Continua il nostro cammino alla scuola della liturgia: domenica scorsa avevamo ascoltato i versetti 14-20 del primo capitolo di Marco; oggi riprendiamo dal versetto 21, e in questo modo cogliamo come la liturgia ci aiuta, di domenica in domenica, ad ascoltare – a puntate – un intero vangelo.
Il testo odierno, così avviene ogni domenica, viene preparato dalla prima lettura, oggi tratta dal libro del Deuteronomio, al capitolo 18 dal versetto 15 al 20. Vorrei però leggere il versetto 9 perché ci aiuta a capire meglio il testo: “Non imparerai a commettere gli abomini di quelle nazioni” (18,9). In questo versetto Dio invita il popolo a non seguire gli idoli e, per aiutare il popolo stesso ad assolvere questo comando – qui ci agganciamo al nostro testo -, Dio “susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me” (v. 15), capace di aiutare il popolo a comprendere la Parola.
v. 21: “Giunsero a Cafarnao”: l’evangelista contestualizza la scena per aiutarci a creare la “situazione di luogo”, dettagli che suggeriscono che la “scena” non è una favola, ma è un fatto concreto e reale. Si tratta della città di alcuni suoi discepoli e qui Gesù da avvio alla predicazione.
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v. 21b: “Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava”: apparentemente non c’è nulla di strano in questo, in quanto il sabato è il giorno del riposo di Dio (cfr Gn 2,1-3), e ogni pio israelita partecipa al “riposo di Dio”. Gesù, il Figlio di Dio, si inserisce dentro la storia e la tradizione, ma lo farà in modo nuovo.
v. 22-23: “Erano stupiti del suo insegnamento”… “Insegnava come uno che ha autorità”: la gente è stupita non per la presenza di Gesù, quanto per il suo insegnamento, che “non è come quello degli scribi”. Il testo non dice cosa “insegni”, certo è che i presenti restano colpiti. Gesù parla “come uno che ha autorità”, si rivela convinto e convincente. Dice una Parola capace di “penetrare”, di incidere (cfr Eb 4,12ss), di portare allo scoperto e quindi di svelare i cuori. Chi è nella verità si stupisce e gioisce, chi è nell’ombra si vergogna e ha paura.
La Parola svela, crea vergogna/pentimento e conversione. E’ in questa capacità di smuovere la vita che la gente avverte la presenza di Dio, la novità qualitativa. L’autorità di Gesù è dettata dal fatto che non dice solo parole, ma qualcosa che è già “suo”, che gli “appartiene”, che porta nel cuore. Dice quello che è, è quello che dice. Un insegnamento capace di illuminare, di dilatare i cuori, di allargare le menti. Parole attraverso le quali Egli non intende solo un aprire le orecchie, ma tutta la persona.
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v. 23: “Uno spirito impuro”: si tratta di uno spirito non autentico, uno spirito ambiguo. Prima di procedere, è bene chiarire la parola “puro/impuro”, e inserirla nel suo corretto contesto: “Puro… a causa della parola che vi ho annunciato” (Gv 15,3). La “purezza”, ci dice l’evangelista Giovanni, risiede nell’orecchio, nell’ascolto obbediente della Parola. L’impurità alla quale si fa riferimento, quindi, riguarda la mancanza di ascolto e di custodia della Parola (cfr Mc 4,1-12 parabola dei terreni). E’ esperienza che rientra nella sfera “interiore”: quest’uomo che grida riesce a far convivere la sua “impurità” con l’ascolto della Parola in sinagoga, in quanto il dire/agire degli scribi e dei farisei è compromesso (cfr Mt 5,13: “se il sale perdesse il sapore…”; Lc 11,28: beati quelli che ascoltano la Parola…; Mt 7,21ss: saggio chi costruisce sulla roccia).
v. 24: “Che vuoi?… sei venuto a rovinarci…”: Chi si accorge della novità di Gesù è l’uomo posseduto dallo spirito impuro, che si sente minacciato nella sua “tranquilla ambiguità”. “Sei venuto a rovinarci?”: il plurale suggerisce che “sono molti” i demoni che ci possono invischiare e renderci impuri (cfr Lc 8,26-39, Legione, molti demoni). La “rovina” alla quale si fa riferimento è per quanti hanno progetti contrari al piano di Dio; è la rovina per quanti imprigionano e rovinano gli uomini: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti… segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (cfr Lc 2,34-35).
“Tu sei il santo di Dio”: è interessante notare che lo spirito impuro riconosce l’identità di Gesù, dice cose giuste, vere: Gesù è il Figlio di Dio. Il demonio “conosce” Dio e le cose di Dio (cfr Gn3, il serpente). Ed è proprio l’abile dialettica che permette a lui di stare anche nella sinagoga, a tal punto da neutralizzare i presenti fino a renderli innocui! “Non sei nè freddo né caldo” (Ap 3,15); “sei insipido” (cfr Mt 5,13ss). Il demone conosce tutto di Dio, come ha già dimostrato nelle tentazioni nel deserto (cfr Mc 1,12-13), ma gli manca l’aderire a Lui, l’accoglierlo come Signore: gli manca la fede; gli manca la “croce”, la sola che svelerà con tutta verità chi è veramente Gesù: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39).
v. 25: “Taci! Esci da lui”: Gesù non accetta il dialogo. Con il demonio il dialogo va subito bloccato, fermato: Eva cadrà nel tranello del serpente perché si porrà in dialogo con lui, dimenticando che il diavolo è la più astuta di tutte le creature (Gn 3,1). Gesù, nel deserto, si difenderà dal diavolo solo con la forza della Parola (Mt 4,1ss), riconoscendola “scudo e baluardo” (Sal 17). La verità zittisce la menzogna.
v. 26: “Straziandolo e gridando forte”: la liberazione non è mai un’esperienza tranquilla, perché il “demonio” non accetta di farsi sconfiggere, è duro da vincere, e ancor prima è duro da riconoscere.
v. 27: “Comanda… e gli spiriti impuri gli obbediscono”: l’insegnamento è nuovo perché “autorevole”, perché “liberante”. Parola e azione sono collegati in Gesù: dicendo fa, e facendo dice (cfr Gn 1: “Dio disse… e fu”). Criterio al quale ci aveva preparato il Deuteronomio nel cogliere il vero profeta (18,22). Farisei e scribi propongono parole, un insegnamento “opprimente”, che getta fardelli pesanti sulle spalle mentre loro non li muovono nemmeno con un dito (cfr Mt 23,4). La proposta di Gesù è “vangelo”, lieta notizia. Una novità talmente bella e gioiosa, che ci porta a unirsi al canto del salmista: “Ascoltate oggi la voce del Signore!… E’ Lui il nostro Dio, noi il popolo del suo pascolo… non indurite il cuore…”.
Ad un’attenta lettura il vangelo sta ponendo una domanda anche a me; mi sta provocando e forse infastidendo perché intacca quell’equilibrio “impuro” con il quale anche io ho imparato a convivere. Il Vangelo mi porta così a creare la mia “composizione di luogo” (cfr sant’Ignazio), a prendere atto che Dio entra dentro la mia storia concreta, non la storia creata dai miei sogni. In quest’uomo impuro descritto nel vangelo posso e possiamo specchiarci. Il credente che è in me è chiamato ogni giorno a convertirsi, a passare da una “vita religiosa” a una “vita di fede”.
Quando accetto – come dicevamo domenica scorsa – di mettermi in cammino “dietro a Lui”, devo accettare di lasciare le mie “sicurezze”. In questo percorso di conversione, ripenso anche alle mie “convinzioni/fissazioni” sulle quali ho costruito la mia “stabilità”; ma queste rischiano di immobilizzarmi, di trasformarmi in una sorta di “cristiano da museo” (con annessi riti da museo!), a tal punto da ribellarmi da ogni tentativo di proposta.
Una resistenza diabolica, spesso abilmente vestita dal “buon senso”, da “tradizione”, (“t” minuscola), “dal si è sempre fatto così”… ma che in realtà mi allontana dal mio posto, dallo stare “dietro a Gesù”(cfr Gv 6,68). Il Suo “narrare Dio”, infatti, non blocca né blinda, ma infiamma i cuori e smuove la vita… (cfr Emmaus, Lc 24,32 “Non ci ardeva forse il cuore mentre lui conversava con noi?”). Lo stupore della gente sta proprio qui: nel sentirsi infiammare i cuori e nel vedere guarigioni (cfr Dt v. 22; Mc 16,15-18: “questi i segni che accompagneranno quanti credono: scacceranno i demoni) Domenica scorsa dicevo che il nostro cuore è una sorta di “Galilea delle genti”, un campo dove convivono tante voci, tante dinamiche simili ma contrarie (grano e zizzania, Mt 13,24ss).
Forse anche noi abbiamo voci amiche ed esperte (secondo il pensiero del mondo!) che ci confondono, ci sviano… O voci che tentano di schiacciarci nei nostri sensi di colpa, dimenticando che Gesù ci ha salvati, che i suoi chiodi sono per noi “chiavi” per accedere al pozzo infinito della sua misericordia. Ebbene, forse mi e ci servirebbero le parole di Gesù: “Taci, esci da quell’uomo!”. Parole che richiedono silenzio per poter essere ascoltate.
Questo spiega ancor di più perché sono invitato a domandarmi: “Cosa anima il mio impegno di credente? Com’è la mia relazione con il Signore?”. Il mio è un cuore unificato o diviso perché ancora incapace di decidere quale padrone servire (cfr Mt 6,24)?
Un altro punto reputo importante. Ho o sto imparando da Gesù che con il demonio non si può e non si deve dialogare? So evitarlo in modo tale da non dargli attenzione, consapevole che lui è la più astuta di tutte le creature? (cfr Gen 3,6: “Il frutto dell’albero era buono… gradevole… desiderabile”. Il demonio non ti imbroglia frontalmente, ma ti “seduce”. Solo poi vedi le conseguenze! cfr 1Gv 2,12-17).
Questo dato che emerge dalla pagina evangelica è chiaro e sicuro: nella vita e nella storia, personale/sociale/ecclesiale, non c’è solo l’azione di Dio, ma anche l’azione del maligno/del male/del divisore. Non si può e non si deve sottovalutare questo, anche perché significherebbe cadere nel tranello stesso del diavolo, illusi che non esiste e che tutto vada bene: “Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo… Ora se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (Rm 7,14ss).
Un esercizio che non sarà mai facile, sarà “lotta”, perché il demonio che c’è in me non è intenzionato a lasciarmi con tanta facilità, come emerso nel brano evangelico. Il cammino di “purificazione”/“semplificazione” è e sarà sempre una lotta, a cominciare dal riconoscerlo presente nel mio cuore e nella mia vita (cfr Mt 13,24, grano e zizzania); non dobbiamo spaventarci o meravigliarci di questo.
Anche a Pietro è capitato, a tal punto che Gesù gli dirà: “…Va dietro a me, satana, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33). Abbiamo sempre bisogno che la Parola di Gesù porti allo scoperto la nostra “ambiguità”, la nostra “impurità”; perché ci rimetta al nostro posto nel cammino della vita, “dietro a Lui”, sapendo che tutto questo è un combattimento, che si potrà affrontare e vincere solo con la forza della Parola, l’aiuto dei Sacramenti, la gioiosa e sincera compagnia di amici spirituali. Male non fa giocare d’anticipo, magari con la supplica, guarda caso denominata proprio “preghiera del cuore”: “Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”(cfr Lc 18,35).
L’autorità di Gesù sta nella sua coerenza tra il dire e il fare. A tale riguardo papa san Paolo VI diceva: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. Una testimonianza che chiede di essere vissuta, mostrata dentro la vita quotidiana, nella “mia” Cafarnao, lì dove vivo, lavoro… capace di svelarsi, ricorda papa Francesco, come “santità della porta accanto”.
C’è un dato che secondo me emerge con chiarezza: l’uomo “impuro”, a differenza di Gesù, non ha preso a cuore la Parola perché non ha preso a cuore Dio. Gesù ha preso a cuore la volontà del Padre suo: “Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato” (Gv 6,38). Un’obbedienza – ascolto che si fa adesione – e che troverà il suo momento culminante quando Gesù si consegnerà e morirà in croce, dove verrà riconosciuto dal centurione: “Veramente questi era il Figlio di Dio” (Mt 27,54).
Mc 1, 21-28 | don Andrea Vena 83 kb 9 downloads
IV domenica del tempo ordinario, anno B Dt 18,15-20 Sal 95 1Cor 7,32-35 Mc 1,21-28 a…Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.