don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 15 Ottobre 2023

528

Continua il nostro cammino alla Cattedra della Liturgia nel Giorno in cui la Comunità dei credenti in Gesù, nel primo  giorno della settimana, si riunisce attorno alle tre mense: quella della fraternità, della Parola, dell’Eucaristia. Il cristiano,  infatti, non è e non può essere un solitario, ma è parte di un Comunità ed è proprio nella Domenica, Giorno del Signore,  che questa Comunità si esprime, perché siamo salvati come popolo e non come singoli. Siamo popolo di Dio in cammino  verso il Cielo. Infatti, dopo aver tratteggiato il profilo del credente o della comunità dei credenti, in queste ultime domeniche l’attenzione si sta portando verso la Meta, il Cielo. E cammin facendo questo sarà sempre più chiaro.

La liturgia, dunque, attraverso la Parola ci sta aiutando a comprendere che quanto siamo andati meditando lungo l’anno  è servito per essere trovati pronti per il giorno dell’Incontro con Dio, al quale dovremmo rendere ragione delle nostre  decisioni e scelte.  

Nella XXVI domenica (1° ottobre), abbiamo ascoltato la parabola dei due figli, dei quali il primo rifiuta l’invito del padre ma poi si pente e fa, mentre il secondo accetta ma poi in realtà non farà nulla. A ricordarci che cambiare idea, convertirci  è sempre possibile, prima di giungere alla Meta. Nella XXVII domenica (8 ottobre), abbiamo meditato la parabola del  vignaiolo che affida la sua vigna a degli operai che però non consegnano il frutto/raccolto e arrivano a uccidere il figlio  del padrone, illudendosi di entrare in possesso della vigna: messaggio per ricordarci che la vigna della nostra vita è in  prestito, e alla fine saremo invitati a rimettere tutto nelle mani di Chi ce l’ha affidata.

- Pubblicità -

Oggi, XXVIII domenica (ricordo  che le domeniche del Tempo Ordinario sono 34), il tema è quello del banchetto di nozze, immagine che fin nell’Antico Testamento richiama la gioia che si vive in Cielo, come ascoltiamo nella prima lettura tratta dal profeta Isaia: «Preparerà il Signore… per tutti i popoli… un banchetto… eliminerà la morte per sempre. Asciugherà le lacrime su ogni  volto… Si dirà… Questi è il Signore in cui abbiamo sperato». Una certezza che si fa preghiera nelle parole del salmo:  «Il Signore è il mio pastore… rinfranca l’anima mia… davanti a me prepari una mensa…».  vv. 1-4: “Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze  per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di  nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 

Per parlare del regno dei cieli, Gesù si affida a una parabola e a una festa di nozze. 

La prima cosa che emerge è che non si parla degli sposi, ma degli invitati. Dettaglio che emergerà lungo tutto il testo.  Accanto agli invitati, poi, il protagonista è il Re, ossia il padre dello sposo – «festa di nozze per suo figlio» -. Un padre  che organizza, prepara gli inviti, e, di fronte al diniego degli invitati a partecipare, manda pure i servi a chiamarli. vv. 5-8: «Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi  servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede  alle fiamme le loro città».  

- Pubblicità -

Il rifiuto da parte degli invitati si fa più deciso e svela cosa c’è dietro al loro diniego: lavori e affari. Non fanno nulla di  male, ma restano prigionieri del loro mondo, come se fosse l’unico mondo! Sono incapaci di riconoscere e accogliere il  dono/invito loro giunto. Non colgono di essere stati considerati «degni» di essere «invitati del re». Sono talmente accecati da sentirsi minacciati nella loro routine tanto che insultano e uccidono i servi stessi! Cosa che porterà il Re – indignato – a reagire e fare altrettanto con loro!  

In questi primi versetti riusciamo così a cogliere che il Re è Dio, Egli manda i suoi servi – i profeti – per invitare i popoli a  partecipare alla gioia del Regno, ma questi rifiutano, ed uccidono i profeti stessi. Alla fine il Re manda il Servo dei servi,  Gesù, per cercare di recuperare la Sposa, ossia l’umanità. Basterebbe ripensare al profeta Osea: «La attirerò a me… parlerò al suo cuore… Ti farò mia sposa per sempre…» (Os 2,18-25). Tutti siamo invitati al banchetto succulento del Re  (cfr prima lettura): «Beati gli invitati alla Cena del Signore…», recitiamo nella liturgia. È una «beatitudine» poter partecipare, è questione di gioia! Eppure anche di fronte a un tale invito di gratuità, si continua a restare indifferenti e  presi dai propri affari, sottovalutando che arriverà il giorno in cui il Signore dirà: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?» (Lc 12,16-21).  

La parabola insegna che anche di fronte ad atti di benevolenza non è detto che si riceva gratitudine, ma può capitare  invece di ricevere indifferenza e perfino avversione! Anche i sacerdoti di oggi talvolta ricevono commenti amari sul fatto  che ribadiscono la centralità dell’Eucaristia, motivando la critica col fatto che il lavoro impegna; così come talvolta sono  gli stessi sacerdoti che talvolta incoraggiano i fedeli ad allontanarsi dall’Eucaristia domenicale perché celebrata banalmente o superficialmente. Dimenticando che l’Eucaristia domenicale dà il “tono” all’intera settimana!  vv. 8-10: 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi  delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti  quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 

Il rifiuto della prima categoria di invitati non toglie la volontà del Re nell’organizzare una grande festa di nozze per il figlio, e manda quindi altri servi nei crocicchi delle strade, a invitare chiunque. Cambia così la categoria: prima c’erano  «alcuni invitati», ora invece «lo sono tutti», come sottolinea lo stesso evangelista: «tutti quelli che troverete» e «radunarono tutti quelli che trovarono». Un secondo dato è che sono invitati «buoni e cattivi», non c’è esclusione di nessuno. vv. 11-14: Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico,  come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

La conclusione ci riporta alla prima scena. Se da una parte è vero che «tutti» sono invitati, indipendentemente dal fatto  che siano «buoni o cattivi», dall’altra però il partecipare chiede di rivestirsi dell’abito nuziale, ossia lasciarsi avvolgere  dalla bellezza della gioia di sentirsi invitati. In fondo Dio non chiama perché si è «buoni» ma perché vuole «renderci  buoni». Quindi c’è un rifiuto alle nozze dovuto a interessi diversi, ma c’è anche un rifiuto più sottile che è quello del  mancare di gioia e di riconoscenza. I primi sono stati uccisi, il secondo gettato fuori, «nelle tenebre». 

Un finale ci ricorda che al termine della vita ci sarà un giudizio decisivo che riguarderà in particolare l’aver o meno accettato il dono di Dio, il dono della vita, delle visite quotidiane che Dio rivolge ai suoi amici – avevo fame, avevo sete, ero  forestiero…-; il dono dell’invito al banchetto dell’Eucaristia, anticipo del banchetto del cielo. Come non pensare a quanti  ignorano questo succulento banchetto domenicale perché impegnati nel loro ristretto orizzonte. E come quanti vi partecipano – talvolta anche i sacerdoti – senza vestire la gioia della festa!  

Insomma, c’è sempre anche per noi la tentazione di anteporre i nostri interessi e le nostre cose materiali al Signore che  ci chiama, che ci ritiene degli invitati degni di partecipare alla Sua festa. Partecipare al banchetto dell’Eucaristia dovrebbe educarci a vivere ogni opportunità ed incontro come un dono di Dio da assaporare nello stupore e nella gioia.  Invece capita spesso che molte occasioni siano vissute con fastidio, perché incapaci di cogliere che proprio lì Dio ci dà appuntamento!

Questi sono i momenti nei quali noi stessi ci autoescludiamo dalla festa alla quale il Signore voleva  renderci partecipi: occasioni attraverso le quali Egli voleva rivestirci del manto della sua gioia, rifiutato perché indisponibili a lasciarci mettere in discussione in un cammino di conversione capace di cambiare il cuore, di ri-conoscere la  presenza di Dio nel qui ed ora di ogni giorno. La veste nuziale è dono di Dio, a noi accoglierla con riconoscenza e gioia.  

Icona

Mt 22,1-14 | don Andrea Vena 73 kb 20 downloads

XXVIII domenica del tempo ordinario, anno A (15 ottobre 2023) Is 25,6-10 Sal 23…

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.