don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 24 Luglio 2022

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Cosa dice la Parola/Gesù

Continua il nostro cammino alla Scuola della Liturgia. Nel cuore dell’estate, quando l’attenzione tende a mollare  la presa, Gesù sembra quasi giocare al rialzo. Oggi, infatti, ci svela i segreti per consolidare la nostra amicizia con il  Padre del cielo, Colui che solo è necessario per una vita bella e riuscita.  

In queste ultime domeniche, rimanendo dietro a Gesù lungo il cammino che lo conduce a Gerusalemme (cfr XIII  domenica, 26 giugno), abbiamo compreso che tutti siamo chiamati a farci annunciatori della lieta notizia (cfr XIV domenica,  la chiamata del 72 discepoli), ben sapendo, dicevamo qualche domenica fa, che se la fede ci fa essere credenti e la speranza credibili, è solo la carità che ci fa essere creduti: ecco l’importanza di imparare a divenire buoni samaritani del  nostro tempo (cfr XV domenica, buon samaritano), tenendo fisso lo sguardo non tanto sulle cose da fare, quanto su ciò  che veramente conta, il Signore Gesù (cfr XVI domenica, Marta e Maria). Perché alla fin fine, solo Lui c’introduce nella relazione più importante e vitale per noi, l’amicizia con il Padre del cielo (oggi). 

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Per introdurci nel testo del vangelo, la liturgia oggi ha scelto come prima lettura il testo della Genesi, che ci fa  gustare il dialogo tra Abramo e Dio. Di fronte alla temibile distruzione di Sodoma – dove viveva il nipote Lot con la  sua famiglia (cfr Gn 19) – Abramo instaura un dialogo confidente ed insistente con il Signore, e viene esaudito. La  preghiera di Abramo non è un ripetere formule, ma confidenza di un amico che si rivolge all’Amico Dio, chiedendo  ciò che più gli sta a cuore in quel momento. Dirà santa Teresa d’Avila: la preghiera è dialogo tra amico ed Amico. La  cosa interessante non è tanto che Abramo farà cambiare idea all’Amico Dio, quanto il fatto che lui stesso scoprirà  fino a che punto Dio è disposto a spingersi per amore dei suoi amici. È proprio in questa relazione d’amicizia che il  Signore Gesù vuole oggi introdurci, dopo averci ricordato che la cosa più importante è stare con Lui (domenica scorsa,  Marta e Maria), oggi veniamo aiutati a imparare come stare con Lui.  

1-4: “Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore,  insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Ed egli disse loro: “Quando pregate,  dite: Padre nostro, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”.

La prima cosa che vorrei evidenziare, è il fatto che la richiesta dei discepoli nasce dal “vedere” Gesù in preghiera.  Un “vedere” che ha suscitato in loro un desiderio, ha risvegliato una nostalgia dormiente, quella di una gioia vera,  bella, profonda. E che ora “vedono” riflessa in Gesù. I discepoli colgono che quella “gioia” ha a che fare con la sua  preghiera, e quindi chiedono di poter entrare per quella porta; chiedono di poter entrare in quell’esperienza. E Gesù  insegna loro, o forse ricorda loro, che Dio è Padre tanto da poterlo familiarmente chiamare “abbà/babbo/papà”.  Questa è la ragione della gioia di Gesù: Dio è Padre. Suo Padre. Nostro Padre. 

Nella preghiera del Padre nostro – “sintesi di tutto il vangelo”, scriveva Tertulliano – troviamo una sorta di compendio di quanto Gesù ha insegnato. Dando giusto orientamento al nostro dialogo, prima ci si rivolge a Lui – sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno… – e poi, solo poi, si prega per le proprie necessità – dacci il pane quotidiano,  il perdono, il non cadere nella tentazione…-. La cosa più importante che Gesù ci aiuta a riscoprire, quindi, non è  tanto cosa chiedere, ma sapere a Chi ci rivolgiamo: a Dio, Padre nostro. La gioia è essere figli amati. È la scoperta che c’è un Padre provvidente, sempre pronto ad ascoltare e sfamare le nostre necessità.  Questa è l’esperienza che Gesù stesso vive e insegna ai discepoli, e oggi a noi. Non si tratta di recitare formule o  tecniche, ma di entrare in questa relazione di amicizia, figliolanza, intimità. Perché la preghiera del Padre nostro è  proprio l’introdurci nella paternità di Dio, nel farci sentire figli: questa è la cosa più bella e importante. Noi stiamo  “seguendo” Gesù, stiamo cercando di tenere fisso il nostro volto sul santo Volto e oggi scopriamo che più stiamo  dietro a Lui, più impariamo a divenire figli nel Figlio Gesù, e tra noi fratelli. La preghiera ci apre un orizzonte nuovo. 

5-12: 5Poi disse loro: “Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli ri sponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà  a dargliene quanti gliene occorrono. 

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque  chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli  darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete  cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli  che glielo chiedono!”. 

Per aiutare i discepoli – e oggi noi – a comprendere il valore della preghiera, Gesù presenta l’esperienza dell’amico  importuno, che, nel cuore della notte, va a disturbare il suo amico pur di avere alcuni pani per gli ospiti giunti nella  notte a casa sua. In questa insistenza, rivediamo la preghiera di Abramo rivolta a Dio, descritta nella I lettura. Una  preghiera perseverante, insistente, fiduciosa, animata da una certezza:“Chiedete e vi sarà dato – dice Gesù. Cercate  e troverete…”. Un insistere che richiama l’osare di Abramo, perché “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce,  gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi,  sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo”. È il finale la chiave interpretativa: “Quanto  più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”.

La preghiera porta a ricevere un pane  che nessun amico è in grado di dare: il pane del cuore, lo Spirito Santo! È il dono dei doni! Possiamo dire che lo  Spirito è il pane quotidiano che il nostro cuore cerca e desidera. È l’Amico interiore che solo può ricordarci che  siamo figli, che solo ci aiuta a chiedere al Padre ciò di cui abbiamo bisogno, è il solo che ci ricorda le parole di Gesù.  In questa preghiera, confidente e fiduciosa, Gesù ci allena a chiedere il giusto pane, ciò per cui veramente merita  costruire una relazione d’amicizia con il Padre del cielo, il solo che può saziare la fame del nostro cuore, della nostra  vita. Nell’attesa di Lui e di una sua risposta, la relazione d’amicizia cresce e si fa nutriente. In questo nostro procedere dietro a Gesù, Egli ci educa a coltivare desideri grandi, veri, santi. Ci educa a coltivare il “gusto” per ciò che  vale: a distinguere i pani, per imparare a nutrirci solo del pane che ha il sapore della santità, del regno del Padre,  del perdono, della sua salvezza.  

Un dato credo meriti attenzione: non preghiamo per far cambiare idea a Dio, ma per chiedere a Dio di coltivare le  sue idee in noi, di sintonizzarci con il suo piano. Perché alla fin fine, le cose non cambiano, ma sono i nostri cuori  abitati da Dio, i nostri sguardi illuminati dalla gioia di Dio a farci “vedere” le cose in modo nuovo. Nel modo di Dio.  Allora sì, è già qui il regno di Dio. Come in cielo, così in terra. 

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta anno C

Signore e creatore del mondo, Cristo tuo Figlio ci ha insegnato a chiamarti Padre: invia su di noi lo Spirito Santo,  tuo dono, perché ogni nostra preghiera sia esaudita.  

Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci insegna il Padre nostro: chi sono dunque io per poter suggerire oggi un’altra preghiera? Propongo la preghiera secondo l’edizione di Luca – diversa dalla versione di Matteo che recitiamo solitamente: ma ciò che conta, non è quanto chiediamo, ma riconoscere Dio come nostro Padre. Tutto il resto è un di più. 

Don Andrea Vena  

Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno
il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo
a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione.

Il commento al Vangelo di domenica 24 luglio 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.