Cosa dice la Parola/Gesù
Continua il nostro cammino alla scuola della Liturgia, l’appuntamento domenicale che plasma i nostri cuori, illumina i nostri pensieri, orienta le nostre scelte per divenire parola vivente di Vangelo. Lungo questo nostro cammino, abbiamo imparato quanto sia importante tenere fisso il nostro volto sul dolce Volto di Gesù, pur di seguire “con decisione” la volontà del Padre (cfr XIII domenica, 26 giugno); abbiamo quindi compreso che la chiamata a farsi testimoni annunciatori del vangelo non è riservata a pochi eletti, ma a tutto il popolo di Dio (cfr XIV domenica, la chiamata del 72 discepoli, 3 luglio), ben sapendo, dicevamo qualche domenica fa, che se la fede ci fa essere credenti e la speranza credibili, è solo la carità che ci fa essere creduti.
Ecco perché il primo annuncio è la testimonianza, è il divenire buoni samaritani del e nel nostro tempo (cfr XV domenica, buon samaritano, 10 luglio), tenendo fisso lo sguardo non tanto sulle cose da fare, quanto su ciò che veramente conta, la compagnia-amicizia del Signore Gesù (cfr XVI domenica, Marta e Maria, 17 luglio). Perché alla fin fine, solo Lui c’introduce nella relazione più importante e vitale per noi, l’amicizia con il Padre del cielo (oggi). Solo Lui ci svela la chiave per una gioia piena. Se teniamo presente questo passaggio, allora com prendiamo che l’impossibile che Gesù propone oggi, è in realtà non solo possibile, ma l’unica via per una vita vera mente felice.
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Il testo del vangelo viene introdotto dalla prima lettura tratta dal libro del Qoelet: “Vanità delle vanità – dice il testo -: tutto è vanità”. Tutto è vano. Effimero. Parole sulle quali siamo chiamati a misurarci per capire se stiamo costruendo la casa della vita sulla roccia o sull’inconsistenza della sabbia (cfr Mt 7,21-24), ricordandoci, come risponde remo nel salmo, che solo il Signore è per noi rifugio, di generazione in generazione. Ossia è rifugio sempre, non solo per un emozionante attimo. Ma a questo punto è doveroso interrogarci su Chi o su cosa stiamo costruendo la vita. Confrontiamoci allora col testo del vangelo.
12-15: “Uno della folla gli disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. 14Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. 15E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lon tani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Alla domanda che gli viene posta, Gesù rifiuta di dare risposta, ma rimanda al “giudice” preposto a questo scopo. Questi in fondo sono dettagli che esulano dalla sua missione: “Il mio Regno non è di questo mondo» dirà a Pilato (Gv 18,36). Pur trattandosi di una richiesta legittima, Gesù la relativizza, perché non riguarda le cose ultime. Non riguarda il Cielo. Non riguarda la Meta verso la quale “con decisione” si sta dirigendo. Ma nel rifiutarsi di rispondere, allarga l’orizzonte della sua riflessione, andando a toccare il tema della cupidigia, della disordinata bramosia di voler solo accumulare e possedere.
In questo modo Gesù va alla radice delle cose, invita a guardarsi dentro, a capire quanto ordinati o meno siano gli affetti del cuore:“Queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (cfr Mt 7,22). In fondo, “l’avarizia è la radice di tutti i mali” (1Tm 6,10), in quanto porta a fidarsi più dei beni che del Bene sommo che è Dio, Padre nostro. Si capisce da qui perché Gesù invita a “Non servire a due padroni” (cfr Lc 16,13) perché è “Difficile entrare nel regno dei cieli per coloro che possiedono ricchezze” (cfr Lc 18,24).
Prendendo così spunto dalla richiesta umanamente legittima di condividere l’eredità, Gesù allarga l’orizzonte, in vita a guardare alle cose della vita da un altro versante, per arrivare a domandarci: “Su cosa faccio consistere la vita? Sulla solidità della roccia o l’inconsistenza della sabbia? Sull’accumulo di beni o sul solo Bene che può colmare la fame e sete del mio cuore, cioè Dio?”. In questa domanda Gesù va dunque all’essenziale: non si ferma sul dettaglio di attrito tra i due fratelli, ma aiuta l’interlocutore e oggi ciascuno di noi a domandarci se la richiesta che manifestiamo nasce da un cuore puro o da un cuore disordinato. Perché se è così, allora ci saranno sempre tensioni nelle relazioni: oggi l’eredità, e domani qualcos’altro. E per far capire questo concetto, Gesù narra una parabola. Quasi a non voler lasciare margini di ambiguità.
16-21: 16Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.
L’uomo della parabola è ricco e ha pure un raccolto abbondante. Pensa al suo futuro “ragionando tra sé”, che non è mai uno sguardo limpido (cfr Sal 73,13-17 “Invano ho conservato puro il mio cuore…Riflettevo per comprendere ma fu una fatica…finché non entrai nel santuario di Dio e compresi”).Nel suo s-ragionare pone di fronte a sé tre cose: i molti beni ammassati, i molti anni durante i quali può godersi beni, e una vita tranquilla. Parole e atteggiamenti che richiamano il sogno di Salomone: “Concedi al tuo servo un cuore docile…Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza e non lunga vita…ricchezza…vendetta…Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente…Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria” (cfr 1Re 3,4.13). Ebbene, nella parabola, Dio smonta ogni tassello: – i “molti anni” si ridurranno a “questa notte ti sarà chiesta la vita”;
– “lo sfrenato godimento della vita” si trasformerà in un “rendere la vita a Dio”;
– e i “molti beni accumulati”…con una domanda sarcastica, “di chi saranno?”
È in quest’ottica che Gesù definirà quest’uomo uno “stolto”, perché ha costruito la vita sulla sabbia delle sue illusioni, senza tener conto di Colui che detiene la vita, Dio. Per capire chi è l’uomo saggio, basta rileggere il versetto 12 del salmo responsoriale: “Insegnaci a contare i nostri giorni, e acquisteremo un cuore saggio” (v 12). Così l’uomo “stolto” s-ragiona tra sé, l’uomo saggio dialoga con Dio, consapevole che la vita è nelle Sue mani. L’uomo stolto, ossia l’uomo ricco, è chiuso nel suo ragionare, nella sua illusione di bastare a se stesso, nella convinzione che la ricchezza, l’accumulare siano la soluzione per una vita felice, quando Gesù stesso si è fatto povero per noi! (cfr Fil 2). Se il fratello puntava a una più equa quantità, Gesù porta il dialogo a una più equa qualità della vita. Un cuore pacificato e purificato porta tutto il resto a diventare relativo e secondario.
I beni, pur importanti, restano mezzi per aiutarci a vivere bene il dono della vita. E non solo i beni materiali: pensiamo ai doni che abbiamo ricevuto, a quei “talenti” che il Padre del cielo ci ha donato e grazie ai quali siamo illusi di poter bastare a noi stessi. Ma questi non possono farci perdere di vista il bene sommo che è Dio, Padre nostro (vangelo domenica scorsa); che è “ciò che veramente conta” nella vita (vangelo due domeniche fa).
Quello che dobbiamo cambiare è l’orizzonte, come ricorda san Paolo nella II lettura odierna: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù…non a quelle della terra”. Tenere fisso lo sguardo al cielo, come ci è stato ricordato nella solennità dell’Ascensione, non è vivere tra le nuvole, ma tenere un ancoraggio solido, avere quella bussola che sola aiuta a vivere con verità la traversata della vita, evitando di essere sballottati da ogni vento di pensiero (cfr Ef 4,14). Significa dare consistenza a ciò che dà valore alla vita. Come dicevamo all’inizio di questa lectio, il vangelo odierno ci invita a misurarci su cosa o su Chi stiamo costruendo la nostra esistenza: e non possiamo farlo s-ragionando in noi stessi, ma confrontandoci con il Signore Gesù, con il suo vangelo. Lui solo è la stella polare che può orientare con verità l’agire del nostro cuore. Che ci aiuta, come c’è stato ricordato due domeniche fa, a puntare su “ciò che veramente conta”. Quanti santi hanno lasciato tutto per abbracciare tutto in Gesù, riconoscendolo il necessario della loro vita: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo…” (cfr Fil 3,8).
Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù
Colletta anno C
O Dio, fonte della carità, che in Cristo tuo Figlio ci chiami a condividere la gioia del Regno, donaci di lavorare con impegno in questo mondo, affinché liberi da ogni cupidigia, ricerchiamo il vero bene della sapienza.
Signore Gesù,
di fronte ai beni della vita,
rischio anch’io di
s-ragionare tra me e me,
illudendomi
che i beni acquisiti
e le competenze maturate siano garanzia per una vita riuscita, stabilità per potermi accontentare di vivere da spettatore,
anziché da protagonista.
Signore Dio,
rendimi consapevole
che solo nel confronto con Te posso ritrovare la verità di me. Aiutami Signore,
a stare con Te,
per vivere di Te,
per divenire come Te.
Così sia.
Don Andrea Vena
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno
il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo
a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione.
Il commento al Vangelo di domenica 24 luglio 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.