don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 25 Settembre 2022

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Di domenica in domenica stiamo ponendo i nostri passi su quelli di Gesù in cammino verso Gerusalemme, dove  donerà la vita per noi tutti. E nello stare dietro a Lui, siamo invitati a lasciarci coinvolgere dal suo amore e ispirare  dalla sua stessa missione, per imparare a fare anche della nostra vita un dono per gli altri. Con Lui, come Lui. Due  domeniche fa abbiamo meditato il capitolo 15 di Luca dedicato alle tre parabole della misericordia; domenica  scorsa abbiamo meditato sulla pagina evangelica che presentava l’amministratore infedele, sollecitati anche noi a cambiare con scaltrezza quando veniamo colti in difetto, riconoscendo questi momenti come occasione di salvezza.

Il commento continua dopo il video.

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Oggi la liturgia nella prima lettura ci fa meditare sull’esperienza tratta dal libro del profeta Amos che bene  ci aiuta a inquadrare il messaggio del vangelo di Luca: “Guai agli spensierati, a quelli che si considerano sicuri sulla  montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani a mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti…ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano…”. Amos denuncia questi comportamenti ponendosi a difesa  dei poveri e facendosi loro voce, certo – come pregheremo nel salmo in risposta a questo testo – che “Il Signore  rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati…ridona la vista ai ciechi, sostiene l’orfano e la vedova…”.  

19-21: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe»

Ancora una volta a fare da filo conduttore al testo è la “casa”: l’abbiamo incontrata due domeniche fa, quando il  figliol prodigo è “tornato a casa”; l’abbiamo incontrata domenica scorsa, con l’amministratore infedele a discutere  in casa col padrone, e la incontriamo oggi, abitata da un ricco. Quest’uomo è senza nome, è definito unicamente da  ciò che possiede; egli ammassa avidamente beni per sé, illudendosi forse di difendersi in questo modo dalla morte,  come se avere molte cose potesse impedire l’evento che lo attende al termine della sua esistenza. E così, accecato  dalla sua brama idolatra, non si accorge della presenza alla sua porta di «un povero di nome di Lazzaro, coperto di  piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla sua tavola».

Solo una porta divide il ricco padrone dal povero  Lazzaro, eppure quella porta di casa appare una voragine. Situazione simile denunciata dal profeta Amos (prima  lettura) e che chiamiamo ingiustizia (cf. Am 6,1-7 prima lettura; Ger 22,13-19; Ab 2,6-11. Ma anche Gesù denuncia  e indica: «Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati … Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione»: Lc 6,21.24; e così gli apostoli: “Dio ha scelto i poveri…” (cfr 2,5-9; 5,1-6). Si tratta di quell’ingiustizia che porta  ad accumulare senza nulla condividere. Alla fine ci sarà un giudizio, un grido…(cfr Sal 62,13; Rm 2,6 e Ap 2,23: “Il Signore  renderà a ciascuno secondo le sue opere”).  

Per il ricco questo povero è inesistente: solo i cani lo avvicinano. La scena serve per preparare la seconda sezione,  dove le parti sono invertite: a essere “fuori casa” sarà il ricco epulone.  

22-31 : «Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta  del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio,  ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato,  tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui  vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre,  ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, per ché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si converti ranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse  dai morti””.

Il ricco ha goduto dei suoi beni in vita e Lazzaro ha patito; ora le cose s’invertono. Ciò che emerge, non sono tanto  i beni in sé, ma l’incapacità che il ricco ha avuto nel non accorgersi del bene sommo che era il fratello nel bisogno.  Ritorna quindi il tema dell’uso dei beni, sul quale già domenica scorsa avevamo incontrato meditando il testo  dell’amministratore infedele. Quest’uomo ricco non ha fatto entrare in “casa sua” il povero Lazzaro, ma ha tracciato una sorta di confine invalicabile. Che è quanto ora subirà lui. Basti pensare al buon samaritano, dove sacerdoti  e leviti “vanno oltre”, si scostano dal malcapitato (cfr Lc 10); o pensiamo a Zaccheo, il quale ospitò Gesù e trovò  salvezza (cfr Lc 19), o ricordiamo casa di Marta, Maria e Lazzaro, dove Gesù trovava sempre le porte aperte (cfr Lc  10,38ss).

Chi accoglie nella “casa della sua vita” Gesù, trova salvezza, mentre chi esclude Gesù dalla sua casa, riceverà  altrettanto: “Signore, Signore aprici…Non vi conosco(cfr Lc 13,10ss). La cosa interessante è che quanto troveremo  lassù, nella Casa di Dio, non è che il riflesso di come ci siamo comportati quaggiù. Ogni legame di amicizia costruito  quaggiù, sarà un ponte per entrare lassù; ogni porta chiusa quaggiù, sarà porta chiusa lassù. I beni della terra o  sono utilizzati come “mezzi” per creare amicizia e manifestare solidarietà, altrimenti imprigionano fino a illudere  che non esista un’altra vita. Ma non è così, perché la “più grande di tutte (le cose) è la carità(cfr 1Cor 13).

Se domenica scorsa l’amministratore fedele, con scaltrezza, ha potuto correggere il suo agire, il ricco epulone è stato posto di  fronte alla verità solo con la morte, ritrovandosi senza beni e senza amici. Il Signore Gesù più che incuterci terrore,  desidera farci capire che nella vita può sempre esserci un momento in cui “è troppo tardi”. Ecco perché diventa  fondamentale recuperare l’atteggiamento dell’amministratore infedele di domenica scorsa, e con scaltrezza cambiare, convertirsi. Spalancare gli occhi. Perché, se facciamo caso al testo, il ricco epulone chiede ad Abramo di  mandare Lazzaro dai suoi familiari: ma allora vuol dire che il ricco aveva visto Lazzaro, ma non gli ha prestato attenzione! E questo è peggio! E lo si coglie anche nella richiesta che il ricco rivolge al Signore: “Manda Lazzaro dai  miei fratelli…”. Non dice di mandarlo a tutti, ma solo “ai suoi”. E qui Gesù ricorda che ci sono già i Profeti, c’è la  Parola del Vangelo che è chiara: “Se uno ha ricchezze nel mondo e, vedendo il proprio fratello nel bisogno, gli chiude  il cuore, come può l’amore di Dio rimanere in lui(1Gv 3,17). 

Sia il profeta Amos che Gesù ci stanno dando la sveglia. Rischiamo di essere intontiti da una vita apparentemente  comoda, agevole…tanto da condurla in maniera superficiale, facile, disinteressata a chi ci vive accanto. Rischiamo  oggi di venire anestetizzati di fronte alle fatiche dei fratelli che incontriamo lungo il cammino. Non ce ne accorgiamo! Anzi, scegliamo di cambiare strada, di cambiare “canale”. Ma arriva per tutti il momento, anzi, ogni mo mento è il momento da vivere: “Ora è il momento favorevole…il giorno della salvezza(2Cor 6,2). Ieri non c’è più,  domani è nelle mani della Provvidenza, l’oggi è il tuo e mio momento favorevole per aprire gli occhi, per cambiare.  Come dicevamo all’inizio, noi stiamo camminando dietro a Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme: ma non  basta camminare con Lui se non impariamo a lasciarci cambiare da Lui. Il Signore predilige i poveri, li ama, li risol leva (cfr salmo), e oggi spetta a noi fare altrettanto. Stare dalla parte dei poveri significa stare dalla parte di Dio. 

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta anno C

O Dio, che conosci le necessità del povero e non abbandoni il debole nella solitudine, libera dalla schiavitù  dell’egoismo coloro che sono sordi alla voce di chi invoca aiuta, e dona a tutti noi una fede salda nel Cristo risorto. 

Signore Gesù, 

Misericordia del Padre, 

sei sceso in terra per innalzarmi al cielo: 

aiutami a vivere come Te. 

Apri i miei occhi, 

perché vedano il povero che mi è accanto.  Apri le mie orecchie, 

perché ascoltino chi chiede aiuto. 

Apri le mie mani, 

perché soccorrano chi è nella necessità. 

Apri la mia mente, 

perché i miei pensieri siano i tuoi pensieri. Apri la mia coscienza, 

perché non trovi pace finché non ci sarà pace per tutti. Signore Gesù, 

Misericordia del Padre, 

apri il mio cuore! 

Solo così 

Tu mi aprirai la porta del cielo 

per far festa  

con coloro ai quali ho aperto la mia vita. 

Il commento al Vangelo di domenica 25 SETTEMBRE 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.