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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 22 Dicembre 2024

Domenica 22 Dicembre 2024 - IV DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 1, 39-45

Siamo giunti alla IV ed ultima domenica di Avvento. Nella I domenica di Avvento ci è stata indicata la Meta ultima del cammino della nostra vita, quando andremo incontro al Signore, Re della gloria (festa che celebriamo nell’ultima domenica dell’Anno liturgico, o, in altre parole, esperienza che “riassume” e rivela il senso cristiano della vita: andare incontro al Signore che viene).

Nella seconda – seppur quest’anno sostituita dalla solennità dell’Immacolata, 8 dicembre – c’è stato suggerito lo stile con il quale incamminarci verso il Signore, impegnati non tanto nel “fare cose per Lui”, quanto nel lasciare a Lui fare ogni cosa per noi, certi che solo Lui – Autore della vita – sa cosa sia meglio perché la nostra gioia trabocchi dal cuore.

Nella terza, c’è stato ricordato di vivere questo cammino non nella paura, ma nella gioia, perché il Signore viene per risollevarci nell’amore, nessuno escluso. Questi atteggiamenti sono stati fatti propri da due donne, Maria ed Elisabetta (IV domenica), che non hanno mai dubitato della bontà e della fedeltà di Dio.

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v. 39: Dopo l’annunciazione, «Maria si alzò e andò in fretta… Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta… e il bambino – di Elisabetta – le sussultò nel grembo… ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!… A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me”».

I movimenti con i quali Maria si muove sono importanti. “Si alzò” e la “fretta” sono parole pasquali, di resurrezione: esprimono l’urgenza, la necessità di andare a condividere la gioia perché Dio “ti ha visitato”. La fretta di Maria, inoltre, è una risposta alle indicazioni dell’Angelo: «“Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore…”».

L’Eccomi di Maria sgorga di fronte al “segno” che l’angelo le ha offerto: Maria, dopo aver detto il suo “sì”, ha ora sia diritto di vedere questo “segno” che le è stato dato, ma altresì questo serve a confermare che il Bambino che ora anch’ella attende è realmente il Messia, per poi mettersi a servizio dell’anziana cugina.

Sono due donne che hanno “creduto” nella Parola, che si sono lasciate “abitare” dalla Parola; come dicevamo in queste domeniche, la Parola venne-accadde in loro. Maria è la “benedetta”, in quanto è colei che con il suo “Eccomi” ha permesso al Figlio Gesù di entrare nella storia.

Poi Elisabetta la chiama “madre del mio Signore” (Lc 1,43): Maria non è più solo una donna, ma è Madre. Questa è la sua nuova identità, e così Elisabetta la riconosce. Ma non solo. La riconosce “Madre del mio Signore”. È la prima a far risuonare nel vangelo la parola “Kyrios”, Signore, il titolo proprio del Risorto.

Ma non solo “Signore”, ma… “mio Signore”: Elisabetta riconosce Maria quale Madre del Signore che ha salvato anche lei. E infine indica Maria come “colei che ha creduto” (Lc 1,45). Maria è beata, dirà Gesù, non perché madre, ma perché “ha ascoltato e messo in pratica”, si è fidata, ha dato ascolto, ha fatto spazio in lei, ha accolto.

È interessante notare che alla vigilia del Natale di nostro Signore, la liturgia ci affianchi due donne, Elisabetta e Maria, per comprendere in pienezza questo Avvenimento d’Amore: non si tratta di un sogno, ma di un segno, l’amore di Dio che viene a noi.

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Siamo infatti invitati ad accogliere e vivere il Natale con lo sguardo e la fede di queste donne, le quali ci ricordano che nella vita c’è sempre una premessa e una promessa. La premessa è lasciarci visitare da Dio, fare cioè esperienza di Lui, per poi toccare con mano che la sua promessa è vera: Dio lo trovi nel volto dei fratelli. Guardare verso l’Alto, infatti, aiuta a guardare verso l’altro.

L’esperienza di Maria ed Elisabetta c’invita così a prepararci al Natale con fede, evitando di lasciarci stordire e ingannare dalle luci dei negozi e delle strade. Come dicevamo nella prima domenica di Avvento, sono “stelle cadenti” che distolgono dalla luce del Signore Gesù, Stella/Astro del Ciel.

Che questo Natale ci permetta di lasciarci abitare dall’amore di Dio per poi correre in fretta lungo le strade della vita e della storia, riconoscendo che per il credente tutto “è segno” dell’Amore di Dio. Camminare lungo le strade della vita a passo di danza (Giovanni Battista danza nel grembo di Elisabetta) vivendo la fede in modo convinto e convincente, a tal punto da coinvolgere nella danza della vita quanti incontriamo, affinché nessuno resti fermo e imbambolato ai margini della vita.

Certo, ognuno porta in sé le sue fatiche e miserie, le sue ferite e fragilità, ma il Natale di Gesù ci ricorda che Dio ancora una volta sceglie il nostro corpo, la nostra vita, così concreta e fragile, quale sua dimora: «Entrando nel mondo Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrifici né offerta… un corpo mi hai preparato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà…” (II lettura, Ebrei).

Questa è la gioia del Natale: Gesù è venuto a dirci che Dio ci ama e crede in ciascuno di noi. Lasciamoci dunque visitare dalla luce di Dio, ricordandoci che Lui non ha paura del buio delle nostre fatiche, delle nostre fragilità, delle nostre miserie e sensi di colpa. Dio è Luce e viene per illuminare le nostre tenebre e renderci così testimoni di luce e di speranza.

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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