Celebriamo oggi la XXXI domenica del Tempo Ordinario. Se osserviamo queste ultime domeniche, l’attenzione si sta ponendo sulla “qualità interiore” del rapporto con Dio, distogliendoci dal dare troppo peso all’esteriorità, all’apparenza. Un graduale divenire che ci ha permesso, guidati dalla Parola di Dio, di comprendere che la fede è un’esperienza che chiede di essere sempre alimentata (2 ottobre, i discepoli chiedono di accrescere la loro fede); chiede una buona dose di gratitudine (9 ottobre, guarigione dei dieci lebbrosi, ma uno solo viene guarito e salvato perché grato); come capita in ogni relazione, chiede una santa insistenza (16 ottobre, la vedova che reclama suo diritto); e verità con se stessi (23 ottobre, fariseo e pubblicano al tempio).
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In tutto questo, ciò che conta è il punto di partenza, il da dove si guarda la vita, come ci ricorda il testo della Sapienza nella prima lettura odierna: “Tu ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa non l’avresti neppure formata”. Per capire l’agire di Dio, l’agire di Gesù dobbiamo partire da qui: se una cosa esiste, è perché Dio l’ha voluta. Se io, tu, noi tutti esistiamo, è perché Dio ci ha voluti. Qui nasce la gioia che poi il salmo esprimerà nel suo canto: “Benedirò per sempre il nome del Signore… buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. Solo se partiamo con questo atteggiamento, allora cominceremo a capire l’agire di Dio.
1-3: “In quel tempo…quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura”.
Gerico, la più antica città di cui si hanno notizie, appare in molti passaggi della Bibbia. Per la sua configurazione geografica – 258 metri sotto il livello del mare – assume un forte significato spirituale-simbolico, come si evince anche dalla parabola del buon Samaritano (Lc 10,25ss): “Da Gerusalemme a Gerico”. È un percorso in discesa, come in discesa è il percorso che porta da Dio al male. Gerico ha questa valenza negativa: per il suo posizionarsi “sotto”, per i “briganti” che assalgono le carovane… In questo contesto emerge Zaccheo, del quale l’evangelista evidenzia alcuni tratti. È pubblicano, quindi non ben visto dagli ebrei, perché i pubblicani erano gli esattori dei tributi che i Giudei dovevano pagare all’Imperatore romano, e già per questo motivo erano considerati pubblici peccatori. Per di più, approfittavano spesso della loro posizione per estorcere denaro alla gente. Per questo Zaccheo era molto ricco, ma disprezzato dai suoi concittadini. Ed è pure “capo” di questa categoria. Una serie di dettagli per definire pesantemente la sua condizione rispetto al popolo.
4-10: «4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. 9Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Prima di tutto Zaccheo “corre avanti” e, data la sua bassa statura, sale su un albero. Nonostante la sua condotta di vita, la sua fama di ladro e sfruttatore, c’è in lui il desiderio/curiosità di bene, di verità, di gioia… C’è il desiderio di Gesù. Ma mentre Zaccheo cerca di vedere Gesù, si ritrova cercato da Lui. E pure chiamato per nome: “Zaccheo, scendi subito…”. Non lo rimprovera, non gli fa una predica; gli dice che deve andare da lui: “deve”, perché è la volontà del Padre. Nonostante le mormorazioni della gente, Gesù sceglie di fermarsi a casa di quel pubblico peccatore.
In questa scena troviamo alcune istantanee che meritano attenzione. Gesù “guarda” Zaccheo, e quindi lo riconosce, non passa oltre, gli dà attenzione. Poi gli “parla”: è interessante notare che mentre Gesù parla con Zaccheo, gli altri parleranno “di” Gesù, ma non con Lui! Zaccheo, come evidenziato nell’introduzione, non essendo ben visto, evitava di guardarlo, di parlargli, di soffermarsi con lui. Gesù, invece, è colui che “guarda” Zaccheo, gli da attenzione, lo riconosce. Lo “chiama per nome”, cosa che invece gli altri non facevano, etichettandolo semplicemente come “pubblicano”. Per Gesù, invece, Zaccheo è figlio di Abramo, come dichiarerà alla fine (Lc 19,9), quindi erede della promessa. O, recuperando il testo della Sapienza della prima lettura, Dio non si è pentito d’aver creato Zaccheo! Infine Gesù “entra “nella sua casa, ovvero condivide la sua vita, crea intimità, gli diventa amico: Gesù si espone per Zaccheo. E il sentirsi cercato, visto, chiamato, onorato… porta Zaccheo a maturare la conversione, il desiderio di cambiare vita, di amare come lui si è sentito amato.
Restituisce ai poveri quanto rubato: non solo nella logica della giustizia, ma molto di più. Straborda d’amore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai po veri…”. Un gesto che sarà sigillato dalle parole di Gesù: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza”. Fino a quel momento Zaccheo si è misurato con i suoi beni, ma dopo quell’incontro ha compreso che lui vale molto di più di quanto fa apparire. Lui vale perché cercato, amato da Dio. Lui vale perché, in Gesù, è figlio di Dio continuamente atteso e cercato. Zaccheo ha compreso che la sua vita non coincide col peccato che ha commesso. La sua vita è molto di più. Gesù ha aperto gli occhi a Zaccheo: la sua vita è bellezza, è verità, è speranza… prima che miseria. “Gesù è venuto a cercare chi era perduto…”. Zaccheo si è lasciato trovare, e così in lui e con lui anche noi siamo chiamati a lasciarci cercare e trovare! A volte il nostro amore vero è ingabbiato dentro logiche miopi, dentro i nostri peccati, dentro le nostre miserie…
Solo l’incontro vero con Gesù può liberarci da tutto questo, ci aiuta a ritrovarci. Possiamo dire che l’incontro con Gesù permette all’uomo Zaccheo di ritrovarsi pienamente come uomo. Gesù svela in questo modo che Dio è venuto per “salvare tutti gli uomini” (cfr 1Tm 2,4), non alcuni. Le sue scelte rompono col modo di pensare del suo tempo ma anche di questo tempo, perché ieri come oggi c’è sempre chi mormora e definisce Gesù “un mangione e un beone, amico dei pubblicani e peccatori” (cfr Lc 7,34); o, come dice il testo, “tutti mormoravano… è andato ad alloggiare da un peccatore”!
Ma c’è anche un altro dettaglio: Gesù non aspetta che Zaccheo si converta per andare a casa sua, ma va quando lui è ancora un pubblico peccatore! La conversione, il cambiare vita viene dopo che si ha fatto esperienza di Gesù, dopo che Lui è stato “a cena” con noi. A dimostrazione che i sacramenti non sono il premio per i bravi, ma la forza per i peccatori! E questo vale ancor di più per i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Se non si viene attrezzati, sostenuti…come si può affrontare il cammino e la battaglia della vita? I sacramenti della santificazione sono quelli del matrimonio e dell’Ordine: questi vanno soppesati e uno deve dimostrare di essere consapevole di quanto chiede.
Ma i primi tre (battesimo, cresima, eucaristia) sono i sacramenti dell’iniziazione, degli inizi. È il Signore che dice a ciascuno “Devo fermarmi a casa tua”: il Signore Gesù bussa alla porta della nostra vita, ci vede, ci chiama…si interessa di noi anche se ancora peccatori…e solo stando con Lui potremmo cambiare. È stato per Zaccheo, è così per ciascuno di noi, perché questo è lo stile di Dio: “Quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi” (Rm 5,6). Non ha mica aspettato che cambiassimo prima!
È lo sguardo misericordioso di Gesù che porta Zaccheo a guardare se stesso in modo nuovo, a vedersi e vedere gli altri con uno sguardo d’amore e di rispetto. Qui nasce la conversione, la condivisione dei beni… Zaccheo è reso partecipe della gioia della salvezza. In Zaccheo, Gesù svela ancora una volta il forte rischio che fermarsi all’apparenza è un registro ingannevole. Sia per quando riguarda il giudizio verso gli altri, sia verso se stessi. Perché può capitare che noi per primi siamo rigidi nel valutarci, dimenticando che il solo fatto di esistere è questione che riguarda Dio: Lui ci ha voluti, e non per sbaglio! Dio non si lascia condizionare dai pre-giudizi, ma è capace di cogliere l’anima da salvare, ed è attratto soprattutto da quelle che si considerano anime perdute. In Zaccheo, ciascuno è così chiamato a “lasciarsi guardare” dal Signore, ma altresì a imparare a guardarsi in modo nuovo, non secondo la logica del mondo, ma secondo la logica di Dio. Il Signore Gesù è già nella casa del nostro cuore, si è già compromesso per me e ciascuno di noi morendo in croce per la nostra salvezza. Si tratta solo di prenderne coscienza. Di crederci! E di fare altrettanto! (cfr buon samaritano, “Va’ e anche tu fa lo stesso”, Lc 10,37).
Il commento al Vangelo di domenica 30 ottobre 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.