don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 4 Dicembre 2022

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Domenica scorsa la liturgia ci ha indicato la Meta verso la quale ci stiamo incamminando: l’incontro con il  Signore Gesù. Il cammino della vita, dunque, non va verso il nulla e non è guidato dal caos o dalle coincidenze. Andiamo verso il Signore ed è Lui stesso a guidarci ed accompagnarci lungo la Via.  Chiarita la Meta, muoviamo i passi nel quotidiano. I testi odierni, infatti, iniziano a prepararci al Natale di  nostro Signore, al far memoria della sua prima venuta in mezzo a noi.

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Il testo del profeta Isaia, scelto come prima lettura, pone l’attenzione sul Messia, su colui sul quale si poserà  lo Spirito di Dio con i suoi doni. Gesù è il Messia, colui – ricorda san Paolo nella II lettura – che ha accolto e  vissuto fino in fondo la volontà del Padre suo. Egli è il più forte di tutti, come annunciato dal Battista lungo  le rive del Giordano (vangelo). Questo è il Messia venuto nel mondo, questo Messia è colui che desideriamo  riaccogliere nella nostra vita e quindi invocare: “Vieni, Signore, re di giustizia e di pace” (salmo).

1-4: «In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”. E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano  cavallette e miele selvatico».

Per accogliere il Veniente, il Messia, predica il Battista, è necessario “convertirsi”, ovvero voltarsi verso Dio,  cambiare direzione: recuperare quell’unità tra vita e parola, tra dire e fare. La predicazione avviene nel de serto, luogo che meglio di tutti richiama il valore dell’essenzialità. La descrizione del suo abbigliamento – vestito di peli di cammello e cintura ai fianchi, e del suo cibo – cavallette e miele – mirano ad essere essi  stessi “messaggio”, affinché il suo essere non sia in dissonanza con il suo dire. La sua vita, dunque, diventa  messaggio e invito a fare verità su noi stessi: “Preparare la via” e “Raddrizzare i sentieri”. Un invito a ritrovare  la rettitudine del proprio cammino davanti a Dio.

In questi dettagli l’evangelista vuole offrirci anche un’altra indicazione. L’abbigliamento del Battista ri chiama esattamente quello di Elia (2Re 1,8). Non si tratta solo di una identificazione di abbigliamento, ma  il suo vestito indica che la profezia di Malachia sta per essere realizzata: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima  che giunga il giorno grande e terribile del Signore” (Ml 3,23). Elia è tornato in Giovanni Battista, e quindi il  Messia sta per giungere. Gesù stesso dichiarerà che “Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni Battista”, “Più che un profeta(cfr Mt 2,10-11, vangelo di domenica prossima). 

4-9: Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si fa cevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo”. 

Di fronte questa radicale testimonianza di vita, accorrono le folle. E tra queste, ci sono farisei e sadducei. A  loro Giovanni Battista rivolge un duro rimprovero, denunciando di fatto coloro che si reputano “a posto”  solo perché illusi che basti appartenere a un determinato ceto sociale per sentirsi tranquilli. Il Battista non  tollera questi meccanismi di autogiustificazione che illudono e che portano a sentirsi superiori agli altri. A  tutti, infatti, è rivolto l’invito a convertirsi, a riconoscere i propri peccati, a rimettersi nella giusta via.  Non c’è più tempo per indugiare, per tentennare, per lasciare che vita scorra senza senso. La salvezza è vicina. Il Messia è vicino! E se il Messia è vicino, è necessario prepararsi. Il Battista dà delle indicazioni molto  sobrie ed essenziali sulle modalità di questa preparazione. 

La prima cosa dalla quale mette in guarda è il pericolo di pensare di essere già pronti, come i farisei e i sadducei. Nella loro mentalità si ritenevano a posto per il semplice fatto di appartenere a un popolo, di avere una loro tradizione, di essere frequentatori del tempio. A questi Giovanni dirà: “Non crediate di poter dire  dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre»”(Mt 3,9).La presunzione di sentirsi giusti è un pericolo dal quale  scappare. Valeva per loro, ma vale anche per noi, spesso convinti di essere a posto solo perché frequentiamo  la messa domenicale o accendiamo un lumino o recitiamo il rosario! Non basta! 

Non ci sono grandi richieste da parte di Giovanni Battista. L’indicazione principale è convertirsi. L’invito è  quello di reagire, di non lasciarsi paralizzare dalle resistenze della vita. La conversione alla quale il Battista  invita i suoi uditori, e oggi noi, è di non accettare di restare paralizzati dalla convinzione distorta che “non si  può cambiare”. Anzi, ci si può convertire proprio perché il Signore Dio per primo si è rivolto a noi offrendoci  il suo perdono, aprendo una strada nuova: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose anti che! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una  strada…» (Is 43,18-19). 

La conversione non è dunque un semplice sforzo umano, ma è già essa stessa evento di grazia, dono di Dio.  Convertirsi è avere il coraggio di vivere il dono di Dio. Convertirsi è ridare a Dio il primato sulla nostra vita.  In fondo il vero e unico peccato è rifiutare di tornare a Dio che è già venuto a noi! Convertirsi significa colti vare “Gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Gesù…significa accogliersi…come Cristo ac colse”, ricorda Paolo ai romani (II lettura).

10-12: “Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene  in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un  fuoco inestinguibile”.

La conclusione del testo presenta il Messia come un giudice pronto a intervenire. Non lo farà però con vio lenza o ingiustizia. Il testo di Isaia tratteggia colui che deve venire: sarà un uomo giusto, in cui è posato “lo  Spirito di Dio: spirito di sapienza e di intelligenza…”. Colui che verrà riporterà giustizia: “Il lupo dimorerà con  l’agnello”. Elementi che rimandano al Giardino dell’Eden, dove regnava giustizia, pace, concordia e non c’era  motivo alcuno di vergogna, venuta solo col peccato di Adamo-Eva (cfr Gn 3).  

L’invito è quello di spogliarci dalle false immagini di Dio, da quel dio che noi ci siamo costruiti nella nostra  testa e che riflette più il nostro modo di agire che quello di Dio! Convertirsi è accettare di liberarci di quanto  ci ostacola nel vero incontro con il Signore: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che  porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (cfr Gv 15,1-8). Convertirsi significa accettare di lasciarsi potare  dalla Parola di Dio, affinché la vita porti più frutto.  

Vivere questo tempo di Avvento, prepararsi al prossimo Natale significa ritagliarsi quel dovuto spazio di “de serto” utile per mettere ordine nella nostra vita. Necessario per fermarsi ad ascoltare la Parola di Dio e da  essa lasciarci riordinare, sapendo accogliere la misericordia di Dio che ci viene incontro. Questo significa  imparare ad accettare di aver bisogno di Dio. Capire che non posso farcela da solo nella vita. Vivere l’Avvento in modo vero/utile chiede di fare spazio in noi, affinché il Signore non trovi “l’albergo del nostro cuore e della  nostra vita” pieno di noi stessi e delle nostre false attese, ma libero e accogliente, anche se povero e umile  (cfr Lc 2,7), per accogliere Colui che solo può dare senso e significato alla nostra esistenza, colui che solo è la  nostra gioia. 

Se domenica scorsa, nella I domenica, ci è stata indicata la Meta del cammino, oggi ci viene proposto  l’atteggiamento di base che dobbiamo coltivare e alimentare lungo questo cammino.

La conversione, in fatti, non è un atto isolato, ma è uno status di vita, una costante: continuamente siamo infatti invitati a vol gere lo sguardo, il cuore…tutta la vita a Dio. Convertirsi significa lasciare le comode strade del mondo, la  facile e spesso ambigua mentalità del mondo, con la sua logica di successo, carriera e profitto a tutti i costi,  a discapito dei più deboli e poveri.  

Solo in questo modo sapremo prepararci ad accogliere il Signore che viene nel Bimbo di Betlemme (Natale)  ma altresì sapremo andare con verità incontro al Signore che viene per portarci con Lui nel Cielo.  L’Avvento – inteso come preparazione al Natale – s’intreccia così con l’Avvento ultimo, quando il Signore  tornerà nella gloria. Uno illumina l’altro. A noi vivere nell’attesa.

Leggi qui la preghiera per domenica prossima.

Il commento al Vangelo di domenica 4 dicembre 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.