Siamo giunti alla IV domenica di Quaresima, detta laetare, per il timbro di gioia che traspare dai testi e dai colori liturgici, non più viola ma rosacei. Dopo giorni e domeniche di impegno, sacrificio, salite… oggi siamo invitati a vivere una sorta di «sosta» lungo il cammino, per riprendere fiato e così affrontare l’ultimo tratto con più slancio e fiducia. La gioia nasce dal fatto che il Signore Gesù è con noi, ci sceglie e ci consacra, «ci fa suoi», non in base ai nostri meriti o all’apparenza, ma unicamente in base al cuore (cfr I lettura). Ci sceglie per divenire suoi messaggeri, testimoni di gioia. In questo progetto, Lui stesso si fa nostra guida, nostro pastore (cfr salmo): «Il Signore è il mio pastore». Una certezza che è causa della nostra gioia. Se ora ci fermiamo un attimo e ci volgiamo indietro, possiamo comprendere che il cammino fin qui compiuto è un cammino di fede.
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La fede in Dio, nostro Padre e creatore (Le Ceneri).
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La fede di Gesù, che nel deserto di affida al Padre (I domenica di quaresima)
La fede dei discepoli, che sul monte imparano a vedere il vero volto del Cristo, Messia sofferente (II domenica) La fede della Samaritana, che riconosce in quell’uomo che parla con lei il Messia atteso, che solo disseta la nostra sete (III domenica).
In questo itinerario, emerge un elemento comune, ossia il legame tra il «vedere» e l’ «ascoltare». Vede chi ascolta. – Gesù supera la tentazione rifacendosi alla Parola di Dio (“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, I domenica, Mt 4,4).
– I discepoli sul monte sono invitati ad ascoltare il Figlio prediletto (“Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”, II domenica, Mt 17,5).
– la Samaritana scopre che il Messia è proprio colui che parla con lei (“Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te»”, III domenica, Gv 4,26).
– E oggi, il cieco arriva a credere solo nel momento in cui il Signore gli rivolge la Parola: “Gesù … gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui” (IV domenica, Gv 9,35-38).
I brevi tratti richiamati mostrano che la Parola, quando viene accolta, difende (tentazioni), stupisce (trasfigurazione), disseta (samaritana), illumina (il cieco nato).
I capi del popolo, invece, sono talmente chiusi in loro stessi che non colgono nulla di tutto questo. Di fronte al cieco nato, parlano con tutti, tranne che con Gesù; parlano di Lui, ma non con Lui. È un monologo, anche se parlano tra loro! Il testo del vangelo odierno è particolarmente lungo, scelgo quindi di offrire alcune pennellate. Prima di tutto il contesto in cui si svolge la scena. Siamo nel cuore della festa delle Capanne (Dt 16,13-15; Lv 23,34- 43 indica anche le date in cui celebrare la festa). Si ricordano i ripari provvisori nei quali gli israeliti trascorsero 40 anni dopo l’uscita dall’Egitto sotto la guida di Mosè. Nello stesso tempo ricordano che Dio si prese cura di loro durante il tempo dell’esodo. Due sono i riti che accompagnano la festa: l’acqua e la luce. L’acqua che si attinge alla piscina di Siloe, per ricordare che Dio ha donato l’acqua nel deserto. E la luce, a ricordare che Dio guidò il popolo con una colonna di nube e di fuoco per giorno e per la notte (Es 13,21).
Il vangelo di Giovanni ci offre uno spaccato di questa festa che Gesù vuole ricordare a Gerusalemme. + Egli «guida» popolo con il suo insegnamento fino a presentarsi come l’acqua viva: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me» (capitolo 7,37-38): chiara l’allusione a Mosè che guida il popolo e che dà l’acqua al popolo. Nel capitolo 8°, il tema della luce: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (8,12).
Arriviamo così al capitolo 9° che la liturgia ci presenta come testo del vangelo. Vorrei invitare a tenere a mente i due riti della Festa delle Capanne appena accennati: l’acqua e la luce.
Gesù cammina e vede il cieco nato. Si ferma e «Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti alla piscina di Siloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”» (vv 6-7).
Il gesto che Gesù ha compiuto richiama l’atto creativo di Dio col quale ha creato l’uomo dalla polvere (Gen 2,7). La “polvere” rappresenta dunque la nostra materialità e inconsistenza, ricordata nel gesto dell’imposizione delle ceneri. Eppure questa materialità, quando incontra la potenza di Dio, cambia. Infatti una delle funzioni della saliva è quella di lubrificare la gola e permettere quindi di parlare: ecco perché la saliva è anche simbolo della «Parola». In questo caso possiamo dire che la «Parola» (saliva) accetta di incontrare la «materia» ossia la nostra umanità (la polvere) e questo incontro apre al cieco una vita nuova. Il cieco ha «ascoltato» e la sua obbedienza gli ha permesso di tornare a «vedere». Vede chi ascolta, cioè chi obbedisce. L’ascolto, infatti, nella Bibbia non è un semplice «sentire» con le orecchie, ma è un «aderire» con tutto se stessi. Ecco perché si può dire che chi «ascolta», «obbedisce»: «Non chi dice Signore Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà…» (Mt 7,21).
Il cieco nato, dunque, ascolta quanto dice il Maestro e torna a vedere. Se ora torniamo al rito della Festa delle Capanne, noteremo che nel fatto del cieco nato ritroviamo i due riti: l’acqua alla piscina di Siloe e la luce, ossia il vedere. L’evan gelista Giovanni sta aiutando i suoi uditori, e quindi oggi ciascuno di noi, a comprendere che lungo il cammino della vita, lungo questo esodo verso la Patria del Cielo che ci attende Lui, Gesù, è il nuovo Mosè che ci guida (capitolo 7), che dona l’acqua che zampilla per la vita eterna (samaritana) e che ci apre alla luce nuova (cieco nato). A noi aderirvi come il cieco: «Tu credi nel Figlio dell’Uomo?… E chi è Signore, perché io possa credere in Lui?… è colui che ti parla. Ed egli disse: “Credo, Signore”» (9,35.38).
«Credo, Signore» (v 38). È il vertice del cammino di fede che abbiamo iniziato dal mercoledì delle ceneri. Credo, Si gnore, so che «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13). Perchè in fondo tutti nasciamo ciechi finché nel Batte simo non veniamo «Illuminati» dalla Grazia di Dio.
Come per il cieco nato, così anche per noi è il Signore che ci raggiunge nella concretezza della vita quotidiana, così fragile e inconsistente. Ci raggiunge per offrirci una proposta di vita nuova, bella, significativa. Spetta a noi decidere: o restare chiusi e prigionieri con la parola di Dio ridotta a sterile «idea» da difendere, o aprirsi alla Parola che solo salva e conduce alla verità. Non basta infatti interrogare la Parola di Dio se poi non ci si lascia interrogare da essa. Ma se, come il cieco nato, accettiamo di lasciarci interpellare dalla Parola, tutto cambia. Il Signore non attende che io cambi per cambiarmi, ma mi raggiunge nella mia miseria per darmi la forza di cambiare. La Parola di Dio può ri-crearmi se da essa mi lascio nuovamente plasmare. La gioia è tutta qui! Sapere che Dio mi ama e mi raggiunge nella mia quo tidianità. Sapere che il Signore Gesù mi ha a cuore ed è sempre pronto a ricominciare, come ha fatto col cieco nato; il Signore Gesù è la sola acqua che colma le attese del mio cuore (cfr la samaritana, domenica scorsa); il Signore Gesù è la promessa della mia vita, la terra promessa verso la quale sto camminando (cfr II domenica, la Trasfigurazione); il Signore Gesù mi guida e mi protegge lungo il cammino come un tempo fece Mosè, ed è sempre pronto a difendermi di fronte alle tentazioni (cfr I domenica di quaresima). Lui non ha paura della mia inconsistenza e fragilità (le ceneri) ma è sempre pronto a tutto. A tutto, fino a morire in croce per me. Questa è la gioia! È la gioia cristiana. Questa è la ragione della speranza che spiega il coraggio della testimonianza gioiosa dei cristiani, come il cieco nato, una volta guarito, ha saputo rendere testimonianza di fronte a scribi e farisei che lo giudicavano, così incapaci di riconoscere l’evidenza: «i farisei gli chiesero come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: “Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo”… ”Come può un peccatore compiere segni di questo genere?”» (vv. 15-16).
La vita nuova che ci è stata donata nel battesimo, che ci ha resi «Illuminati» chiede ora di essere anche per noi testi moniata: non dobbiamo attendere chissà quali attestati, ma semplicemente partire dal dato più importante: «Gesù gli disse: ”Tu credi nel Figlio dell’uomo?… Ed egli disse: “E chi è Signore perché io creda in lui?” Colui che parla con te”… e il cieco guarito disse: “Credo, Signore”» (cfr vv. 35-38).
Gesù è l’essenziale per essere guariti e vedere (cieco nato)
È l’essenziale per dissetare la sede del cuore e dell’animo (samaritana)
È l’essenziale per camminare animati dalla Speranza (trasfigurazione)
È l’essenziale per vincere il combattimento (tentazioni)
È l’essenziale per poter ri-nascere dalle cadute della propria inconsistenza (le ceneri)
È l’essenziale… per divenire veramente uomini.
È la ragione essenziale della gioia!
Leggi qui la preghiera per questa domenica.
Il commento al Vangelo di domenica 19 marzo 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.