don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 27 Febbraio 2022

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Cosa dice la Parola/Gesù

Celebriamo oggi l’ultima domenica del Tempo Ordinario prima di introdurci nel “tempo forte” della Quaresima, che avrà inizio mercoledì 2 marzo con il rito dell’imposizione delle Ceneri. Il Tempo Ordinario riprenderà al termine del “tempo forte di Pasqua” che si concluderà con la Pentecoste.

Il testo del vangelo riprende lì dove lo abbiamo lasciato domenica scorsa, quando Gesù ha invitato ad amare i nemici. Dopo il brano delle beatitudini (due domeniche fa) e dell’amore dei nemici (domenica scorsa), oggi Gesù ci mette  in guardia dal ritenere che la sua Parola sia sempre rivolta agli altri e mai proprio a noi stessi. E se vuoi capire la coerenza-solidità di una persona, falla parlare: è un ottimo “banco di prova”, ricorda il Siracide nella prima lettura: Quando un uomo discute, ne appaiono i difetti… il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo… Non lodare nessuno prima che abbia parlato…”. È nel parlare che si rivela la verità dell’uomo (cfr Pr 10,6ss: “Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza…Sulle labbra dell’intelligente si trova la sapienza…) Quindi, piuttosto che parlarsi addosso o esercitare la professione di “maestrini” sempre pronti a puntare il dito verso gli altri, forse è meglio battersi il petto, è meglio “rendere grazie al Signore e cantare al suo nome…”, ci fa cantare il salmo.

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39-40: “Disse loro anche una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro”. 

Ciechi che conducono altri ciechi: era un detto già conosciuto nella cultura greca, ma usato raramente. Chiunque desidera condurre gli altri devi assicurarsi di sapere dove va e come arrivarci. Si tratta di un avvertimento contro i falsi profeti, i quali si sentivano superiori a tutti gli altri, dimenticando che uno solo è il Maestro, il Cristo (cfr Mt 23,10). Ma il testo esprime anche un incoraggiamento a coltivare un’adeguata preparazione che si situa non tanto nell’ambito del “sapere” quanto nello stare nel e col Signore Gesù: “ Principio della sapienza è il timore del Signore, e conoscere il Santo è intelligenza” (Pr 9,10). “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Saggio l’uomo che non segue il consiglio dell’empio (cfr Sal 1) e sa puntare su ciò che veramente conta: “Tu dici, sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Ap 3,17).

41-42: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Attraverso l’esempio della pagliuzza e della trave Gesù invita a interrogare se stessi prima di giudicare e correggere gli altri. Troppo facile puntare il dito verso gli altri perdendosi “in pagliuzze”, quando prima ci sarebbe da togliere la “trave” dal proprio occhio! Il saggio – ricorda la prima lettura – è colui che si riconosce dal suo parlare e ancor più quando è l’esemplarità della sua vita che “parla”.

43-45: “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

In queste immagini contrastanti – buono-cattivo, fichi-spini, uva-rovo – sono custoditi alcuni dettagli. Fichi e Uva rappresentano i frutti con i quali l’Antico Testamento indicava il segno della Terra Promessa (cfr Nm 13,18-23: “Osservate che paese sia…giunsero nella valle di Escol, dove tagliarono un grappolo d’uva, che portarono con in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi…è davvero un paese dove scorre latte e miele”). Spini e rovi, invece, sono il simbolo della conseguenza del peccato: “Spine e rovi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi” (Gn 3,18). Dal cuore nascono i propositi malvagi, ricorda Gesù: ecco perché il vangelo invita a ritornare in se stessi per verificarsi, prima di puntare il dito sugli altri (cfr Mc 7,21). Un modo per dire che dato che le parole (e la vita ) di un uomo sgorgano dal cuore, questo è bene custodirlo ed educarlo perché produca frutti buoni e abbondanti.

Cosa dice a me oggi la Parola/Gesù

Ancora una volta il Signore mi e ci raggiunge attraverso la sua Parola e, in un certo senso, completa il profilo del discepolo. Prima di domandarci cosa questa Parola ci sta dicendo, vorrei che ci soffermassimo per un istante a riguardare al cammino compiuto, per fare una sorta di sintesi, per riordinare “lo zaino” della vita e avventurarci con passo più spedito nel cammino quaresimale, ricchi di questo primo contributo che ci ha offerto il cammino della liturgia.

Il Natale ci ha fatto incontrare Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per noi; di fronte a Lui poveri e ricchi, semplici e sapienti sono in adorazione. Per far sì che nessuno si sentisse fuori posto di fronte a Lui, si è messo Egli pure in fila con i peccatori – Lui che era senza peccato – per ricevere il battesimo da Giovanni Battista  (I domenica, 9 gennaio). Nel segno dell’acqua trasformata in vino, si è manifestato quale Signore capace di trasformare l’acqua della monotonia nella gioia di una vita vissuta in Lui (II domenica, 16 gennaio). In sinagoga non solo ha proclamato che la Parola dei profeti si è adempiuta in Lui, ma che noi tutti siamo “l’oggi di Dio” per questo tempo della storia (III domenica, 23 gennaio), anche se poi questa “novità” non tutti sanno riconoscerla e accoglierla, perché illusi di poter valutare il Signore in base alle sole nostre categorie (IV domenica, 30 gennaio). Ci ha mostrato anche che Lui non si arrende di fronte a quanti ritengono di avere la verità in tasca, e va lui stesso lungo le rive del lago trasformando la barca di Simon Pietro in un nuovo “ambone” da dove annunciare la Parola,  suscitando ammirazione e fiducia: così, se gli uomini della sinagoga non compresero la novità, questi poveri pescatori si sono dimostrati più saggi, tanto da prendere il largo e gettare le reti sulla Parola di Gesù (V domenica, 6 febbraio). Ed è proprio con questi primi discepoli, accanto a molta folla, che Gesù presenterà le beatitudini, il sogno di Dio su ciascuno di noi, il nostro identikit per una vita felice-realizzata (VI domenica, 13 febbraio): una beatitudine che chiede di passare attraverso l’esperienza dell’amare tutti, anche i nemici, perché questo è lo stile di Dio (VII domenica, 20 febbraio). Ed è questo il modo con il quale costruire vera fraternità, mostrandoci discepoli del Maestro, amici della Via (cfr At 19,23): nessuno è più grande dell’altro, ma siamo fratelli invitati ad aiutarci vicendevolmente.

Questo riassunto ci permette di cogliere il disegno d’insieme che emerge dalla Liturgia e ci suggerisce che ogni tassello si inserisce in un progetto più ampio, a cogliere il profilo del credente, il DNA del nostro essere cristiani.

Finché sono/siamo sempre pronti a guardare “la pagliuzza che è nell’occhio del fratello”, non andiamo lontani. Siamo guide cieche, ci ricorda Gesù. In fondo è facile – ancor più per noi credenti praticanti! – rischiare di fare da maestrini nei riguardi di coloro che magari non partecipano alla Domenica, o che conducono una vita non sempre in sintonia. Pronti a condannare i difetti degli altri, nascondendo i nostri; bravi a essere di manica stretta nel giudicare gli altri, ma di manica larga nel giudicare i nostri atti; duri con gli altri, indulgenti con noi stessi. Insomma, ce n’è per tutti! Così oggi il Signore ci aiuta a fare una pausa offrendoci le coordinate per un sano esame di coscienza. Per domandarmi e domandarci quanto il nostro sguardo è limpido o quanto invece non sia ostacolato dalla “trave” della superbia, della doppiezza di vita, del sentirci superiori, del mio titolo di studio, della mia posizione…E finché puntiamo il dito, finché giudichiamo gli altri… vuol dire che ancora non abbiamo compreso che noi dipendiamo dalla Misericordia di Dio, la sola che ci rende “figli dell’Altissimo”, e quindi tra noi fratelli!

Ma per capire ancora di più questo passaggio, ripensiamo alla parabola di Gesù riportata in Matteo: devo educarmi ad essere più attento ai diecimila denari condonati a me che essere preoccupato dei 100 denari che l’altro mi deve (Mt 18,23ss). Ricordiamoci che “con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi in cambio” (Mt 7,2). Non è sulla “critica”, sul “giudizio” che costruisco relazioni, ma sull’amore, sulla correzione fraterna, sulla sollecitudine vicendevole… partendo dall’unica e comune verità: Dio ci ha amati per primo, e ci ha amati quand’eravamo ancora peccatori! Se Lui così, io quando?

Riprendendo le immagini proposte da Gesù – uva, fichi, rovi, spini – forse possiamo domandarci: chi mi accosta cosa raccoglie dalla relazione con me? Rovi e spini, quindi conseguenze del mio peccato capaci solo di deludere, ferire, allontanare, offendere…? Oppure uva e fichi, ossia relazione d’amore, di rispetto, di comprensione, di misericordia, di verità?

Per capirlo non posso pensare di valutarmi da solo! Necessito del confronto con la Parola, del confronto col Confessore,  del confronto con quanti il Signore stesso mi pone accanto e mi aiutano a crescere verso il Cielo. Sì, perché devo essere comunque vigile nell’evitare chi potrebbe condurmi per altre vie, lontane dalle cose del Padre del Cielo.

Uva, fichi, rovi, spini non sono solo “frutti” dovuti alle azioni quotidiane, ma prima ancora delle nostre parole: l’uomo giusto si misura dal suo parlare, diceva il Siracide (cfr Pr 10,6ss). Domandiamoci allora se il nostro parlare, discorrere con gli altri, anche attraverso i social, è un parlare sapiente o insipiente. Domandiamoci se nel nostro discorrere – anche sui social – mi o ci perdiamo in pettegolezzi inutili o se invece concorriamo nell’edificarci a vicenda con verità e carità, nelle opere buone, nelle cose che riguardano Dio… oppure… (cfr Eb 5,1; Eb 10,24). Sempre attuale, a proposito, la massima su san Domenico il quale “parlava di Dio o con Dio”. E io?

Per far sì che la mia vita sia un sano terreno dove far crescere frutti buoni – pur consapevole della zizzania che il nemico puntualmente semina nelle pieghe del mio cuore e dei miei pensieri (cfr Mt 13,24-30) – devo imparare a custodire il terreno della vita nella preghiera, nell’adorazione di Colui che è il Solo Maestro, Gesù. Devo imparare ad alimentarlo accostandomi ai sacramenti, a nutrirlo di vere amicizie e di sani discorsi… sapendo anche “potare” lì dove intuisco che rischio di deviare dalla retta via. All’inizio l’operazione potrà essere anche faticosa e dolorosa, ma è necessaria quando si vuole recuperare quella libertà interiore che solo una vita di verità può donare:  “la verità rende liberi”, perché non c’è libertà senza verità, e non c’è verità senza libertà. Così in queste domeniche il Signore Gesù, attraverso la cattedra della liturgia, ha delineato il profilo del discepolo, evidenziandone i tratti da acquisire e  mettendo in guardia da quel nemico che, come leone ruggente,  è sempre in agguato per cercare chi divorare (cfr 1Pt 5,8).

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta (anno C)

O Dio nostro Padre, che hai inviato nel mondo la Parola di verità, risana i nostri cuori divisi, perché dalla nostra bocca non escano parole malvagie, ma di carità e di sapienza.

Donami un cuore saggio

Signore Gesù,

Tu che sei Parola di Verità,

rendimi saggio nel giudicare,

prudente nel parlare,

discreto nell’agire.

Signore Gesù,

Tu che sei Amore,

risana la doppiezza del mio cuore,

affinché  impari a guardare la trave che c’è in me

più che la pagliuzza nel fratello.

Signore Gesù,

Tu che sei Sapienza del Padre

rendimi attento alla voce dello Spirito

affinché impari

ad ascoltarTi,

a custodirTi,

a imitarTi.

Così sia.


Il commento al Vangelo di domenica 27 febbraio 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.