Dopo aver meditato il primo annuncio che Gesù ha dato lungo le rive del lago di Galilea e quindi la chiamata dei primi discepoli, oggi la sua proposta diventa la “Magna charta” del vangelo: il discorso delle beatitudini. Il testo viene intro dotto dalla prima lettura tratta dal libro del profeta Sofonia: “Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra…cercate la sua giustizia”, “Cercate il Signore”, perché Lui solo è la chiave per capire l’esperienza dela vita. Affamati, ciechi, forestieri, orfani e vedove… voi, esclusi dalla società, messi ai margini dei benpensanti… voi tutti cercate il Signore, perché egli è il solo che rimane fedele, sono le parole del salmo con le quali canteremo l’amore fedele di Dio. Nessuno è e sarà mai dimenticato. E le parole di Gesù nelle affermazioni delle beatitudini confermano questa speranza, la promessa di una vita “felice”, “bella”, “beata”. Una gioia che non sta tanto nell’essere poveri, miti, afflitti… Gesù non è un masochista che cerca di farsi e farci del male! Ma la gioia è descritta nella seconda parte di ogni beatitudine, ossia sta nella promessa del dono che Dio fa a quanti accettano quella determinata esperienza.
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Possiamo dire che nelle otto beatitudini presentate dall’evangelista Matteo troviamo otto strade per fare esperienza di Dio. Non sono strade del mondo, ma strade di vangelo, di bella notizia, di verità, di vicinanza di Dio. «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. La povertà di spirito è l’accettazione di essere mendicanti d’amore, di riconoscere che la ricchezza più grande è Dio stesso. Si tratta di coltivare la capacità di riconoscere tutto utile ma nulla necessario (cfr 1Cor 10,23). È una libertà interiore che – come ricorda la lettera a Diogneto – porta a rico noscere che “…Ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera”. Non è dunque la “po vertà” in sé quella che rende felice, ma il fatto che questa condizione è premessa perché sia tuo il regno dei cieli! Qui sta la gioia!
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“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”. Il pianto – quello non capriccioso – è sempre momento di grazia e di sapienza. È un dono. Dio stesso lo ha permesso nel creare l’uomo, perché il pianto è una parola, è un “dire” quello che provi dentro. E in quel dire, sfoghi la tua fatica, la tua amarezza. La beatitudine non sta nel “piangere”, ma nel sapere che Dio sarà colui che ti consolerà. Dio consola il suo popolo.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. La mitezza, altra strada indicata dal Signore Gesù, aiuta a coltivare la pazienza verso gli altri, ad accettare che non serve imporsi con forza sulla libertà altrui. La mitezza è esperienza che permette di soffocare l’aggressività o la pretesa di voler sempre avere ragione. Può apparire sconfitta agli occhi degli uomini, ma è l’unica garanzia per ereditare la terra. Non vale la pena scannarsi per conquistare un pezzetto di gloria se poi si perde la terra del Cielo.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Avere fame di giustizia significa riconoscere di non essere giusti; di ammettere che non tutto quadra nei miei pensieri, nei miei sentimenti. Significa sapere di essere peccatori e di avere bisogno della giustizia di Dio che è misericordia. La fame di verità, di amore, di giustizia, di pace… solo Dio può saziarla fino in fondo. Coltivare questo atteggiamento ci porta a metterci alla pari degli altri, a non sentirci giusti a tal punto da imporre esclusivamente la “nostra verità”.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. L’essere misericordiosi, attenti agli altri, anche nelle loro fragi lità e difficoltà, è garanzia per fare esperienza della misericordia di Dio. Noi che siamo “misericordiati” da Dio non pos siamo che fare altrettanto. E farlo non una volta, ma “fino a settanta volte sette”, come Dio fa con noi! (Mt 18,20). Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Il cuore è ballerino, è viziato: va dove vuole e ti porta a fare ciò che vuole. Ecco perché non bisogna andare dove ti porta il cuore, ma portare il cuore dove deve andare. È un esercizio continuo: la purezza di cuore è saperlo sintonizzare con la voce di Dio, oltre tutte le interferenze di altre voci che tentano di im porsi. Tale impegno permette di vedere Dio, qui ed ora, in attesa di vederlo faccia a faccia nel regno dei cieli. Ma già qui si può fare tale esperienza che si rifletterà sui nostri volti: “I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia, perché ho sperato nella tua parola” (Sal 119,74).
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. La pace è frutto dello Spirito, non di un semplice impegno umano: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace…” (Gal 5,22ss). è il segno che contraddistingue gli amici del Signore. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la da’ il mondo io la do a voi” (Gv 14,27). Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Il perseguitato è il ricercato, colui che viene escluso dalla società. È colui che viene tenuto fuori dal “centro del mondo”: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno… sarete traditi… uccideranno alcuni di voi… sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,12-19). La giustizia di Dio invece è inclu sione, è misericordia: è nell’amore che Gesù ci recupera, come ha fatto con Pietro dopo la risurrezione (cfr Gv 21). Per questo alla fine ci sarà la ricompensa, il regno dei cieli. Tutto è effimero, solo Dio resta. E noi restiamo con Lui. Per sempre.
Questa è la bussola che deve guidare il nostro agire quotidiano, ci ricorda Gesù. Stiamo muovendo i primi passi di questo tempo ordinario della liturgia che è specchio e misura del cammino della vita. Partendo dalla Grotta di Betlemme, siamo ora chiamati, come i pastori e i magi, ad annunciare la gioia di questo Avvenimento. A farlo non a parole, ma con la vita, con le scelte quotidiane. Ma per farlo è necessario tenere bene a mente il perché lo facciamo e ancor prima per Chi lo stiamo facendo. Nella I domenica di Avvento c’è stato ricordata la Meta verso la quale siamo in cammino, il Cielo. Il Bimbo di Betlemme che abbiamo contemplato nella notte di Natale è venuto a indicarci con Verità la Via che conduce alla Vita (cfr Gv 14,6). Nel proporci oggi queste otto vie, Gesù non fa un discorso cattedratico. La sua è una proposta di vita, è Parola di Vita eterna quello che dice e propone. Questa Parola è Gesù stesso! Se Gesù ci chiede di essere miti, misericordiosi, pacifici… è perché Lui per primo lo è stato. Questa è la ragione ultima. Gesù è Amore. Gesù è benevolo, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia… Gesù è Amore (cfr 1Cor 13). E noi siamo invitati a stare con Lui, dietro a Lui per fare come Lui, consapevoli che questa scelta è contro la logica del mondo: “«Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per chi crede è potenza, sapienza di Dio!» (1Cor 1,23-24). Ma Gesù stesso ce lo dice: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo… Chi perde la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (cfr Gv 12,24ss). Non dobbiamo temere la “concorrenza” del mondo! “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Alla fin fine il Signore Gesù oggi ci chiede: “Ti interessa questa proposta? Ti interessa questa vita piena che posso donarti? Accetti di stare con me, dietro a me per vivere come me? Accetti che il mio Natale che abbiamo appena ricordato e celebrato, sia l’inizio nuovo per la tua vita?”. Le beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarci dai falsi valori del mondo e aprirci ai veri beni, presenti e futuri. Oggi per molti la “vita beata” è fare quello che si vuole, mentre il Signore ci ricorda che la vita beata è stare con Lui.
Forse anch’io, anche noi siamo oggi come Pietro, imbarazzati per tale proposta. Ma il Signore ci sceglie non perché perfetti, ma perché sa che lo amiamo. Lo ameremo anche in modo acciaccato, ma Lui sa che lo amiamo. A noi accettare di abbracciare la sua proposta d’amore per una vita vera. Piena. Felice. Beata.
Leggi qui la preghiera per domenica prossima.
Il commento al Vangelo di domenica 29 gennaio 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.