La solennità della Pentecoste conclude il tempo di Pasqua. Tempo durante il quale la liturgia ci ha permesso di cogliere lo stile di Gesù. La I lettura, tratta dal libro degli Atti, presenta il racconto di ciò che è avvenuto nel giorno di Pentecoste.
Il dono dello Spirito è capace di far comprendere quanti prima non si comprendevano; di rendere “fratelli tutti” quanti prima si consideravano estranei. Tratti che fanno cogliere che il dono per eccellenza dello Spirito è la “lingua dell’amore”, è riportare all’unità e alla comunione quanto è stato disgregato nell’esperienza della torre di Babele (cfr Gn 11).
Nella Pentecoste, possiamo dire che la Chiesa prende forma, riceve la forza e la spinta per divenire missionaria, strumento di comunione e di unità, come Gesù stesso ha pregato: “Prego perché…come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 20).
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Da questa consapevolezza sgorga spontanea l’incessante e confidente preghiera “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”, che la liturgia ha scelto come versetto del salmo responsoriale, perché lo Spirito è dono ma anche impegno. Un dono da accogliere, un impegno da vivere. Con questa premessa, entriamo nel testo del vangelo.
Gv 15,26-27; 16,12-15 | don Andrea Vena 59 kb 19 downloads
Solennità di Pentecoste, anno B At 2,1-11 Sal 104 Gal 5,16-25 Gv 15,26-27; 16,12-15 a…15,26: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me.”: il testo richiama il capitolo 14, quando Gesù aveva rassicurato i suoi che li avrebbe preceduti in cielo per preparare un posto per tutti, assicurando che non li avrebbe lasciati soli: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità” (14,16-17). Se il “mondo” rifiuta la verità e le opere di Gesù (cfr Gv 1,9), lo Spirito della verità darà voce a quanti dimorano nel Signore (14,7: vite e tralci). Il dono dello Spirito è l’amore che c’è tra il Padre e il Figlio, ecco perché lo Spirito è dono che procede dal Padre e dal Figlio, come recita anche il Credo. Un dono che Gesù restituisce al Padre “Chinato il capo, consegnò lo spirito” (Gv 19,30), per poi donarlo a noi tutti una volta salito al Cielo,: “Come il Padre ha amato e me io ho amato, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9).
15,27: “Anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio”: lo Spirito santo “attrezza”, rende capaci di “amare come Gesù”, di rendere testimonianza all’amore: “Amatevi come io ho amato voi” (Gv 15,12), dove in quel “come” c’è il fondamento dell’amore; il modello da seguire, c’è la ragione ultima, c’è la misura: “Come io”. Quindi è un amore totale, gratuito, libero, fino alla fine, fino all’estremo. Sapendo che questo “fino all’estremo” contempla la croce.
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16,12: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”: Gesù non carica oltre il dovuto la vita dei suoi discepoli, sa fino a dove sono in grado di portarne il peso; c’è un “troppo” che non si è in grado di accogliere eppure ne abbiamo nostalgia. Sarà questa nostalgia del “troppo” a spingere Adamo ed Eva a far da soli (Gn 3 , a fare a meno di Dio, illusi di essere dio! Gesù non carica oltre i suoi, perché strada facendo, proprio nel suo Spirito, svela le cose: “Sto rendendomi conto che Dio…” (Pietro, At 10,34). Ed è quanto anche Paolo spiega: “Quand’ero bambino parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino” (1Cor 13,11). Concetto che ritroviamo anche in altri passi di Giovanni, come ad esempio al capitolo 12: “I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono…” (Gv 12,16; cfr 2,22; 13,7). Una comprensione che avviene gradualmente, man mano che l’intelligenza si apre alle Scritture (cfr Lc 24,44).
v.13: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto quello che avrà udito e vi annuncerà le cose future”: il titolo “Spirito di Verità” (già incontrato in Gv 14,7 e in 15,26) è collegato a “Via” (14,6: “Io sono la Via) e lo ritroviamo nel libro dell’Apocalisse, dove l’Agnello “guida” i santi alle acque della vita (Ap 7,17). Ma la traduzione permette anche di ritenere che l’espressione rimandi all’azione dell’insegnare: “Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa” (cfr 14,26). Lo Spirito quindi è quel Maestro interiore che “resterà per sempre” e che aiuterà a cogliere la presenza di Dio dentro la storia a quanti ascoltano la sua Voce: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26). Parole che echeggiano in alcuni salmi/preghiere: “Il suo spirito buono mi guidi in terra piana” (Sal 143,10); “Insegnami, Signore, i tuoi sentieri, guidami nella tua verità” (Sal 25,4-5). Oppure in Isaia: “Lo spirito discese dal Signore e li guidava lungo la via” (Is 63,14). Ma non va dimenticato che il ruolo di “guida” nell’Antico Testamento era attribuito alla Sapienza: “Ella tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni…” (Sap 9,11). Nel vangelo di Giovanni, Gesù incarna la Sapienza, e così ora dona il suo stesso Spirito santo.
v. 14-15: “Egli mi glorificherà perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”: Gesù è nella gloria: ora lo Spirito santo renderà gloria a Gesù nell’aiutare i suoi discepoli a renderGli testimonianza. Lo Spirito agisce nei discepoli animandoli, rendendoli capaci di fare cose grandi perché inseriti in un rapporto di comunione con il Padre e il Figlio, nello Spirito santo, capaci di “mostrarsi” in una bella condotta di vita: “Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne”, ricorda Paolo nello II lettura (Gal 5,16), a ricordare che la vita in Cristo rimane una vita di “lotta” interiore, di combattimento. È la vita.
A questo punto resta una domanda di fondo: ma cosa significa concretamente per me vivere la Pentecoste? Cosa significa come credente vivere secondo lo Spirito? Con la Pentecoste ha inizio il nostro cammino verso il Cielo, la nostra ascensione al Padre. Ma ora devo anche domandarmi che ricadute ha questo cammino nella mia vita per vivere all’altezza della chiamata che ho ricevuto, della missione che mi è stata data non in virtù delle mie capacità ma in forza dell’amore libero e gratuito di Dio. Una cosa è certa: non posso e non possiamo ottenere tutto e subito solo con la nostra intelligenza, le nostre ricchezze, il potere… anche perché il cuore ha ragioni che la ragione non comprende. Solo lo Spirito santo rende capaci di vivere una vita all’altezza di Dio e quindi ci rende capaci di amare “come” Gesù. Certo, “capire” lo Spirito Santo non è facile: non riesco a materializzarlo se non in simboli (colomba, lingue di fuoco) e nei suoi frutti (cfr II lettura, Galati), perché “sfugge” alle nostre categorie. Questo perché lo Spirito è l’Amore tra il Padre e il Figlio fatto Persona, Uno con loro. Gesù ce lo ha mostrato con la sua vita. Quindi non è tanto una astrazione da capire, quanto una Persona da vivere attraverso relazioni improntate dall’amore, portatrici di “pace e comunione” (la colomba) e costruite nella verità e in un costante cammino di conversione (fuoco). Accanto ai simboli, i frutti, come appena ricordato: amore, gioia, pace, benevolenza, bontà, fedeltà…
Un altro aspetto lo colgo dalla prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli. Lo Spirito santo è paragonato a “un vento che si abbatte impetuoso”, dice il testo. Il vento fa pensare a una forza capace di cambiare la realtà: il vento porta sempre cambiamento, basti pensare alle correnti calde quando fa freddo, e viceversa. Lo Spirito è dunque la forza che “cambia il mondo”: entra nelle situazioni, nei cuori, nelle vicende umane e le cambia, le trasforma: “Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina”, ricorda la Sequenza che oggi viene cantata prima del vangelo. Lo Spirito infonde vigore e porterà paurosi discepoli a divenire coraggiosi testimoni: “Riceverete forza dallo Spirito santo e mi sarete testimoni” (At 1,8). “Lo Spirito sblocca gli animi sigillati dalla paura. Vince le resistenze. A chi si accontenta di mezze misure prospetta slanci di dono. Dilata i cuori ristretti. Spinge al servizio chi si adagia nella comodità. Fa camminare chi si sente arrivato. Fa sognare chi è affetto da tiepidezza. Ecco il cambiamento del cuore. Tanti promettono stagioni di cambiamento… ma l’esperienza insegna che nessun tentativo terreno di cambiare le cose soddisfa pienamente il cuore dell’uomo. Il cambiamento dello Spirito è diverso: non rivoluziona la vita attorno a noi, ma cambia il nostro cuore; non ci libera di colpo dai problemi, ma ci libera dentro per affrontarli; non ci dà tutto subito, ma ci fa camminare fiduciosi, senza farci mai stancare della vita…Lo Spirito santo porta unità nella frammentarietà, pace nelle afflizioni, fortezza nelle tentazioni…Dona intimità con Dio, forza interiore per andare avanti…spinge dal centro verso la periferia”(Benedetto XVI).
Ancora. Lo Spirito non omologa, eppure rende capaci di comprendersi. Oggi, o sei omologato a qualcuno, o non sei nessuno. A tal proposito ci aiuta un testo di san Cirillo di Gerusalemme: “L’acqua della pioggia discende dal cielo, e scende sempre allo stesso modo e forma, ma produce effetti multiformi. Altro è l’effetto prodotto nella palma, altro nella vite e così in tutte le cose…La pioggia non scende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono. Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, pur essendo unico e indivisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole … A uno conferisce il potere di scacciare i demoni, a un altro largisce il dono di interpretare le divine Scritture… Nell’uno lo Spirito produce un effetto, nell’altro ne produce uno diverso…”. Lo Spirito Santo non omologa, ma valorizza: come la pioggia, fa emergere l’originalità di ciascuno affinché ciascuno concorra a edificare il Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr Ef 4,12-13) con la propria originalità, con il dono ricevuto: chi dedito alla carità, chi nell’insegnamento, chi a casa, chi al lavoro, chi nello sport… Non c’è invidia, non c’è volontà di sopraffare, di “arrampicarsi” sulla pelle degli altri. Questo perché lo Spirito Santo non ispira “i pettegolezzi” che feriscono e dividono, ma educa alla lingua dell’amore, che tutti rispetta e tutti comprendono: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo…” (1Cor 13,1).
Lo Spirito Santo è un Maestro interiore che guida alla maturità, che non offre risposte ma suscita domande capaci di dilatare i cuori; non educa alle cose banali, ma alla Verità tutta intera. E più ti avvicini, più la tua vita diventa “parola vivente”, perché scrollato di dosso quanto poteva essere di ostacolo, emerge la bellezza di ciò che conta. Emerge l’essenziale, l’essere amato da Dio (cfr Considero come spazzatura le cose del mondo; , la vita è tutta protesa verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù, Fil 4).
Tanti spunti che ci permettono di capire che vivere secondo lo Spirito significa imparare a dare una giusta direzione alla vita e alle scelte reali della vita. Lasciarci guidare verso l’Altezza di Dio, vivere all’altezza di Dio, testimoniando già qui in terra quelle schegge di cielo di cui abbiamo parlato domenica scorsa. Spetta a noi allora, come chiesto da Gesù prima di salire al cielo, di rimanere uniti con Maria nel Cenacolo nell’attesa dello Spirito. Uniti in preghiera. Insieme. Perché solo nell’unità, nella concordia, nell’amore il nostro essere credenti sarà anche credibile.
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.