Siamo giunti alla terza domenica d’Avvento, terza tappa del cammino che ci sta accompagnando verso la Grotta per adorare il Bimbo di Betlemme. Una tappa contrassegnata dal timbro della letizia, della gioia che cogliamo dal cambio del colore liturgico (un rosaceo), dalla presenza dei fiori e dai canti più festosi.
Una tappa che molto richiama quelle soste che si compiono salendo verso la cima di una montagna: non si è ancora arrivati, eppure dalla «terrazza» che s’incontra, già s’intravvede la cima e lo spettacolo sottostante. E questa sosta rinfranca, rincuora, incoraggia. Il motivo della gioia per noi è il fatto che il Signore viene a farci visita: «Il Signore mi ha consacrato con l’unzione – ricorda Isaia nella prima lettura -; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri…».
Dio dunque fa visita al suo popolo, fa visita a ciascuno di noi e questo porta a magnificare il Signore: «Io gioisco pienamente nel Signore – continua il testo del profeta Isaia -, la mia anima esulta nel mio Dio…». Esultanza che si prolunga nel canto del salmo che oggi riporta il testo del Magnificat della Vergine Maria: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore…»; una gioia che rispecchia quella cantata dal profeta Isaia perché Dio si prende cura dei piccoli e dei poveri, di tutti: «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote, ha soccorso Israele suo servo…».
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vv. 6-7: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce».
A preparare questo incontro con il Signore fin dall’inizio dell’Avvento ci è stato affiancato Giovanni Battista. È il primo testimone di Gesù, colui che passo dopo passo ci sta aiutando a cogliere l’identità di Gesù stesso. Un cammino per suscitare e alimentare la fede nei discepoli, perché chiunque crede ha la vita eterna. Infatti sarà proprio Giovanni Battista a testimoniare d’aver visto scendere su Gesù lo Spirito come una colomba (cfr Gv 1,32-34). Il testimone è dunque colui che «ha visto» e che «ha creduto» e quindi può annunciare.
Il Battista sa qual è il suo ruolo e lo chiarisce bene: Non è la luce, ma rende testimonianza alla luce. In questo modo dalle parole di Giovanni Battista cogliamo che la «Luce» è il primo elemento per capire chi è Colui che deve venire: «Io sono la Luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Giovanni non attira su di sé l’attenzione, ma rimanda a Colui che deve venire: lui sa di dover diminuire per lasciare crescere Gesù nei cuori della gente (cfr Gv 3,30).
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v. 19: «Questa è la testimonianza di Giovanni… voce che grida nel deserto».
Giovanni è «voce» che grida non nella sontuosa grandiosità del Tempio, ma nell’aridità del «deserto». Non dentro palazzi sicuri e protetti, ma lungo le vie impervie della vita e della storia. Se Giovanni è la «voce», vuol dire che Colui che deve venire è la «Parola»: «Il Verbo – Parola – si è fatta carne», ricorda l’evangelista Giovanni (Gv 1,14).
Quanta fatica facciamo ancora oggi a sentire/ascoltare l’ultima Parola del Padre, Gesù, perché distratti dalle voci del mondo. La voce di Giovanni è voce di verità e di amore, non come le voci urlate del mondo che tendono solo a stordire e far scordare; voci che incitano a curiosità morbose dal nero al rosa, trascurando la limpidità del bianco (cfr dal discorso di Papa Francesco, ai Settimanali cattolici, novembre 2023).
v. 24: «Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogavano… Chi sei?… sei tu Elia?… Perché dunque battezzi?…».
Mentre Giovanni cerca di risvegliare i cuori del popolo, i sapienti inviano i controlli, perché Giovanni sta suscitando troppo interesse, la gente è ammirata dalla testimonianza di quest’uomo, e agli uomini di corte questo dà fastidio! Così mandano gli emissari per capire chi è Giovanni, cosa dice, cosa fa… Alle loro domande Giovanni risponderà sempre con un «no», rimanda sempre ad altro. La testimonianza e la predicazione di Giovanni infastidisce e preoccupa perché esce dal loro controllo.
Giovanni sprona cuori e menti per risvegliare l’attesa della venuta del Signore: c’è chi accoglie con stupore, e chi reagisce con risentimento. Le parole del profeta Isaia, il quale annunciava la visita del Signore per i poveri, gli ultimi, vengono ora rilanciate da Giovanni Battista, che scalda i cuori, aiuta a far memoria, a tessere i fili della storia affinché nulla vada dimenticato. Il popolo ha atteso, ora l’attesa è esaudita.
Una cosa è certa: il Signore continua a visitare il suo popolo, a visitare ciascuno di noi: chi sente rivolto a sé questo annuncio, non potrà che gioire e magnificare il Signore; chi rimane chiuso nelle sue certezze o prigioniero del suo passato, sentirà queste parole come un attacco alla propria sicurezza e ai propri privilegi. Questo è il motivo per cui i primi a cantare al Signore la propria gioia sono proprio gli ultimi, i poveri, gli scartati… coloro che non hanno nulla da perdere, perché hanno già perso tutto, ma hanno compreso che il Tutto si è fatto loro prossimo, loro vicino.
Col Battesimo ciascuno di noi è «scelto e inviato» a diventare testimone della Luce, cantore della Parola di Dio nel deserto delle strade e delle città; ormai pure nel deserto delle nostre chiese. Siamo chiamati a rendere testimonianza con la vita prima che con le parole, perché la testimonianza è la parola alla quale la gente dà maggiore credito. Ma per divenire testimoni credibili è necessario tornare all’essenziale, fissare noi per primi cuore e sguardo verso ciò che veramente conta: «Ogni mattina fa attento il mio orecchio, perché io ascolti come i discepoli. Il Signore mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza» (Is 50,4).
Come dicevamo domenica scorsa, si tratta di tornare all’essenziale, di fissare lo sguardo a quel «principio», a quell’ «archè» di cui si parlava domenica scorsa, perché il Signore visita ancora oggi il suo popolo; fa visita ancora oggi alla mia vita, ma forse sono io, siamo noi talmente presi da altro da non accorgerci della presenza del Signore, col rischio di ritrovarci appiattiti, incapaci di lasciarci stupire dalle grandi cose che il Signore ancora oggi compie in noi e attorno a noi. Gesù continua a venire tra noi, ma noi lo accogliamo? «Venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,11-12).
Ecco la ragione ultima della gioia: sapere di essere figli di Dio! E se i poveri, gli ultimi, gli scartati sono spesso i primi ad accorgersi di questa verità, è perché non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare: «Per il Signore Gesù ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo…» (Fil 3,5). Mentre capita spesso che dopo un iniziale entusiasmo nel seguire il Signore Gesù, uno rinunci perché ricco di troppi beni (vedi giovane ricco, Mc 19,16ss).
Così come può capitare che pur di difendere le proprie sicurezze e certezze umane, anche noi «mandiamo i nostri emissari» a interrogare Gesù e la sua Parola di Verità, cercando e sperando di addomesticarla a nostro uso e consumo: l’emissario della nostra sapienza umana, della logica del mondo, della furbizia di scegliere l’interpretazione più consona a noi… ma in questo modo non incontreremo mai il Signore Gesù, ma solo ciò che vogliamo trovare di Lui.
Giovanni Battista ha preceduto il Cristo, lo ha indicato e continua nella liturgia d’Avvento a prepararci alla sua venuta: con lui, anche la Vergine Maria è la grande figura che ci accompagna nel tempo dell’Avvento, quello di oggi e quello della vita nell’attesa del ritorno del Signore Gesù nella sua gloria.
Gv 1, 6-8.19-28 | don Andrea Vena 73 kb 7 downloads
III Domenica di Avvento, anno B Is 61,1-2,10-11 Sal Lc 1,46-50.53-54 1Ts 5,16-24…Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.