don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 20 Febbraio 2022

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Cosa dice la Parola/Gesù

Dopo il testo delle beatitudini di domenica scorsa, attraverso il quale il Signore Gesù ci ha “svelato” il sogno che Lui ha su ciascuno di noi, oggi i testi della liturgia ci fanno sfogliare pagine in cui emerge il modo nuovo con il quale vivere la vita secondo il vangelo. Certo, serve uno “sguardo nuovo”, dicevamo domenica scorsa, ma allo sguardo devono seguire atteggiamenti, stili di vita. È richiesto quel “toccare”, quel “farsi carne” che non è altro che il prolungamento dello stile di Dio che si è “fatto carne”, che ha voluto “toccare” la nostra umanità in Gesù (Natale) pur di guarirla e salvarla.

Il testo del vangelo, come ogni domenica, viene preceduto dalla prima lettura tratta oggi dal primo libro di Samuele: il brano descrive la misericordia di Davide verso Saul. “Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e fedeltà” – dice Davide – nel motivare il perché non ha alzato la spada verso il suo Re. Un gesto che riflette quanto Dio fa con ciascuno di noi. Un fatto così vero che si fa canto nella preghiera con la quale l’orante – uomo di preghiera – risponde a Dio: “Benedici il Signore anima mia…Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce le tue infermità. Salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e di misericordia… Non ci tratta secondo i nostri peccati” (salmo 103). Entriamo così nel testo del vangelo.

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vv. 27-28: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”.

Gesù si sta ancora rivolgendo agli Apostoli, appena scelti sul monte (cfr Lc 6,12-16) e alla folla radunata sulla pianura. Ha appena finito di presentare il vangelo delle beatitudini (cfr domenica scorsa, Lc 6,17ss). A questi “ascoltatori” Gesù rivolge un invito ulteriore: amare i nemici, fare loro del bene, benedirli, pregare per loro. L’invito è quello di non adeguarsi al modo corrente di vivere e comportarsi, a non adeguarsi al male ricevuto, a non seguire l’antica logica dell’“Occhio per occhio, dente per dente” (Es 21,24), un tempo regola necessaria affinché la “vendetta” fosse proporzionata al danno ricevuto (se ti rompo una mano, puoi romperla a me, ma non andare oltre la mano!) Questo non deve essere più il criterio per agire, spiega Gesù. L’amore al nemico è un atteggiamento che non svilisce la dignità, anzi, la riconquista perché obbedienti alla parola di Gesù: “la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo”, ascolteremo al versetto 35.

vv. 29-31: “A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”.

Gesù entra ancor più nel dettaglio, smontando le ragioni di un certo modo di pensare e agire e indicando il giusto fondamento delle relazioni umane: il rispetto, a cominciare dal più debole e povero. Si tratta di andare alla “radice” della fratellanza, della sua motivazione, ossia a Dio, quando ci creò uguali. Non lasciarsi quindi ingannare dalla logica che conduce a deviare dalla vera fratellanza. Pensiamo solo ad Adamo ed Eva (Gn 3), a Caino e Abele (Gn 4), alla Torre di Babele (Gn 11).

vv. 32-35: “Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

In questi versetti sono condensati alcuni detti che mostrano che la regola proposta da Gesù non è una legge del mondo, dove vige la reciprocità. Come Dio è buono in modo “incondizionato” verso tutti, così sono chiamati a diventare coloro che accettano, nella loro libertà, di seguirlo. I Discepoli di Gesù sono “figli dell’Altissimo” e tali devono dimostrarsi: “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da soli…” (cfr Rm 12,18). Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio quando, percosso sulla guancia dalla guardia del sommo sacerdote, ha obiettato: “Se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23); oppure in croce, quando ha perdonato i suoi crocifissori (cfr Lc 23,33ss); o quando Pietro lo ha rinnegato e Lui lo ha riaccolto nell’amore senza fargli pesare nulla (cfr Gv 21)

vv. 36-38: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

Il metro di misura non è dunque il “ragionare buono” del mondo, ma è Dio: “Come il Padre vostro è misericordioso”… così fate voi. È questo “come” la ragione dell’agire “irragionevole” agli occhi del mondo. Un “come” che non è solo imitazione, ma è “dono”: di quel “come” Gesù stesso ci ha resi capaci, con il suo Spirito, per amare “come Lui”. Una ragione radicata nella speranza che è Dio stesso: “Non giudicate, e non sarete giudicati…sarete perdonati…perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”. Prima di tutto è necessario partire dal fatto che Dio ci ha amato per primo, seppur noi non ne eravamo degni, e in secondo luogo perché alla fine saremo giudicati su quanto avremo amato, su quanto saremo stati “come” Lui.

Cosa dice a me oggi la Parola/Gesù

Non bastavano le beatitudini di domenica scorsa, che già ci avevano obbligato a coltivare uno sguardo nuovo e a riordinare la gerarchia valoriale con la quale eravamo – e forse ancora troppo siamo abituati ad agire: quanto è difficile mettere i poveri al primo posto, innalzare gli umili, saziare ogni affamato… Ebbene, non bastava questo: oggi Gesù gioca al rialzo invitandoci ad amare coloro che non ci amano, anzi, il nemico. Come si fa ad amare il nemico? Come si fa ad accogliere le persone malvage? Come si fa a porgere l’altra guancia? Cosa c’entro io con tutto questo?

Forse c’entro più di quel che immagino, perché quello che Gesù chiede oggi a me, Lui lo ha già fatto a me! Mi ha amato quando ancora ero suo “nemico”: “Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi…per noi…Se infatti quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Di per mezzo della morte del Figlio, molto più ora che siamo riconciliati saremo salvati” (cfr Rm 5,6-9). Con questo comando, che Gesù stesso ha vissuto fino alla fine sulla croce chiedendo a Dio di perdonare i suoi assassini (cf. Lc 23,34), Gesù chiede ciò che solo per grazia è possibile. Con questo sentimento dell’amore verso i nemici è morto il primo testimone di Gesù, Stefano, il quale ha chiesto al suo Signore di non imputare ai suoi persecutori la morte violenta che riceveva da loro (cf. Lc 7,60). Gesù prima di tutto ha colmato la distanza che si era creata col peccato di Adamo; in secondo luogo quanto chiede, Lui lo ha già fatto suo, lo ha già vissuto. Infine, per rendermi capace di farlo, mi ha donato lo Spirito santo affinché possa fare “come Lui”. Quindi amare i nemici potrà anche essere impossibile per gli uomini, ma non per Dio e per quanti vivono in Dio.

E poi, come nasconderlo? Non vorrei anch’io, non vorremmo anche noi, avere accanto, avere per amico qualcuno con cui piangere per i nostri peccati, per le nostre inconsistenze? Non vorrei/non vorremo anche noi avere accanto un amico capace di accoglierci, di perdonarci, di ridarci fiducia? Messa così, forse la proposta di Gesù non ci pare più tanto irrazionale.

In secondo luogo, se ogni mio gesto, parola, azione… la misuro con il “bilancino”, se le mie relazioni di amicizia le costruisco solo sul “tanto io ho dato” e ora “tanto io mi attendo”, non rischio di soffocare ogni amore, ogni relazione? Questa è logica devastante, che rende la vita infelice. L’amore, quello vero, quello a senso unico (Agape, do senza attendermi il contraccambio) è l’unica via per una vita fraterna e felice. Poiché l’amore comporta sempre anche la dimensione del perdono, della misericordia. Perché nessuna relazione, nessuna, è esente dalla necessità della misericordia. Il perdono è parte dell’amore, delle relazioni, della vita. Quello che Gesù ci chiede, quindi, è prendere atto che tutti “siamo sulla stessa barca”. Un genitore perdona il figlio che sbaglia, i figli perdonano ai genitori incongruenze educative, due amici veri si comprendono e si perdonano, una coppia regge se sa perdonarsi… Ossia ri-dare fiducia, opportunità. Perchè ogni relazione di amicizia, di amore, di fraternità è comunque segnata dalla ferita del peccato (Gn 3, 4, 11). Non c’è via di scampo: questa è la realtà! E io, noi tutti, ci siamo dentro.

Il cristiano, il discepolo non è colui che è immune dal peccato, ma è colui che quando sbaglia sa di poter sempre contare sulla Misericordia di Dio, che sempre perfeziona il nostro amore. E come noi necessitiamo dell’amore misericordioso di Dio, così le nostre relazioni di amicizia, di amore… necessitano di amore, di pazienza, di perdono, di comprensione, di fiducia. Se cominciamo ad eliminare dal nostro circuito coloro con i quali non andiamo d’accordo, coloro che ci fanno uno sgarro… il cerchio comincerebbe a restringersi sempre più e a lungo andare resteremo soli, perché comunque qualunque relazione prima o poi avrà bisogno di perdono, di misericordia, di fiducia. Allora la proposta di Gesù è più umana di quello che noi pensiamo. Non solo umana, è anche umanizzante. Il metro di misura dell’amore, quindi, non possiamo essere noi stessi, ma Gesù, misura senza misura! Amare l’altro più di quanto io ami me stesso, ossia anteporre a me l’altro, anzi, anteporre a me Dio e in Dio anche l’altro. E così saprò amarlo anche se mi tradisce, anche se mi fa un torto… perché Dio ha fatto così con me. In questo modo costruirò con l’altro un rapporto di amicizia-amore unico: nessuna ferita che l’altro mi recherà mi potrà impedire la relazione con lui, perché io non posso vivere senza amare l’altro, così come esso è, non come io vorrei che fosse: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”.

La cosa interessante è che domenica scorsa abbiamo iniziato volgendo lo “sguardo” sui poveri, su chi nella vita è “ultimo” e fa fatica a vivere. E ci pareva una proposta che ci avrebbe portati fuori dai “grandi circuiti” della vita. Ma non è così. La conclusione odierna, infatti, mi e ci offre la ragione ultima del nostro agire “come Lui”: “Vi sarà dato…una misura colma e traboccante”. Perché in fondo, ci ricorda l’evangelista Matteo, ogni qual volta abbiamo fatto queste cose a un fratello più piccolo, lo abbiamo fatto a Lui (cfr Mt 25). Nell’ultimo giorno incontrerò Lui che mi ricolmerà quanto fatto: e sarà gioia traboccante in eterno, per sempre. Confidiamo e preghiamo, allora, affinché quanti incontriamo lungo il cammino possano dire di ciascuno di noi, “Tale Padre, tale figlio!”. Questa è la differenza cristiana, capace di divenire sale e luce, lievito della terra (cfr Mt 5,13).

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta (anno C)

Padre misericordioso, che fai sorgere il sole sui buoni e suoi malvagi, rendici capaci di perdonare chi ci fa del male, affinché il nostro amore non conosca nemici, e viviamo da figli e da fratelli in Cristo Signore.

Io rispondo così

MISERICORDIATO

Signore Dio,

Amico e Maestro di vita,

che Ti sei fatto infinitamente piccolo pur di ricolmarmi della tua misericordia, lode a Te!

Lode a Te per non avermi tolto nuove opportunità tutte le volte in cui ho tradito le tue attese.

Lode a Te per non avermi puntato il dito contro tutte le volte in cui non ho mantenuto la parola.

Lode a Te per non avermi allontanato dal tuo sguardo tutte le volte in cui ho ferito la mia dignità di uomo.

Lode a Te per non avermi abbandonato a me stesso tutte le volte in cui m’illudevo di poter fare senza di Te. Signore Dio,

Amico e Maestro di vita, che io comprenda

che per vincere me devo adorare Te;

per diventare misericordioso con gli altri devo essere misericordiato da Te.

Solo così quanti incontrerò lungo il cammino diranno: “tale Padre, tale figlio”.

Figlio dell’Altissimo.


Il commento al Vangelo di domenica 20 febbraio 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube. SCARICA IL FILE PDF