don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 10 Settembre 2023

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Dopo aver meditato sull’impegnativa proposta di seguire il Signore Gesù accettando di abbracciare la Croce, simbolo  dell’amore «Per sempre» (domenica scorsa, Mt 17,21-28), oggi siamo invitati a meditare uno dei Discorsi di Gesù rivolti  alla Comunità. Un Discorso che si trova incastonato tra due annunci di Croce: uno lo abbiamo meditato nelle domeniche  precedenti (Mt 16,21 e 17,22-23) e uno è presente in Mt 20,17-19, ma non lo ascolteremo nella Liturgia.

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Questa precisazione ci permette di dire che il Discorso vale per chi vive dietro a Gesù, per chi ha accettato di condividere la sua proposta, il suo stile di vita e di amore, di servizio e di dono. Per chi ha accettato il «Per sempre» e non il «Mai» di Pietro,  meditato appunto domenica scorsa. Ecco, la proposta dunque è per chi ha scelto di vivere con e come Gesù, e ora Lui  propone uno stile di vita comunitaria, ossia indica come i fratelli sono chiamati a vivere insieme e che ha alla base la  correzione fraterna.

Per introdurci e offrirci uno squarcio di luce su questo tema la Liturgia ha scelto come prima lettura  un brano del profeta Ezechiele: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai  dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli  perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli  morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato». Ezechiele si trova sulla breccia in un momento particolarmente critico  della storia: deve denunziare le violazioni e incoraggiare il popolo di fronte allo scoraggiamento. Non può tacere la  verità né tanto meno addolcirla: quanto Dio dice, il profeta deve dire. A tale riguardo tornano alla mente le parole di  san Paolo quando scrive a Timoteo: «Ti scongiuro…annunzia la tua parola, insisti in ogni occasione opportuna e non  opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta…» (2Tm 4,1-2).  

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vv. 15- : «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai  guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta  sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la  comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano».

Nelle domeniche precedenti abbiamo compreso che a fondamento della Comunità c’è Gesù, il Cristo e Signore (cfr Mt 16,24). Una adesione, una sequela che chiede di abbracciare  la Croce fino in fondo, ossia la logica d’amore che Gesù stesso ha vissuto. Non è che per il fatto che questi discepoli  seguano il Signore, ora siano tutti perfetti.

Il male resta. A causa del peccato (Gen 3; 1Gv 3, la concupiscenza), la capacità  di compiere il male ti accompagna. Il peso della quotidianità, la stanchezza, la debolezza della convinzione (cfr domenica scorsa), il dubbio…attraversano il cuore umano. In tutti: che si sia singoli, coppia, comunità…il peccato c’è. E il male  non giunge solo da un «nemico», ma anche da chi ti sta accanto. Ecco quindi il testo e contesto odierno: «Se il tuo  fratello ha commesso il male contro di te…». Il primo dato che emerge è che ci si trova di fronte a fratelli e sorelle di  comunità: il male è presente. Nasconderlo è illusione. La Comunità, e oggi la Chiesa, non è composta da uomini e donne  senza peccato, ma registra presenze che contraddicono il Vangelo. Che come Pietro, anche se non dicono, fanno volentieri a meno dell’esigente regola dell’Amore «Per sempre» (cfr domenica scorsa).

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Conflitti, gelosie, opposizioni, di visioni…ci sono e sempre ci saranno: nel cuore umano e in ogni esperienza di fraternità. Poi un conto è prendere coscienza di questa realtà, un conto è chiamarla per nome e segnalarla. Gesù suggerisce per prima cosa che chi si è sentito  offeso, sia lui per primo a fare un passo per chiedere spiegazione. Andare non tanto con l’impulso della collera, ma  lasciar decantare, scegliendo il momento e il modo giusto, perché solo «Con la pazienza guadagnerete le vostre vite» (Lc  21,19). Non quindi con spirito di vendetta, o di umiliazione, perché l’azione che Gesù suggerisce è volta a recuperare il  fratello che ha sbagliato: è pedagogia del recupero quella che indica Gesù. Ecco allora il primo invito di Gesù, fare ogni  cosa con pazienza e discrezione. Se questo non fosse sufficiente, Gesù suggerisce un secondo passaggio: «Prendere  con sé due o tre testimoni» (cfr Dt 19,15).

Alla fine, se proprio anche questo approccio non funzionasse, dirlo a tutta la  Comunità. In questo processo fraterno ciò che emerge più di tutto la responsabilità personale ad attuare questi suggerimenti con la maggiore discrezione possibile, come ricorda san Paolo: «Agire secondo verità nella carità» (Ef 4,15), sapendo che anche Gesù ha amato i suoi fino alla fine, Giuda compreso, fino a chiamarlo amico nel momento del tradimento: «Amico, per questo sei qui» (Mt 26,50). Un gesto che rafforza ancor di più le parole stesse di Gesù: «Amate i vostri  nemici» (Mt 5,44). Si comprende che Gesù desidera che nella sua Comunità regnino misericordia e pace. E dove non c’è  possibilità di recupero, «sia per te come il pubblicano», dice il testo: non che debba essere abbandonato, quanto posto  nelle mani di Dio, perché Lui solo può arrivare al cuore.  

vv….. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete  sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere  qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono  io in mezzo a loro».

La conclusione del testo evangelico fa capire che la Comunità non è tanto e solo quella religiosa o  civile, ma «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Famiglia, gruppo, comunità…dove ci sono  i discepoli del Signore lì si dovrebbe vedere brillare la gioia del vangelo dell’amore e del perdono.  Come ricorda spesso papa Francesco, questa pedagogia del recupero fa sì che tanti chiacchiericci siano evitati. La possibilità di sbagliare c’è in tutti: nessuno escluso.

Se imparassimo a partire da qui, forse vivremmo con più serenità di  fronte ai nostri errori e fragilità, imparando a lasciarci correggere da Colui che per primo è sempre accanto a noi e mai  ci abbandona. Quanto salutare infatti è una buona confessione!: «Ti ho manifestato il mio peccato, non tenuto nascosto  il mio errore…E tu hai rimesso la malizia del mio peccato» (sal 32,5). E tutto si ridimensiona, perché Dio è più grande del  nostro cuore e del nostro peccato (cfr 1Gv 3,20).

Un cuore riconciliato saprà meglio diventare strumento di riconciliazione, e ci permetterà di accostarci agli altri con un atteggiamento meno giudicante. Possiamo veramente ritenere che  il Signore Gesù in queste osservazioni ponga in noi fiducia nel saper agire con il suo stesso amore e, se proprio le cose  non vanno per il verso giusto, sapere mettere ogni cosa nelle mani di Dio. Non resta che fare nostre le parole del salmo  e dire, cantare, direi gridare: «Ascoltate oggi la voce del Signore…Non induriamo il cuore». Perché in Lui c’è gioia e  salvezza. C’è perdono.

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Mt 18,15-20 | don Andrea Vena 56 kb 3 downloads

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Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.