi, in Lui, possiamo  salvarci solo se camminiamo insieme, se impariamo a prenderci cura gli uni degli altri. Siamo invitati a farci  “mangiatoia”, dove gli altri possono nutrirsi del pane dell’amicizia, dell’amore, della misericordia, della  speranza. Il Signore si offre a noi perché noi lo portiamo con la testimonianza della nostra vita. Come cristiani  siamo invitati a farci carico della speranza di questa umanità così disorientata e sola, a farci sentinelle del  nuovo mattino…affinché le tenebre di questo tempo siano squarciate dalla Luce che viene dal Signore Gesù,  che è il Signore Gesù. 

Gesù, realtà decisiva dell’esistenza 

Lui è la realtà decisiva della mia e nostra esistenza. Nel Signore Gesù, che si fatto a noi vicino, impariamo a  divenire fratelli tutti per condividere una solidarietà e vicinanza interiore che è la cosa più preziosa, potendo  anche noi lodare insieme agli angeli e dire: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini amati dal  Signore”. 

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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