don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica12 Marzo 2022

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Domenica scorsa, di fronte il volto trasfigurato di Gesù, Pietro desiderava cristallizzare quel momento pronto a fare «tre  tende»: aveva trovato in quell’esperienza la risposta più autentica a quanto il suo cuore andava cercando; aveva trovato  in Gesù «l’acqua che zampilla per la vita eterna» (vangelo odierno), vivendo quanto poi sant’Agostino sintetizzerà nelle  sue Confessioni: «Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te». 

Non è una ricerca facile, perché questo chiede cuore pensante, maturo, capace di sognare e di attendere, di andare  oltre l’immediato e lo scontato mormorio; chiede profondità e non superficialità. Sono gli atteggiamenti che possiamo  rivedere nel popolo d’Israele quando brontola contro Mosè. Un popolo che anziché fare la fatica di far memoria, di  ricordare il cammino di liberazione che il Signore aveva loro fatto fare, sa vedere solo attimo presente. Senza memoria,  senza storia e quindi senza speranza. Dio, però, ascolta comunque quel grido e la supplica di Mosè; risponde a quell’impazienza infantile, facendo scaturire dalla roccia l’acqua necessaria per dissetarsi (cfr I lettura), segno e simbolo dell’acqua viva che solo Gesù donerà.  In questo modo nella I domenica di Quaresima siamo stati portati nel deserto, dove ci è stato rivelato chi siamo e a chi  apparteniamo. Nella II domenica, presi per mano siamo saliti su un alto monte, per imparare ad ascoltare e vedere  Gesù. Oggi, III domenica, siamo chiamati a scoprire quale desiderio profondo abita nel nostro cuore. 

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«In quel tempo Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a  Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo.  Era verso mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: “Dammi da bere”. I suoi  discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: “Come mai tu, che sei  giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”».  

In questi pochi versetti troviamo descritti il contesto e i protagonisti della scena: la terra straniera – Sicar -; l’orario, per  evidenziarne il caldo torrido; la stanchezza di Gesù e la donna samaritana con la brocca. In questa cornice, si avvia il  dialogo tra Gesù e la samaritana, colma di stupore per questo approccio: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere  a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non hanno rapporti con i samaritani». Lo stupore della  donna è dovuto dal fatto che per i Giudei i samaritani sono “eretici” e, in secondo luogo, perché Gesù si è permesso di  parlare con una donna in pubblico, e per giunta una “donna peccatrice”. Gesù, invece, fa ogni cosa con naturalezza:  dimostra la sua libertà e, vedremo, la forza della sua azione liberante; va incontro a tutti, evitando etichettature o pre giudizi, mostrando che il peccato va condannato, non il peccatore. Infatti nelle parole di Gesù non c’è alcun rimprovero,  alcun giudizio umiliante, seppur Lui sappia già tutto della storia della donna .

Lo spunto per iniziare il dialogo Gesù lo prende da un fatto naturale, visto l’orario e il luogo in cui si trovano: «Dammi  da bere». Una richiesta che esprime una necessità. Gesù non solo raggiunge la donna al pozzo, ma si serve di un linguaggio e di una necessità alla portata di questa donna: non fa cioè discorsi difficili, teologici, morali… ma si fa prossimo.  E una volta che la donna esprime la sua perplessità nel sentirsi chiedere un tale favore, Gesù ha modo di fare un passo  in più, aiutandola ad andare oltre l’evidenza: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere!,  tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Con questa espressione Gesù sta cercando di far emergere  nella donna il fatto che il cuore, anche il suo, ha una sete più profonda che chiede risposte più profonde. C’è un desiderio  nel cuore umano che non si accontenta e che troverà risposta nelle parole di Gesù: «Adorare il padre in spirito e verità»  (Gv 4,23): «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio  vivente…» (Sal 41,1). Finché non si risponde con verità a questa «sete», il cuore resterà insoddisfatto e si lascerà disse tare e ubriacare da soluzioni passeggere, che lasceranno una insoddisfazione sempre più grande. Proprio come avvenuto a questa donna: «“Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui”… Gli risponde la donna. “Io non ho marito”. Le dice  Gesù: “Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito“». Solo  ora Gesù svela alla donna che Lui sa tutto di lei, eppure non la giudica. L’ha guardata negli occhi, lì dove si trovava, e in un dialogo rispettoso, l’ha accompagnata a una comprensione sempre più profonda. Se Gesù avesse iniziato subito con  questi discorsi, il dialogo si sarebbe subito interrotto, e la donna sarebbe corsa via umiliata. Gesù, invece, ha avuto  rispetto del suo cammino di crescita e di maturazione interiore.  

Oggi possiamo dire che la donna samaritana è il simbolo di ciascuno di noi, stanchi e svuotati dalla fatica di rincorrere  amori che non dissetano, di accontentarci di “amori” minuscoli, limitati, effimeri, quando il nostro cuore è fatto per  amare con la “A” maiuscola. Finché non corrispondiamo a questo progetto, il cuore resterà sempre inquieto, desideroso  di una risposta: «“So che deve venire il Messia, chiamato Cristo – dice la donna: quando egli verrà, ci annuncerà ogni  cosa“. Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te“». In questa autodichiarazione, Gesù dice esplicitamente che Lui solo  può colmare la sete del cuore. Lui che «parla con te», «con me». Nella sua Parola troviamo quell’acqua che zampilla per  la vita eterna, troviamo la risposta più vera alle tante domande del cuore. Intanto, mentre stanno tornando i discepoli,  la samaritana va in città: «In quel momento giunsero i discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna». Come  la donna si meravigliò che Gesù le rivolgesse parola, così i suoi discepoli, si meravigliano del Maestro che si rivolge a  una donna straniera e peccatrice, a dimostrazione che anche per loro il cammino per conoscere fino in fondo il Signore  è ancora lungo!  

«La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere…Molti di più credettero per  la sua parola e alla donna dicevano: “Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo  udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». 

È lo spazio della fede. La donna si apre a Gesù e trova in Lui la risposta alla sete d’amore del suo cuore; corre e condivide la gioia scoperta; con le stesse parole che Gesù utilizzò per invitare i primi discepoli – “venite e vedrete” (Gv 1,39) -, la  Samaritana invita gli abitanti del suo paese ad andare da Gesù. Ma la cosa interessante e importante per noi, è il fatto  che alla fine la donna esce di scena perché la gente non crede più alle sue parole, ma alla Parola di Gesù. Perché un’au tentica testimonianza cristiana non lega mai gli altri a sé, ma rimanda a Colui per il quale si compie quella testimonianza.  

Il testo odierno è molto lungo e non è qui possibile approfondirlo in tutti i suoi aspetti. Ho scelto quindi solo alcuni  punti. Possiamo dire che attraverso la samaritana Gesù suggerisce oggi a ciascuno di noi che il punto di partenza di Dio  è la nostra sete, la nostra realtà concreta. Il Signore ci raggiunge lì dove cerchiamo risposte presso i tanti pozzi che  offrono soluzioni facili alle nostre domande più vere e profonde. E non ci accorgiamo di venire ingannati. Ebbene, Gesù  non teme di raggiungerci in modo sempre nuovo, proprio lì dove siamo, perché Lui è interessato a noi. Non importa se  sbaglieremo a rispondere alla nostra sete, se inganneremo ancora una volta la sete del cuore con surrogati artificiali e  banali. Pazienza se anche noi, come la samaritana, scommettiamo su felicità illusorie, conducendo una vita disorientata  e sofferta (realtà simboleggiata dai cinque mariti).

Alla fine, come con Pietro, anche con noi Gesù domanderà una sola  cosa: «Mi ami?» (Gv 21). Lui sa che non siamo capaci di amarlo bene fino in fondo, anzi, spesso andiamo a fondo con le  nostre scelte! Eppure Gesù non si stanca di raggiungerci ed educarci alla sua Parola. Lui è morto per noi quand’eravamo  ancora peccatori (cfr II lettura) e questa è la certezza: Egli verrà sempre a noi per risollevarci. Perché se erriamo è perché  ancora non abbiamo capito chi è veramente il Signore, cosa Lui ha fatto per ciascuno di noi: «Se tu conoscessi il dono di  Dio». La radice delle nostre errate risposte sta proprio qui: nel misconoscere il Signore, nel non aver ancora fatto auten tica esperienza di Lui e con Lui fidandoci e affidandoci alla sua Parola. Solo così impareremo ad «adorare Dio in spirito  e verità».  

A noi dunque imparare a prendere sul serio la Parola del Signore Gesù; a noi lasciarci prendere in disparte per far sì che  la voce del Padre riecheggi nei nostri cuori per consolarci e guidarci lungo il cammino: «Questi è il mio Figlio prediletto,  ascoltatelo» (cfr II domenica di Quaresima). C’è sempre il rischio di indurire il cuore, di volgersi dall’altra parte, per  questo è importante implorare da Dio il suo aiuto, e sentire rivolte a noi le parole del salmo di questa liturgia: «Ascoltate  oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore». Non possiamo permetterci di indurire il cuore voltandoci dall’altra  parte, perché i il malvagio è sempre accovacciato alla porta del cuore, per prendere il sopravvento in noi; per ingannarci  e spingerci ad attingere a pozzi sì «buoni… graditi agli occhi e desiderabili» (cfr Gen 3,6; 1Gv 2,12) ma con acqua conta minata (cfr I domenica di Quaresima). Una cosa è certa, ci viene ricordato in questa terza tappa: il Signore non si meraviglia della nostra fragilità, del nostro essere presso pozzi secondari e scadenti… Ma sempre, in ogni momento, ci  viene incontro lì dove siamo, perché anche se noi dimentichiamo chi è Lui, il Signore non si dimentica chi siamo noi. E  viene per salvarci. Nell’amore misericordioso che solo Lui sa donare ai suoi Amici.

Leggi qui la preghiera per questa domenica.

Il commento al Vangelo di domenica 12 marzo 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.