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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 29 Settembre 2024

Domenica 29 Settembre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 9,38-43.45.47-48

Domenica scorsa, lungo il cammino che da Cafarnao porta a Gerusalemme, Gesù aveva portato a galla  quanto aleggiava nei cuori dei discepoli: «Avevano parlato su chi fosse il più grande…», dimostrando sì che  Lo seguivano, ma nello steso tempo non “stavano dietro a Lui” con tutto il cuore, la mente, l’anima e le  forze (cfr Dt 6,4); continuavano invece a coltivare dinamiche umane, soprattutto la tentazione del potere.  Oggi il vangelo ci presenta un’altra tentazione, quella dell’esclusività, del ritenerci unici/esclusivi/insostituibili.  

Continua dopo il video.

E’ una mentalità che imprigiona in una pura logica terrena e porta a inevitabili disguidi, come emerge dai  testi odierni, a cominciare dalla I lettura tratta dal libro dei Numeri, che offre la chiave della lettura tematica del vangelo. Mosè sentiva che la responsabilità che il Signore gli aveva affidato era troppo gravosa per lui solo, così cominciò a implorarlo per avere un aiuto. Dio allora gli disse: «Radunami settanta uomini tra gli  anziani… Io scenderò e parlerò loro; toglierò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro, e porteranno insieme  a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo» (Nm 11,16-17).

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«Erano rimasti due uomini  nell’accampamento… E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla  tenda. Si misero a profetizzare… Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè disse: “Mosè, mio signore, impediscili!”.  Ma Mosè gli disse: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore…”». Giosuè è ancora  giovane e in questo frangente dimostra ancora immaturità, ancor più di fronte alla risposta di Mosè, il quale  si augura che tutti possano divenire profeti! Una immaturità dovuta al fatto che la legge di Dio ancora non  abitava in pienezza nel suo cuore, tanto che la liturgia ci farà rispondere a questo testo con il canto del  salmo 19: «La legge del Signore è perfetta… dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere».  Con questa chiave di lettura, legata all’immaturità, all’accecamento dovuto all’orgoglio di sentirsi migliori  degli altri o appartenenti a una élite privilegiata, entriamo nel testo del vangelo. 

vv. 38-41: «Giovanni gli disse: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e  volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. Ma Gesù disse: “Non glielo impedite, perché non c’è  nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è  per noi». Interessante notare che Giovanni (cf. Mc 1,16-20, sarà presente anche alla Trasfigurazione, Mc 9,2), non dice  “Ti seguiva”, ma usa la particella “Ci” seguiva, a rimarcare la differenza tra “noi” e “loro”. Giovanni,  probabilmente a nome degli altri, manifesta così una certa intolleranza verso coloro che non facevano parte  del “gruppo”. Gesù risponde con un detto abbastanza diffuso in quel tempo nel mondo rabbinico: “A chi si  è fatto del bene, non si fa subito dopo del male”.  

vv. 42-50: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli  venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo,  tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella  Geenna… Se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo… E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo,  gettalo via…».  

Il verbo “scandalizzare” ritma i singoli versetti e li lega uno con l’altro. I “piccoli” non sono solo i bambini,  ma ogni “escluso”, il quale non deve essere ingannato a tal punto da rischiare di essere condotto a rinnegare  la fede. Le immagini così scioccanti – tagliare la mano, cavare l’occhio…-, fanno parte del comune  linguaggio di quel tempo e di quell’area, dove erano soliti esprimersi per paradossi. Non vanno cioè prese  alla lettera, ma è una modalità di linguaggio iperbolico attraverso la quale si mira a scuotere gli spensierati.  Gesù, di fronte alla reazione dei discepoli, reagisce con un discorso duro, “paradossale” appunto, cercando  ancora una volta di far capire a loro che lo “stare dietro a Lui” chiede di aderire al suo messaggio, al suo  modo di pensare, amare, agire. 

Gesù sta continuando il cammino verso Gerusalemme insieme ai suoi discepoli, ma il clima comunitario  non è pacifico. Egli fa annunci della sua passione e i discepoli non capiscono, o si ribellano, come Pietro (cf.  Mc 8,31-33). Quando, in assenza di Gesù, viene chiesto ai discepoli di guarire un ragazzo epilettico, forse  giudicato posseduto da uno spirito impuro, essi si mostrano incapaci di liberarlo dalla malattia (cf. Mc 9,14- 29); infine, i Dodici si mettono a discutere su “chi tra loro fosse più grande” (Mc 9,34, domenica scorsa).  

Come dicevamo domenica scorsa, lungo il cammino da Cafarnao a Gerusalemme (200 km) Gesù educa i  suoi: questo percorso è simbolo del cammino della vita di ciascuno di noi, ed è molto più lungo di 200 km,  perché si tratta di passare dal “pensare secondo gli uomini” al “pensare secondo Dio” (Mc 8,27-33; Is 55,8, I miei  pensieri non sono i vostri pensieri). In fondo Giovanni, nel chiedere di impedire a una persona di fare del bene  scacciando demoni, manifesta – a nome del gruppo – l’ardore/l’amore/l’attaccamento per il suo Maestro,  ma nello stesso tempo svela la sua e loro gelosia. Come a dire, “non è dei nostri”. Gelosia che in fondo dice  che il “gruppo” si ritiene “esclusivo” (cfr intervento di papa Francesco alla Diocesi di Roma ad apertura dell’anno pastorale  dedicato al cammino sinodale, 2021-22). 

Ciò che infastidisce i discepoli non è tanto il fatto che quella persona scacci demoni, ma il fatto che “non  seguiva loro”, non era dei loro! Come se per vivere il vangelo servisse il loro permesso! Dinamiche che colgo  anche in me, in ciascuno di noi… e anche nella Chiesa stessa. Dinamiche che avvelenano il clima creando  divisioni e opposizioni, oggi ancor più amplificate e distorte dai mezzi di comunicazione. Come non pensare  ai momenti in cui giudico gli altri o la realtà con la granitica certezza di avere la verità in tasca,  permettendomi di stabilire chi appartiene e chi non appartiene alla vera Chiesa! Dimenticando anch’io,  come i discepoli, che solo Gesù è il Signore di tutta la Chiesa e solo lui conosce i suoi (cf. 2Tm 2,19). 

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E se un tempo c’erano i Dodici, oggi ci sono i “cristiani/praticanti non credenti” che con il loro atteggiamento  ricordano da vicino il rimprovero che Gesù fa ai farisei: “Guai a voi, scrivi e farisei ipocriti, che chiudete il regno  dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono  entrarci” (Mt 23,13). Accade, a volte, che chi dovrebbe fare da guida, favorire il cammino per entrare nel  Regno, è invece proprio colui che lo impedisce, perché accecato da orgoglio e gelosia, spirito di esclusività. 

Gesù, così come Mosè nella prima lettura, insegna invece a lasciare operare lo Spirito, il quale “Soffia dove  vuole” (Gv 3,8): non possiamo lasciarci guidare da una sorta di “esclusivismo”, come se noi fossimo tutti  perfetti, anche perché arriverà il giorno in cui ci presenteremo davanti al Signore e ci saranno tante  sorprese: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza… Non vi conosco!” (Lc 13,26-27). Gesù educa dunque i  suoi discepoli, e in loro educa me e ciascuno di noi. Non si tratta tanto di domandarci se uno è o non è dei  nostri, ma si tratta di restare ancorati alla Parola e allora la domanda giusta sarà: “Sono io, siamo noi di  Cristo?” (cfr 1Cor 3,22-23). E questo chiede di pensare come Lui, di avere i suoi modi… per evitare di essere sale  insipido (cfr Mc 9,50). Identificarsi con Gesù significa riconoscere che basta dare un bicchiere d’acqua nel suo  nome è già si fa parte con Lui!  

Essere motivo “di scandalo” con i nostri peccati, le nostre fragilità, la nostra arroganza, la nostra ambizione  di scalare posizioni magari sulla pelle degli altri… di questi scandali ciascuno – io, noi tutti – dovremmo un  giorno rispondere, perché “Nessuno viene a me se il Padre non lo attira” (Gv 6,41-59). Non possiamo  dimenticare che dietro a ogni persona che desidera incontrare in qualsiasi modo Gesù, c’è sempre la forza  attrattiva del Padre, e chi sono io, tu… noi per porre ostacoli?! Sono o siamo forse migliori?! Se uno ha fatto  esperienza di amore, di misericordia… chi sono io per fermarlo nel narrare con la vita e la parola le grandi  cose che Dio ha fatto in lui e per lui? Forse il mio appartenere al Signore è motivo di merito personale o non  è frutto della grazia di Dio?  

Dentro a quelle immagini così paradossali, Gesù vuole farmi e farci capire che talvolta estirpare ciò che si  oppone al suo messaggio in noi, è doloroso, ma sempre meno di quello che potrebbe capitarci al termine  del cammino della nostra vita. Gesù educa al suo pensare, a tener conto che “Dio ci ha amati per primo” (cfr  1Gv4,19). Allora “mani, piedi, occhi…” hanno senso se sono a servizio di Gesù, se indicano lui come unico  Maestro da amare e servire. Altrimenti non hanno ragione di esistere, meglio che non ci siano. Ciò che viene  prima di tutto non siamo noi, ma è Lui. Questo chiede di tornare sempre al “nostro posto”, “dietro a Lui”:  la tentazione per la quale Pietro è stato rimproverato da Gesù (Mc 8,33) ritorna continuamente… e chiede vigilanza. E nell’indicare “mani, piedi, occhi…” Gesù ci suggerisce anche che i mali non sono sempre fuori  di noi, non sono sempre causati degli altri… ma sono anche miei, io ne sono la causa. Così concreti e vicini  che sono “la mia mano, i miei piedi, i miei occhi…”. Sono chiamato a riconoscerlo e a gettare tutto nel cuore  misericordioso di Gesù. Se la tua mano ti è di scandalo, tagliala! Cioè cambia: offri un bicchiere d’acqua a  uno dei più piccoli! Gesù non chiede cose straordinarie, ma punta a semplificarmi la vita, a renderla più  facile: “Avevo fame, sete…” (Mt 25). Piccoli gesti che dicono la mia/tua conversione, l’aver accolto l’invito  paradossale di Gesù! 

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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