Continua il nostro cammino alla Cattedra della Liturgia nel Giorno in cui la Comunità dei credenti in Gesù, nel primo giorno della settimana, si riunisce attorno alle tre mense: quella della fraternità, della Parola, dell’Eucaristia. Il cristiano, infatti, non è e non può essere un solitario, ma è parte di un Comunità ed è proprio nella Domenica, Giorno del Signore, che questa Comunità si esprime, perché siamo salvati come popolo e non come singoli. Siamo popolo di Dio in cammino verso il Cielo. Infatti, dopo aver tratteggiato il profilo del credente o della comunità dei credenti, in queste ultime domeniche l’attenzione si sta portando verso la Meta, il Cielo. E cammin facendo questo sarà sempre più chiaro.
La liturgia, dunque, attraverso la Parola ci sta aiutando a comprendere che quanto siamo andati meditando lungo l’anno è servito per essere trovati pronti per il giorno dell’Incontro con Dio, al quale dovremmo rendere ragione delle nostre decisioni e scelte.
Nella XXVI domenica (1° ottobre), abbiamo ascoltato la parabola dei due figli, dei quali il primo rifiuta l’invito del padre ma poi si pente e fa, mentre il secondo accetta ma poi in realtà non farà nulla. A ricordarci che cambiare idea, convertirci è sempre possibile, prima di giungere alla Meta. Nella XXVII domenica (8 ottobre), abbiamo meditato la parabola del vignaiolo che affida la sua vigna a degli operai che però non consegnano il frutto/raccolto e arrivano a uccidere il figlio del padrone, illudendosi di entrare in possesso della vigna: messaggio per ricordarci che la vigna della nostra vita è in prestito, e alla fine saremo invitati a rimettere tutto nelle mani di Chi ce l’ha affidata.
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Oggi, XXVIII domenica (ricordo che le domeniche del Tempo Ordinario sono 34), il tema è quello del banchetto di nozze, immagine che fin nell’Antico Testamento richiama la gioia che si vive in Cielo, come ascoltiamo nella prima lettura tratta dal profeta Isaia: «Preparerà il Signore… per tutti i popoli… un banchetto… eliminerà la morte per sempre. Asciugherà le lacrime su ogni volto… Si dirà… Questi è il Signore in cui abbiamo sperato». Una certezza che si fa preghiera nelle parole del salmo: «Il Signore è il mio pastore… rinfranca l’anima mia… davanti a me prepari una mensa…». vv. 1-4: “Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Per parlare del regno dei cieli, Gesù si affida a una parabola e a una festa di nozze.
La prima cosa che emerge è che non si parla degli sposi, ma degli invitati. Dettaglio che emergerà lungo tutto il testo. Accanto agli invitati, poi, il protagonista è il Re, ossia il padre dello sposo – «festa di nozze per suo figlio» -. Un padre che organizza, prepara gli inviti, e, di fronte al diniego degli invitati a partecipare, manda pure i servi a chiamarli. vv. 5-8: «Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme le loro città».
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Il rifiuto da parte degli invitati si fa più deciso e svela cosa c’è dietro al loro diniego: lavori e affari. Non fanno nulla di male, ma restano prigionieri del loro mondo, come se fosse l’unico mondo! Sono incapaci di riconoscere e accogliere il dono/invito loro giunto. Non colgono di essere stati considerati «degni» di essere «invitati del re». Sono talmente accecati da sentirsi minacciati nella loro routine tanto che insultano e uccidono i servi stessi! Cosa che porterà il Re – indignato – a reagire e fare altrettanto con loro!
In questi primi versetti riusciamo così a cogliere che il Re è Dio, Egli manda i suoi servi – i profeti – per invitare i popoli a partecipare alla gioia del Regno, ma questi rifiutano, ed uccidono i profeti stessi. Alla fine il Re manda il Servo dei servi, Gesù, per cercare di recuperare la Sposa, ossia l’umanità. Basterebbe ripensare al profeta Osea: «La attirerò a me… parlerò al suo cuore… Ti farò mia sposa per sempre…» (Os 2,18-25). Tutti siamo invitati al banchetto succulento del Re (cfr prima lettura): «Beati gli invitati alla Cena del Signore…», recitiamo nella liturgia. È una «beatitudine» poter partecipare, è questione di gioia! Eppure anche di fronte a un tale invito di gratuità, si continua a restare indifferenti e presi dai propri affari, sottovalutando che arriverà il giorno in cui il Signore dirà: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?» (Lc 12,16-21).
La parabola insegna che anche di fronte ad atti di benevolenza non è detto che si riceva gratitudine, ma può capitare invece di ricevere indifferenza e perfino avversione! Anche i sacerdoti di oggi talvolta ricevono commenti amari sul fatto che ribadiscono la centralità dell’Eucaristia, motivando la critica col fatto che il lavoro impegna; così come talvolta sono gli stessi sacerdoti che talvolta incoraggiano i fedeli ad allontanarsi dall’Eucaristia domenicale perché celebrata banalmente o superficialmente. Dimenticando che l’Eucaristia domenicale dà il “tono” all’intera settimana! vv. 8-10: 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il rifiuto della prima categoria di invitati non toglie la volontà del Re nell’organizzare una grande festa di nozze per il figlio, e manda quindi altri servi nei crocicchi delle strade, a invitare chiunque. Cambia così la categoria: prima c’erano «alcuni invitati», ora invece «lo sono tutti», come sottolinea lo stesso evangelista: «tutti quelli che troverete» e «radunarono tutti quelli che trovarono». Un secondo dato è che sono invitati «buoni e cattivi», non c’è esclusione di nessuno. vv. 11-14: Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.
La conclusione ci riporta alla prima scena. Se da una parte è vero che «tutti» sono invitati, indipendentemente dal fatto che siano «buoni o cattivi», dall’altra però il partecipare chiede di rivestirsi dell’abito nuziale, ossia lasciarsi avvolgere dalla bellezza della gioia di sentirsi invitati. In fondo Dio non chiama perché si è «buoni» ma perché vuole «renderci buoni». Quindi c’è un rifiuto alle nozze dovuto a interessi diversi, ma c’è anche un rifiuto più sottile che è quello del mancare di gioia e di riconoscenza. I primi sono stati uccisi, il secondo gettato fuori, «nelle tenebre».
Un finale ci ricorda che al termine della vita ci sarà un giudizio decisivo che riguarderà in particolare l’aver o meno accettato il dono di Dio, il dono della vita, delle visite quotidiane che Dio rivolge ai suoi amici – avevo fame, avevo sete, ero forestiero…-; il dono dell’invito al banchetto dell’Eucaristia, anticipo del banchetto del cielo. Come non pensare a quanti ignorano questo succulento banchetto domenicale perché impegnati nel loro ristretto orizzonte. E come quanti vi partecipano – talvolta anche i sacerdoti – senza vestire la gioia della festa!
Insomma, c’è sempre anche per noi la tentazione di anteporre i nostri interessi e le nostre cose materiali al Signore che ci chiama, che ci ritiene degli invitati degni di partecipare alla Sua festa. Partecipare al banchetto dell’Eucaristia dovrebbe educarci a vivere ogni opportunità ed incontro come un dono di Dio da assaporare nello stupore e nella gioia. Invece capita spesso che molte occasioni siano vissute con fastidio, perché incapaci di cogliere che proprio lì Dio ci dà appuntamento!
Questi sono i momenti nei quali noi stessi ci autoescludiamo dalla festa alla quale il Signore voleva renderci partecipi: occasioni attraverso le quali Egli voleva rivestirci del manto della sua gioia, rifiutato perché indisponibili a lasciarci mettere in discussione in un cammino di conversione capace di cambiare il cuore, di ri-conoscere la presenza di Dio nel qui ed ora di ogni giorno. La veste nuziale è dono di Dio, a noi accoglierla con riconoscenza e gioia.
Mt 22,1-14 | don Andrea Vena 73 kb 21 downloads
XXVIII domenica del tempo ordinario, anno A (15 ottobre 2023) Is 25,6-10 Sal 23…Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.