La ribellione a Dio e alla sua proposta di vita ha sempre contrassegnato la storia del popolo ebreo, a tal punto che più volte Egli è dovuto intervenire inviando i suoi profeti, come fece con Ezechiele: “Figlio dell’uomo io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me… Ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito”.
Una scelta dagli esiti incerti se Dio dichiara: “Ascoltino o non ascoltino… sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro” (I lettura, Ezechiele). Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “Alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2).
Ma come ci svela il vangelo di oggi, anche in questo caso il popolo si è dimostrato “ribelle e testardo”. Il testo è il proseguimento del brano di domenica scorsa: Gesù ha appena guarito una donna che da dodici anni perdeva sangue, e la figlioletta del capo della sinagoga. Ora Gesù si dirige nella sua patria, Nazareth.
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vv. 1-3: “…Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga”.
Al momento della lettura del brano della Torah (parashah) e dei profeti (haftarah), Gesù, essendo un ebreo, come ogni altro uomo ebreo maggiore di dodici anni, dopo essere diventato bar mitzwah, figlio del comandamento, ha la possibilità di salire all’ambone e di prendere la parola. Non è un sacerdote, non è un rabbi ufficialmente riconosciuto – “ordinato”, diremmo noi – ma esercita questo diritto di leggere le Scritture e tenere l’omelia.
“E molti, ascoltandolo, rimanevano STUPITI e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi…? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo… Ed era per loro motivo di SCANDALO”.
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Quello che Gesù fa in Sinagoga suscita prima “stupore” e poi “scandalo”, e tra questi due stati d’animo, emergono alcune domande, ma non dettate dal desiderio di capire: loro “sanno/conoscono” chi è Gesù, da dove viene, cosa fa suo padre, chi sono i suoi familiari (fratello, sorella… nel mondo orientale è il gruppo familiare, quindi i cugini). Loro sanno già tutto! C’è un secondo dato che merita attenzione. Le domande non sono rivolte a Gesù, per aprire in questo modo un dialogo con Lui, ma sono chiuse dentro la cerchia di chi si sta interrogando. Chiacchericcio! È una dinamica che si rinchiude in se stessa e in fondo tradisce ogni possibilità di vera conoscenza, perché l’uomo diviene se stesso quando si relaziona: “L’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse…” finché “Dio formò… una donna…: L’uomo disse: Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne…” (Gn 2,21-22). Chiudersi all’altro, dare tutto per scontato, porta a non comprendere: “Riflettevo per comprendere, ma fu una fatica ai miei occhi, finché non entrai nel san tuario di Dio e compresi” (Sal 73,16).
A differenza del padre della figlioletta e della donna di domenica scorsa, gli abitanti di Nazareth non solo si chiudono alla salvezza perché si chiudono alla relazione, ma pure si “scandalizzano”, ritenendo Gesù un “inciampo” alle loro convinzioni! E sarà solo la prima volta per Gesù, se pensiamo al rimprovero che farà a Pietro, quando tenterà di dissuaderlo dal cammino verso Gerusalemme: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini” (Mc 8,33). Lo scandalo è “l’insegnamento nuovo” da Lui portato: “Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27), dove la novità sta nel liberare un uomo posseduto, e quindi nel porre al centro la persona, a ricordare che la legge è fatta per l’uomo, non viceversa (cfr Mc 2,27: “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”).
Sapere chi è Gesù, conoscere i suoi parenti, l’essere stato suo concittadino o vicino di casa non garantisce una conoscenza/intesa profonda, non assicura chissà quali vantaggi, visto quanto capita!
v. 4-6: E porta a perdere occasioni: “e si meravigliava della loro incredulità” (v 6). La “poca fede” è segnalata nei riguardi dei discepoli nella barca in tempesta (cfr Mc 4,35ss, vangelo di due domeniche fa) e oggi, nei riguardi dei suoi concittadini. Gli unici che si aprono a Gesù sono i malati: “Non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì”, a dimostrazione che chi non ha più niente da perdere, non ha nulla a cui aggrapparsi, questi è disposto ad aprirsi alla vita nuova.
v. 6b: “Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando”.
Dover andare da un’altra parte non è mai fallimento per Gesù. Il suo andare coincide con il suo “annunciare” e gettare il seme della Parola affinché attecchisca e porti frutto dove il trenta, il sessanta, il cento per uno. (cfr Mc 4,3-20).
Ribellarsi all’inviato di Dio, al profeta, restare arroccati nella propria testardaggine lascia l’uomo incredulo e prigioniero delle sue paure; riconoscersi invece peccatori, bisognosi di salvezza, come la donna e il padre di domenica scorsa, porta – come recita il salmo odierno – a non temere di alzare gli occhi verso i cieli perché il Signore Dio abbia pietà di noi.
Dopo averci aiutato a capire che il Signore lo si scopre nelle piccole pieghe della vita, che Lui è sempre nella barca della nostra esistenza e che è sempre pronto ad esaudire la nostra supplica di misericordia, oggi la Parola del Signore c’interroga sul nostro atteggiamento interiore. Ci stimola a domandarci se siamo capaci di coltivare “desiderio di salvezza” o se di fronte al Signore viviamo chiusi nelle nostre granitiche certezze.
Gesù in queste domeniche ci ha insegnato a non cercare lontano, ad aprire gli occhi, ad accorgersi di Lui, qui ed ora, così come siamo. E oggi ci dice che Lui è presente nella nostra quotidianità, ferialità. Che dobbiamo abbandonare la convinzione “So già tutto di lui”, “Lo conosco” (capita anche con la Scrittura: la conosco già, non serve pregarla, studiarla…, dimenticando che la Parola è sempre nuova, perché sempre nuovo è anche il cuore che l’ascolta e l’accoglie)… perché conosce veramente solo chi ri-conosce, solo chi conosce oltre l’evidenza. “Non è lui il falegname… il figlio di Maria?”: con queste domande/risposte scontate gli abitanti di Nazareth non si sono aperti alla novità che Gesù era.
Spesso rischiamo anche noi di non aprirci alla novità di Gesù perché chiusi nei nostri dubbi, nelle nostre paure o nelle nostre umane certezze e convinzioni. Eppure Gesù è stato chiaro: “Avevo fame, e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25).
Se solo imparassi a sintonizzarmi veramente con lo spirito del Vangelo (quel chicco di grano che caduto cresce e porta frutto), se solo imparassi a tenere Gesù al centro della barca della mia vita (la tempesta sedata da Gesù), se solo imparassi a non lasciarmi appiattire da folle anonime (come il padre e la donna di domenica)… imparerei a ri-conoscerei il Signore così come Lui stesso ha insegnato: nel cuore dove Lui, nella brezza, sussurra parole di verità e di vita (cfr 1Re 19,13ss: Elia nella caverna sente la presenza di Dio nella brezza del vento), nel volto di ogni fratello (cfr Mt 25, Ogni volta che avete fatto una cosa…a un fratello, lo avete fatto a me), nel sorgere del sole (cfr Sal 8, Mt 6,23-24ss, guardate i gigli del campo)… perché il Signore non si presenta con grandi straordinari miracoli della vita (capita, ma sono segni), perché la vita stessa è un miracolo, ma questo chiede cuori semplici per riconoscerlo (cfr Mt 11,25-27, Ti ringrazio Padre perché hai rivelato queste cose ai semplici).
I concittadini di Gesù si sono “stupiti” perché di lui conoscevano già tutto, e poi si sono “scandalizzati” perché troppo umano (cfr Col 1,9: “In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità). Così come i suoi stessi familiari si scandalizzarono: “I suoi, sentito quanto faceva Gesù, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “E’ fuori di sé” (cfr Mc 3,20). Come a dire, è pazzo!
Torniamo così alla domanda di fondo: quale atteggiamento interiore mi muove nel seguire Gesù? Posso seguirlo coltivando ancora nei pensieri i miei umani progetti di gloria, oppure lo seguo perché prima di tutto mi sono lasciato affascinare dal suo amore? E lo seguo accettando che il Signore si faccia presente come Lui crede meglio per me, lasciandomi sorprendere dalle sue sorprese?
E la sorpresa più bella è che Gesù è il volto del Padre! Che nell’Eucaristia Gesù è realmente presente! Che Gesù nel sacramento della riconciliazione, assolve! Che Gesù è presente nei poveri e gli ultimi…qualsiasi cosa dicano quanti si “scandalizzano” di questa “incarnazione”. E poi, come dicevamo, la quotidianità della vita è il miracolo più bello: spesso siamo insoddisfatti di tutto perché sempre alla ricerca di esperienze “nuove”, emozionanti, le quali alla fine, manifestano chiusura e incredulità! La gioia vera, invece, viene dal lasciarci sorprendere qui ed ora dal Signore.
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.