Siamo giunti alla domenica della Passione, più conosciuta come domenica delle Palme, celebrazione nella quale ricordiamo l’ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto dalla gente festante con rami di palme e di ulivo.
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Benedetto XVI, commentando questa Domenica ebbe a dire: “la domenica della Passione è il grande portale che ci introduce nella Settimana Santa, la settimana nella quale il Signore Gesù si avvia verso il culmine della sua vicenda terrena… per portare a compimento le Scritture e per essere appeso sul legno della croce, il trono da cui regnerà per sempre”.
Passione, nel nostro contesto significa “patire-soffrire” e indica la condizione di passività, l’essere cioè sottoposto all’azione di un altro; si contrappone ad “azione”, dove il soggetto è protagonista di quanto fa.
Gesù, obbediente al Padre fino alla fine, ha vissuto la sua Passione per amore dell’umanità.
Una Passione che portava dentro di sé tutto l’amore, tutta la “passione/amore” per gli uomini: vediamo così un secondo significato del termine, ossia il fare qualcosa con partecipazione profonda, con intensità di sentimento, con totale dedizione di sé.
In Gesù troviamo questi due “significati” uniti: Gesù aveva una tale passione per gli uomini, che ha accettato di subire la Passione (di dolore) inflitta dagli uomini, pur di liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte.
Oggi questa esperienza di vita che Gesù ci ha lasciato si fa scuola per noi, si fa cattedra dalla quale imparare a vivere “con passione” l’impegno della vita, forti della Passione che Gesù ha subito per noi pur di renderci liberi e felici.
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In fondo, non si dice spesso che “non fai le cose con passione?”, “Non metti passione in quello che fai?”.
Vorrei così introdurmi nel significato dei giorni che ci stanno davanti a partire da questo dato, cercando di vivere questo tempo per capire Gesù, e imparare da questo tempo per vivere con passione, come Gesù.
Tanti possono essere gli approcci alle letture della Domenica della Passione: io ho scelto come filo conduttore il tema della “preghiera”.
DOMENICA DELLE PALME
a) “Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31ss).
Gesù ha appena celebrato l’Ultima Cena, segnalando che qualcuno lo tradirà. Poco dopo, in modo paterno, si rivolge a Simone, assicurandogli d’aver già pregato per Lui perché non venga meno nel momento della prova.
Gesù è consapevole che Simone rimane pur sempre quel semplice pescatore che con entusiasmo ha scelto di gettare le reti della sua vita in Lui (cfr Lc 5,1-11). Ma sa bene che tanto dovrà ancora crescere.
“Simone, Simone”, dice Gesù, chiamandolo col suo vecchio nome, e non con “Pietro”, a sottolineare che seppur debole e fragile – “Simone” rimanda alla sua umanità – Gesù mantiene la sua fiducia in Lui.
E in quella solenne chiamata (espressa citando due volte il nome), fa capire agli altri discepoli che Simon Pietro manterrà il ruolo di guida, anche se a breve il canto del gallo segnalerà il suo rinnegamento.
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Ciò che rende forte Simon Pietro è la preghiera che Gesù ha innalzato per lui: “Ho pregato per te”. Come a dire: sono con te, sto dalla tua parte, ti sono e sarò vicino, ti aiuterò e, se servirà, ti rialzerò.
La preghiera previene, accompagna e segue Simone: questa è la sua garanzia e la sua forza. Anche nell’errore, nel rinnegamento.
“E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”: una volta fatta esperienza della vicinanza di Dio, del suo abbraccio benedicente, del suo sguardo pacifico e misericordioso… fai anche tu lo stesso (cfr 10,25-37).
Quanto Gesù ha fatto per Simone, così continua a farlo per ciascuno di noi, perché non sono i ruoli o le responsabilità a garantire stabilità (cfr Rm 7,28ss).
Vivere la vita “con passione” chiede di appoggiarsi in Chi tutto rende possibile (cfr Fil 4,13): Gesù.
Ed è Lui a fare il primo passo, a portarci nella sua preghiera, a farsi per noi intercessore e garante presso il Padre, perché sa bene quanto il dono della vita, della fede… è custodito in vasi di creta (cfr 2Cor 4,7); sa quanto siamo fragili, quanto è facile lasciarci deviare dalle tante tentazioni.
Quello di Gesù non è un atto isolato: siamo immersi nella sua preghiera non una volta sola, ma costantemente, è un continuum, perché sa che senza di Lui non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5):
“Padre io prego per loro… Padre, custodiscili nel tuo nome… perché siano una sola cosa, come noi… Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno… Consacrali nella verità” (Gv 17).
La preghiera di Gesù ci precede, ci accompagna e ci sostiene lungo l’intero corso della vita. Solo così vivremo la vita “con passione”, forti della “sua Passione”.
Una fortezza che nasce e si nutre dal costato aperto di Gesù in croce, da dove sgorgano sangue ed acqua, simboli dei sacramenti ma altresì dono dello Spirito santo (cfr Gv 19,31-37).
b) “Pregate, per non entrare in tentazione” (Lc 22,39ss)
Nell’orto degli ulivi torna il tema della preghiera come richiesta ai discepoli – “pregate…” – e vissuta da Gesù – “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà… Entrato nella lotta, pregava più intensamente” (v. 42-44).
Una preghiera – dice il testo – che arriva a farsi “lotta”, che trova il suo apice al momento fissato, in Croce.
Gesù non è venuto per salvare se stesso, ma per salvarci, rimanendo obbediente al Padre fino alla fine, pur di salvarci. Fedele al Padre, fedele a noi peccatori (cfr 1Tm 1,15).
In tutto questo dramma, i discepoli “dormono”. Gesù aveva chiesto di “vegliare”, di “pregare”…
Ora dormono, poi scapperanno. Ma mentre i discepoli “dormono”, Giuda “è vigile”.
Se è vero che la preghiera di Gesù precede, accompagna e sostiene la nostra vita, è altrettanto vero che Gesù attende la nostra collaborazione: “pregate, per non entrare in tentazione”.
Lui sa bene che il sonno può prendere il sopravvento: il sonno della stanchezza, il sonno di una vita superficiale o banale, il sonno della paura e delle tentazioni…
E per vincere questo sonno anche noi, come Gesù, siamo chiamati a volte a “lottare” con Dio, soprattutto quando i suoi progetti non coincidono con i nostri.
Vivere la vita con passione chiede il coraggio di imparare che la vita è fatta di letizia ma anche di lotte, e questo lo possiamo imparare solo conoscendoci in Gesù.
Solo in questo modo sapremo restare saldi e appassionati anche nelle piccole o grandi “passioni” della vita, sapendo farci piccoli samaritani, prendendoci a cuore la sorte di chi cammina con noi.
c) La preghiera in Croce. «“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34) e “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo morì» (Lc 23,44-46).
Il dialogo con il Padre trova il suo apice in croce, quando Gesù “perdona” e “consegna se stesso”.
Due atti che portano a compimento lo stile della sua vita: fare la volontà del Padre.
Gesù perdona i suoi uccisori perché “non sanno quello fanno”, come il discepolo prodigo che necessita di “rientrare in se stesso” (Lc 15,17).
Gesù si consegna totalmente al Padre, offrendo ciò che non è suo: la vita. Fino all’ultimo si è preoccupato delle “cose del Padre”, rimanendo fedele a tutti, anche a chi lo ha crocifisso.
“Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici… e voi siete miei amici” (Gv 15,13-14).
Spetta a noi “rimanere in Lui” e la via privilegiata è la preghiera, che è affidare a Dio la nostra vita.
Questo essere cuore abitato da Dio, come direbbe Pascal, è passione della vita nutrita dalla Passione di Gesù.
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.