Con il lunedì dopo la Pentecoste, abbiamo iniziato il Tempo liturgico Ordinario che ci accompagnerà fino alla viglia del tempo d’Avvento, quando inizieremo un nuovo anno liturgico. E’ un tempo durante il quale, di domenica in domenica, la Chiesa, proprio attraverso la liturgia, ci educherà all’ascolto della Parola per divenire sempre più e sempre meglio “sale e luce della terra” (Mt, 5,13-16), sapendo vivere nel mondo ma non del mondo (Gv 15,18-21).
Quanto abbiamo contemplato nel tempo di Natale e Pasqua, ora siamo invitati a testimoniarlo nella “vita ordinaria”, nella vita di tutti i giorni, lì dove viviamo e operiamo, sapendo “correre”, come i Pastori (Lc 2,20), percorrendo strade diverse come i Magi (Mt 2,1ss); dando ragione della propria gioia e conversione come quanti hanno fatto esperienza della misericordia di Dio: il cieco nato (Gv 9,13-34), l’adultera (Gv 7,53ss), la samaritana al pozzo (Gv 4), gli Apostoli stessi, i quali, dopo l’iniziale paura, versarono il sangue per il loro Signore.
Ascolta “don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 2 Giugno 2024” su Spreaker.Nella I lettura, tratta dal libro dell’Esodo al capitolo 24, si parla del “sangue dell’alleanza”. Alla vigilia della partenza dall’Egitto, Mosè invitò il popolo ebreo a segnare gli stipiti delle porte delle proprie case con il sangue. Dio gli aveva detto: “Si prenda del sangue dell’agnello e lo si metta sui due stipiti e sull’architrave della porta delle case…Quella notte io passerò per il paese d’Egitto, colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto…il sangue vi servirà di segno…io passerò oltre” (Es 12,1ss).
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Questo ci offre la chiave per comprendere il testo che ci viene oggi presentato: Mosè prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo, poi prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole”. Viene quindi ricordata la prima alleanza tra Jahvè e il suo popolo, che verrà rotta con l’adorazione del vitello d’oro (Es 32). In quell’ora emergerà la speranza di una “nuova alleanza”, non costruita da mani d’uomo, ma iscritta nei cuori (cfr Ger 31,33). In modo speculare, il Vangelo ricalca questa esperienza:
Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede loro: nell’antica alleanza Mosè ha presentato un “libro” che conteneva la legge; Gesù nell’Eucarestia presenta se stesso: “Questo è il mio corpo”. In questo modo la nuova alleanza non consiste nell’obbedire alla legge – come con Mosè – ma nell’accogliere/nel fare esperienza di questo amore donato.
Poi Gesù prese il “calice…”: bere al calice significa accettare un impegno di vita fino all’amore estremo, come Gesù. Un’esperienza di liberazione che porterà il popolo a lodare il suo Dio e che porta noi, comunità dei credenti, a innalzare la nostra lode nel salmo: “Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”. Gesù, introduce a un nuovo rapporto con Dio: la nuova alleanza si fonda nell’amore, nel “sangue versato” e si nutre di amore. È per dono di Dio che si è instaurata la nuova alleanza: per grazia, non per meriti umani, che comunque sia non saranno mai all’altezza di Dio!
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Nella II lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei, si sottolinea che Gesù è l’unico sacerdote: Egli entrò nel santuario una volta per tutte, non mediante sangue di animali, ma in virtù del proprio sangue: Lui è l’Agnello di Dio che ci ha tolto una volta per tutte il peccato ed è oggi Lui l’unico mediatore di un’alleanza nuova.
L’Eucaristia domenicale è dunque l’appuntamento che Gesù, il Signore, mi rivolge e dove Lui stesso si dona a me, a ciascuno di noi. Mi rende partecipe del suo amore, di esso mi riveste, di esso mi nutre. Lui stesso è banchetto e cibo. Gesù stesso è Eucaristia: “Questo è il mio corpo…”, “Questo è il mio sangue…”. Cioè: questa è la mia vita, sono IO. Lui stesso mi prepara questo appuntamento, anche se sembra che tutto dipenda da me: “Dove vuoi che andiamo a preparare…?” (Mc 14,12). Domandano i discepoli.
Ma tutto è già pronto, non c’è nulla da preparare. Noi siamo i “Beati invitati alla Cena dell’Agnello”: unica cosa che i discepoli han dovuto procurare è l’agnello e le erbe amare, il pane e il vino, per ricordare l’uscita di Israele dall’Egitto. E quanto porteranno diventerà Eucarestia. Così vale per noi: Gesù ci chiede di portare “il frutto del nostro lavoro setti manale” per unirlo alla sua offerta, divenendo una cosa sola con Lui, un solo Corpo in Lui.
Con i nostri limiti, le nostre imperfezioni…in Gesù siamo “offerta gradita a Dio”; nutrendoci dell’Eucaristia siamo “un solo pane in Lui”. Nell’Eucaristia, nuova ed eterna alleanza, Dio non ci chiede di essere forti, ma di allearsi con il forte, il suo Figlio Gesù (L’eucaristia è il pane dei forti, Sal 78,25). In Lui, di ventiamo una cosa sola, diventiamo forti. In Gesù possiamo offrirci al Padre, per poi a nostra volta, “forti in Cristo”, donarci agli altri in offerta, “come Cristo”.
Gesù mi e ci ha preparato un posto al “piano superiore”. Questo luogo sta in alto, è luogo “teologico” dove Dio ha dato appuntamento ai discepoli e oggi a noi. Qui Gesù celebra l’Ultima Cena, qui appare risorto; qui gli Undici dimorano con Maria perseverando in preghiera nell’attesa di ricevere il dono dello Spirito Santo (At 2); qui si ritrova la prima comunità per ascoltare la Parola e condividere il pane (At 2,42).
In questo “salire al piano superiore” vogliamo anche cogliere un altro aspetto. Nell’invitarci, Gesù ci fa capire che siamo fatti per cose superiori, che meritiamo più di quanto ci stiamo concedendo. In questo guardare in alto, coerente con il nostro essere rinati dall’alto (Gv 3), Gesù ci svela la prospettiva attraverso la quale siamo chiamati a guardare alla vita: non fer marci alle cose della terra, orizzontali (cfr Col 3,1-4), ma guardare in alto. Puntare in alto.
L’Eucaristia è il sacramento che ci proietta verso le cose del Cielo, che chi invita a pensare in modo superiore/verticale, secondo Dio e non secondo gli uomini (cfr Mc 8,33). In questo proiettarci, l’Eucaristia si offre a noi come nutrimento, forza, pane del cielo perché “chi mangia di me, vivrà per me…vivrà in eterno” (cfr Gv 6,35). Questo e solo questo ci può sottrarre a una vita appiattita e banale.
Quel “salire al piano superiore” non significa estraniarsi dalla realtà o sentirsi “superiori agli altri”, quanto un lasciarsi prendere in disparte affinché il Signore parli al nostro cuore (Os 2,16ss) e ci nutra del pane degli angeli e dei pellegrini (cfr Sal 78,25; Sequenza del Corpus Domini): perché per amare come Dio, dobbiamo necessariamente custodire nel cuore la sua Parola ed essere sostenuti/nutriti dal suo Amore eterno: in fondo, l’Eucaristia è anticipo, “antipasto”, “prenotazione” (papa Francesco) dell’eternità, del paradiso. Nutriti e alimentati da Lui, sapremo passare dall’io al noi come Lui.
L’Eucaristia è esperienza dove si ritrova la “Comunità”, è “Incontro di comunità”, è palestra di fra ternità: ecco perché un cristiano non può accontentarsi della preghiera personale, perché c’è un momento in cui la Comunità, gli amici di Gesù, si ritrovano insieme per pregare: questa è l’Eucari stia. E in questo ritrovarsi, si ascolta la Parola e ci nutre dell’Eucaristia.
Questa “stanza al piano superiore” non è dunque un luogo ma un’esperienza, è il mio/nostro stesso cuore dove sono e siamo chiamati ad adorare Dio “in spirito e verità” (Gv 4,24). Qui si forgia l’uomo interiore (Ef 3,16) e si può comprendere l’altezza, la lunghezza, l’ampiezza e la profondità di Gesù (cfr Ef 3,17). È il luogo più intimo dove sono chiamato ogni giorno a dire il mio “Eccomi” a Colui che mi chiama a “salire” sempre più in alto.
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.