In queste domeniche stiamo ascoltando il Discorso della Montagna: le beatitudini (IV domenica), l’essere sale e luce (V domenica) e oggi il rapporto con la legge, che Gesù – dice il testo – non è venuto ad abolire ma a portare a compimento. Quanto detto prima di Lui, fa capire Gesù, era vero, ma non era tutto. Il rapporto con Dio, con se stessi, con gli altri deve passare dalla “legge” alla “grazia”: questa è la maturità nel disegno amoroso di Dio.
Per sentirci sicuri noi creiamo leggi, convenzioni e queste ci fanno sentire al sicuro: ma la vita è più grande della norma, della legge. Passare dalla legge al cuore è il segno della vita matura adulta. Fare le cose non solo perché prescritte, ma perché nascono nel cuore.
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Viviamo in un tempo in cui pare che la “legge-regola” non permetta di essere liberi di fare quello che si vuole. Ma se ci pensiamo bene, la “regola” serve per andare dritto, per non farti del male e non farne agli altri; allora si comprende l’espressione: “cerca di rigar dritto”. Per capire questo concetto la liturgia ci offre come prima lettura un passo del libro del Siracide dove è scritto: “Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai… Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene il male”. La legge, i comandamenti “ti custodiscono”, ma spetta a te scegliere da quale parte stare. La tua vita sarà bella, beata nella misura in cui ti fidi di Colui che ti chiede qualcosa: non è l’obbedienza a una regola che ti rende felice, ma la fiducia in Colui che ti propone quella “regola” che ti rende felice, come risponderemo nel salmo: “Beato chi cammina nella legge del Signore”.
vv. 17-19: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà consi
derato grande nel regno dei cieli”.
Dopo le grandi enunciazioni – beatitudini e sale-luce – in questo passaggio possiamo dire che Gesù diventa concreto e segnala quali sono le opere da compiere. Inizia dalla Legge antica e analizza alcuni casi di comportamento offrendo però una nuova chiave di lettura. Ciò che Gesù fa capire è che Lui non è venuta a cancellare la legge, ma chiede di vivere la legge con tutta la carica dell’amore di Dio. Non basta cioè osservare la legge, limitarsi a fare bene le cose: devi farlo con amore. Una persona non la si può semplicemente misurare in base al fatto che obbedisce a quanto viene chiesto, ma in base al fatto che agisce senza che tu dica quello che deve fare: solo così si capirà se la “legge” è nel suo cuore e lo fa con cuore.
vv. 20-22: “Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stu
pido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. L’orizzonte che Gesù indica è il regno dei cieli. O si è animati da questo traguardo, o anche col vangelo si rischia di restare integralisti della legge, della regola, ma non innamorati di Dio e della sua grazia. Con espressione “Avete inteso che fu detto…ma io vi dico”, Gesù invita a cambiare la motivazione che anima ogni ambito di vita, ogni gesto, ogni parola, ogni rapporto con le persone e con le cose. Fare le cose non perché “tocca”, ma perché “Si ama”. E questo lo si può fare nella misura della consapevolezza di essere già amato da Dio (1Gv 4,19): “Come io ho amato voi… così anche voi amatevi gli uni gli altri” (Gv 13,31ss). Qui, ci dice Gesù, troviamo la ragione ultima del nostro agire, e in quest’ottica la misura dell’amore è non avere misura. Come Gesù. La legge, dice Gesù, serviva a portare a questa logica, a questo di più di amore e di gratuità che può nascere solo da un cuore grato e riconoscente per ciò che ha ricevuto. In fondo il Signore ci ha insegnato tutto questo con la sua vita e ancor più con la sua morte: ha offerto se stesso per noi in croce, per amore. In croce Gesù ci ha insegnato che la giustizia chiede di essere animata dall’amore e dalla misericordia, non da una mera esecuzione della legge, cadendo nel formalismo di facciata, già criticato quando disse: “Fate quello che dicono, ma non quello che fanno” (Mt 23,1-12). Limitarsi a fare le cose per “legge” porta a pesare il tempo e il dono, a vivere ponendo solo puntini: faccio fino qui, di più non faccio… oppure: non serve a niente… nessuno se ne accorge… è fatica sprecata…
Il virus dell’egoismo, del protagonismo, dell’esibizionismo tocca tutti gli ambiti della vita, proprio perché ogni cosa che facciamo riguarda il “cuore”. E Gesù guarda al cuore, non all’apparenza! (cfr 1Sam 16,6-11). Riguarda il rispetto della dignità della vita. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sotto posto al giudizio. Gesù non si limita al caso della soppressione fisica di una vita, ma allarga il discorso facendo capire che ogni comportamento che offende la dignità della persona umana, comprese le parole, è calpestare l’altro. Quando non si ama o si umilia l’altro, uccidi piano piano anche te: odio, rivalità, divisioni uccidono la carità fraterna che è alla base di ogni relazione. Gesù ci invita a non stabilire una graduatoria delle offese, ma a considerarle tutte dannose, in quanto mosse dall’intento di fare del male al prossimo. La lingua rimane pur sempre un’arma. Riguarda il culto a Dio: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”.
Riguarda la vita matrimoniale: Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. L’adulterio era con siderato una violazione del diritto di proprietà dell’uomo sulla donna. Gesù invece va alla radice del male. L’adulterio nasce prima nell’intimo e, una volta coltivato nel cuore il desiderio sbagliato, si attua nel comportamento concreto. E Gesù dice: chi guarda una donna che non è la propria con animo di possesso è un adultero nel suo cuore, ha incominciato la strada verso l’adulterio.
Riguarda le relazioni. “Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, …Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno”. Il giuramento è segno dell’insicu rezza e della doppiezza con cui si svolgono le relazioni umane. Si strumentalizza l’autorità di Dio per dare garanzia alle nostre vicende umane. Gesù, invece, invita a costruire relazioni basate sulla sincerità, sulla fiducia reciproca evitando doppiezze, sospetti reciproci che portano a non fidarsi dell’altro. Una volta bastava una stretta di mano per un accordo, oggi se non sei di fronte a un notaio non vale nulla!
La legge nuova che Gesù è venuto a portare ci permette di recuperare la verità ultima delle cose, aiutandoci a compren dere che quanto è stato stabilito serviva come premessa per un bel vivere. Ora questa Legge non è più fatta di prescri zioni, ma è una vita vissuta e donata in Gesù, e sul suo esempio siamo invitati a fare altrettanto. Da quanto si è cercato di spiegare, si tratta di vivere la Legge come strumento di libertà che aiuta ad essere più liberi, a non essere schiavi delle passioni e quindi del peccato: “Fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai…” (Gal 5,13): “Va, e anche tu fa lo stesso” (cfr Lc 10,25ss – buon samaritano).
Leggi qui la preghiera per questa domenica.
Il commento al Vangelo di domenica 12 febbraio 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.