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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 24 Novembre 2024

Domenica 24 Novembre 2024NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO B – SOLENNITÀ
Commento al brano del Vangelo di: Gv 18,33-37

Come annunciato domenica scorsa, oggi celebriamo la solennità di Cristo Gesù, Re dell’Universo, domenica che conclude il cammino liturgico iniziato nella I domenica di Avvento. Questa domenica, dunque, conclude il cammino iniziato e mi ricorda che un giorno – quando Dio vorrà – la mia vita in questo mondo si concluderà, unica possibilità per varcare la porta della Casa del Padre.

Stare con Dio Padre è possibile grazie a Gesù, nostro Re, che è morto ed è risorto: Lui è il nostro Signore, la nostra Via, Verità e Vita. Lui – ci ricorda la I lettura tratta dal libro di Daniele – giungerà “Con le nubi del cielo… – perché – a Lui furono dati potere, gloria e regno… e il suo regno è un regno eterno, che non finirà mai”. A questa Parola la liturgia ci fa rispondere cantando le parole del salmo 93: “Il Signore regna, si riveste di maestà… si cinge di forza… In Lui è stabile il mondo” (salmo). Perché solo il Signore Gesù – fa eco il libro dell’Apocalisse – è “Colui che ci ama, che ci ha liberati dai nostri peccati…anche quelli che lo trafissero… si batteranno il petto” (II lettura).

Veniamo così al testo del vangelo.
v. 33b: «Pilato disse a Gesù: “Sei tu il re dei Giudei?”. Gesù rispose: “Dici questo da te oppure altri ti hanno parlato di me?”.
Non è la prima volta che Gesù viene indicato quale Re: pensiamo a quando Andrea dice a suo fratello Simone d’aver trovato il Messia o nell’incontro con Natanaele, Gv 1,41-49; quando Giovanni Battista rende testimonianza al Cristo, Gv 3,28; quando la gente, di fronte alla libertà con la quale Gesù predica, pensa che anche le autorità lo abbiano riconosciuto come Cristo, Gv 7,26ss; dopo la moltiplicazione dei pani, quando la gente vuole farlo re, Gv 6,14ss… Solo per citare alcuni brani.

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Pilato, dunque, interroga Gesù chiedendogli se è vera l’accusa che gli viene mossa. Il processo giudaico prevedeva la presenza di testimoni a favore o contro l’imputato, quello romano si basava fondamentalmente sul suo interrogatorio da parte del giudice; in questo caso assistiamo ad un intenso faccia a faccia tra i due, che dialogano sul tema della regalità. Durante il processo il termine “re” compare 12 volte, a dimostrazione di quanto questo sia centrale nel dibattimento. E la cosa si fa ancora più interessante se andiamo a rileggere il capo d’accusa per cui Gesù è stato arrestato e portato da Pilato: “E’ un malfattore” (Gv 18,30).

I capi del popolo, quindi, non accettano che Gesù venga “etichettato” con il titolo di re, e lo si capirà anche quando Pilato lo farà scrivere sulla tavoletta da mettere sulla croce con i capi d’accusa. Loro protesteranno e Pilato reagirà dicendo: “Ciò che ho scritto, ho scritto” (Gv 19,22). Ma fin dall’ingresso in questo mondo Gesù si è scontrato con questa realtà: basti ricordare i magi che cercano il re a palazzo e poi vanno a Betlemme ed Erode, saputa la cosa, farà strage degli innocenti, dei bambini, perché uno solo può essere il re (cfr Mt 2,7ss; solo davanti a un re ci può inginocchiare, cfr Dn 3, i tre giovani che rifiutano di inginocchiarsi di fronte a Nabucodonosor).

Ma Gesù mostrerà la sua regalità in altro modo, alzandosi da tavola, togliendosi le vesti e lavando i piedi ai discepoli (Gv 13). Solo così Gesù accetta di essere Signore e Re.

v.34-36: Pilato disse: “Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?”. Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù”.
Con la sua risposta Gesù chiede a Pilato di riflettere, se l’accusa viene da lui o dagli altri. Sembra quasi sentire risuonare la domanda di Gesù ai discepoli: “Chi dice la gente che io sia?… E per voi chi sono io?” (cfr Mc 8,27ss). Pilato viene dunque invitato da Gesù a prendere posizione in prima persona nei suoi confronti, ma lui reagisce con un’altra domanda, alla quale Gesù dichiara di non essere di questo mondo.

Il suo essere re lo ha spiegato: è un re diverso dagli altri (1Sam 8,1, Samuele indica Saul come re); è un re che non fa il tiranno (cfr Mc 10,42), non ama farsi chiamare benefattore (cfr Lc 22,25), è il re promesso da Dio alla discendenza di Davide (2Sam 7,8ss). La regalità di Gesù non è basata sulla forza – infatti i suoi servitori non sono intervenuti – ma sulla pazienza: egli è pastore che si sacrifica per le sue pecore, che non scappa (cfr Gv 10).

v 37: “Allora Pilato gli disse. “dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.
Pilato domanda nuovamente a Gesù se è re. Gesù risponde dichiarando esplicitamente di essere re, e di essere testimone della verità. La regalità di Gesù è a servizio della libertà di coloro che riconoscono in Gesù il Signore, il Re.

Come accennato all’inizio di questa riflessione, la solennità con la quale si conclude l’anno liturgico ci suggerisce verso dove è indirizzato il cammino della vita, espresso in miniatura nell’arco dell’anno liturgico: verso Gesù, nostro Signore e Re, il quale c’introduce nella Casa del Padre. Ma solo nella misura che ci lasciamo da Lui educare, impareremo a vivere secondo la logica della sua regalità, così diversa da quella del mondo. Una regalità, quella di Gesù, che non mira a conquistare territori, ma cuori. Non con la forza, ma per attrazione. E per far questo, l’unico mezzo è la Parola: “La Verità vi renderà liberi” (Gv 8,32).

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Pilato resta prigioniero delle sue paure, del giudizio altrui, dei suoi calcoli… che in fondo sono le paure, i giudizi e i calcoli di molti di noi. Perché né io né ciascuno di noi, credo, abbiamo capito fino in fondo la grandezza del Signore Gesù, la sua “pretesa” di essere l’unico nostro Re. Rischiamo ancora oggi d’inchinarci di fronte alla logica del mondo, di cedere di fronte alle lusinghe che ci vengono proposte. Anche noi rischiamo ogni giorno di seguire criteri ben diversi da quelli del vangelo, a tal punto che tornano sempre attuali e puntuali le parole di Gesù a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mc 8,27ss).

Perché la saggezza umana è dettata da prudenza, da spirito di conservazione, da egoismo, da mancanza di slancio di generosità. Preferiamo trovare continui compromessi, annacquare il vangelo talmente tanto da perdere di vista il Signore Gesù e la sua volontà, arrivando a preferire anche noi a Gesù il “Barabba” di turno (cfr Mt 27,15ss).

Come dicevamo domenica scorsa, durante questo cammino abbiamo cercato di lasciarci amare dal Signore? Abbiamo cercato di conoscerlo di più? D’imparare a scegliere quanto Lui stesso ci ha indicato e insegnato pur di “fare un passo avanti verso le cose del Padre del cielo”?

Pur con tutte le nostre fatiche e resistenze, credo che tutti noi lo abbiamo fatto, perché riconosciamo che quel fuoco d’amore che c’è in noi (Ger 20,7-9) ci dice che Gesù è Verità, è Vita. Abbiamo compreso che la sua Parola è molto diversa dalle parole di quanti ogni giorno pretendono di essere nostri re: parole di uomini, parole di morte. E allora, ancora una volta, davanti a Lui scegliamo e affermiamo di voler essere suoi discepoli. Suoi. E solo Suoi.

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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