Cosa dice la Parola/Gesù
Continua il nostro cammino liturgico. Domenica scorsa Gesù ci ha ricordato d’essere venuto a portare il “fuoco sulla terra” (Lc 12,49, XX domenica) e, dicevamo, si tratta del fuoco dell’amore, il fuoco dello Spirito santo. Un fuoco che chiede di essere alimentato dalla preghiera, dal dialogo con l’Amico Dio, respiro della vita. Chiede di essere nutrito dai sacramenti: l’Eucaristia, pane del cammino per il Cielo; Riconciliazione, per lasciarci risollevare dall’Amore misericordioso di Dio…e che ha come frutti la fraternità, l’amicizia, il servizio, la pace, la gioia…
Scegliere questa esperienza d’amore che Gesù è venuto a portare, comporterà sempre una rottura, una spaccatura. Perché si tratta di accettare da quale parte stare: vivere secondo la mentalità del mondo o quella di Dio (cfr Rm 12,2).
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Una scelta che può essere compiuta solo nella misura che impariamo a ricordarci che siamo “piccolo gregge” al quale è garantito il regno: “Al Padre vostro è piaciuto dare a voi il regno” (Lc 12,32, XIX). Questa è la motivazione forte che dovrebbe guidare il nostro agire quotidiano e, meditavamo il 15 agosto, in questo la Vergine Maria si offre a noi come stella luminosa, come segno di speranza e di consolazione: come lei, creatura come noi, ha varcato per prima la porta del cielo, così anche noi parteciperemo a questo regno, dove Maria, ricorderemo domani 22 agosto, è nostra Regina.
22: “In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme”.
L’introduzione richiama Lc 9,51, quando Gesù prese la ferma decisione di dirigersi verso Gerusalemme (testo meditato nella XIII domenica, 26 giugno). Un dettaglio a conferma che il vangelo di Luca è formulato come una proposta di cammino. Per Gesù e quindi per noi.
23-25: «Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e primi che saranno ultimi”.
Dal testo si intuisce che Gesù ha in mente due interlocutori: il primo è rappresentato da un “tale” che si fa avanti e, sentendosi tra gli eletti nel regno di Dio, domanda: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Una do manda che svela la mentalità del tempo che sosteneva che pochi sarebbero entrati nel regno dei cieli: innanzi tutto vi sarebbero entrati solo coloro che appartenevano al popolo d’Israele e, tra questi, solo chi era fedele alla Torah, in tutti i suoi precetti.
A questo tale Gesù risponderà: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta…molti cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. A una prima lettura pare che i posti “siano pochi”. Ma alla fine Egli dirà: “Verranno da oriente a occidente, da settentrione e da mezzogiorno…”: troviamo cioè una moltitudine che entra, ed è la chiave attraverso la quale leggere il testo, come suggerito dalla I lettura tratta dal profeta Isaia, che dice: “Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti…su cavalli, su carri, su portantine, su muli…al mio santo monte di Gerusalemme…come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore”. La profezia di Isaia dice quindi che a Gerusalemme arriveranno da ogni dove, nessuno verrà escluso, neppure i malati, e – dato sorprendente – anche tra questi saranno scelti sacerdoti, cioè quelli che potevano officiare nel tempio.
Con Gesù è dunque giunto questo momento, dove nessuno potrà sentirsi a posto solo perché israelita o obbediente esteriormente alla legge.
Con queste parole Gesù ci fa capire che la vita cristiana non può essere ridotta a spettacolo o ad apparenza; non basta sentirci parte della chiesa per sentirci a posto: “Tu, Signore, hai insegnato nelle nostre piazze”, come a dire “siamo amici”. E altresì non basta partecipare all’Eucaristia o impuntarsi su dettagli liturgici secondari creati dagli uomini per sentirsi migliori degli altri: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza” (cfr Mc 7,1ss: “obbedite a precetti di uomini trascurando il comandamento di Dio”). Se tutto questo non si fa storia, non si fa esperienza quotidiana, non si fa giustizia e carità…non serve a nulla, perché le parole di Gesù sono chiare: “operatori di ingiustizia” (cfr Mt 25: “Avevo fame, e non mi avete dato da mangiare…”). Non è sull’atto liturgico-religioso che Gesù valuta la nostra possibilità di entrare nel regno, quanto se viviamo con giustizia. Si spiega così ancor di più perché due domeniche fa Gesù aveva detto “Non temere piccolo gregge…al Padre vostro è piaciuto dare a voi il regno”. Se al “piccolo gregge”, ai “piccoli di Gesù” sono precluse tante cose, in realtà i conti si fanno alla fine, fa capire Gesù. Perché Dio non guarda all’apparenza, ma al cuore (cfr 1Sam 16,7): e sa denunciare l’ipocrisia di quanti si credono in regola: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità” (Mt 23,27-28). Dall’altra parte troviamo gli ultimi e i poveri, co loro che in forza delle leggi e strategie umane sono stati esclusi e che invece Gesù riporta al centro, capovolgendo la logica umana: “Gli ultimi saranno i primi”. La porta è uguale per tutti. E non è Gesù ad escludere, ma ciascuno di noi si autoesclude nella misura in cui non vive secondo lo spirito di Gesù. Così com’è accaduto al giovane ricco, che ne andò via triste perché aveva molti beni (cfr Mt 19,16ss).
Vorrei fare un esempio. Per entrare nella Basilica della Natività a Betlemme è necessario inchinarsi perché la porta è molto bassa. Storicamente la scelta è dovuta alla necessità di non far entrare i soldati a cavallo; ma ora quella porta sembra quasi ricordarci che se non ci inchiniamo, se non ci facciamo piccoli, difficilmente incontreremo il Signore Gesù, l’Infinitamente Piccolo.
Spetta dunque a ciascuno di noi “sforzarci”, come ricorda Gesù, per entrare attraverso questa “porta stretta” attraverso la chiave dell’amore, dell’umiltà, del servizio. Non è dunque una passeggiata la vita cristiana. È scelta. E come ogni scelta, comporta una lotta che ha inizio sul terreno del nostro cuore, lì dove bene e male si fronteggiano in ogni momento. E questo chiede vigilanza, impegno, lotta. Esige “la bella battaglia della fede” (cfr 1Tm 6,12), che non è tanto uno sforzo di volontà, quanto uno svuotarsi dall’illusione di bastare a noi stessi (ricordate due domeniche fa l’uomo ricco che pensava che bastassero i suoi magazzini?) per lasciare fare a Dio, perché Lui solo salva. Lui solo è il Salvatore. La porta è “stretta” perché è esigente. Si coglie allora che questa “porta stretta” è la Croce, culmine dell’amore fedele e totale di Gesù per noi. E quanto Gesù ha lottato per restarvi fedele! Come Lui, così noi. Con Lui. Ecco perché l’amore vero è esigente e perché la porta del cielo non ammette privilegi di sorta, non ha corsie preferenziali – che vanno oggi di moda: basta pagare e salti la coda!: qui tutto è diverso, a tal punto che “I primi diventeranno ultimi e gli ultimi primi”.
Ma di fronte a questa fermezza, nel finale c’è una sorta di finestra di speranza: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione a mezzogiorno…”, come preannunciato dal profeta Isaia che abbiamo ascoltato come I lettura. Quindi il banchettare di Gesù con i poveri e i peccatori – motivo di scandalo per i perbenisti del tempo e di oggi – è il segno e l’anticipo di quanto avverrà nel banchetto del cielo. Ecco perché è importante sintonizzarci con lo spirito di Gesù, perché, scriveva sant’Agostino, «Nell’ultimo giorno molti che si ritenevano dentro si scopri ranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro».
Il tempo della vita diventi per noi tutti occasione per vivere con fiducia la lotta, sapendo spogliarci, mortificarci nel nostro egoismo, liberarci da quanto ci ostacola nella corsa verso il Cielo, sapendo scegliere “la parte migliore che non ci sarà tolta”.
Lungo il cammino verso Gerusalemme Gesù ci sta educando alla sua logica, che in fondo è la logica del Padre. Spetta ora a noi deciderci o meno di vivere secondo il Vangelo. È la nostra opportunità, è il nostro tempo.
Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù
Colletta anno C
O Padre, che inviti tutti gli uomini al banchetto pasquale della vita nuova, concedi a noi di crescere nel tuo amore passando per la porta stretta della croce, perché, uniti al sacrificio del tuo Figlio, gustiamo il frutto della libertà vera.
Signore Gesù,
tu inviti tutti, senza distinzioni,
a partecipare al banchetto del Cielo.
Aiutami a comprendere
che non spetta a me decidere
chi può o meno entrarvi,
perché mentre il mio metro di misura
è basato sull’esteriorità,
il tuo, Signore,
è basato sul cuore. Sull’amore.
Tanto che gli ultimi diventeranno primi
e i primi diventeranno ultimi.
Aiutami quindi a comprendere
che una sola è la chiave
per entrare
al banchetto del Cielo:
una vita di verità nella carità.
Fa’ o Signore,
che non mi preoccupi tanto
di etichettare o di cambiare gli altri,
quanto di convertire me stesso.
Il commento al Vangelo di domenica 21 Agosto 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.