don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 8 Maggio 2022

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Risarcimento (ormai la pretendo, la vita eterna)

Quarta domenica di Pasqua C

Le mie pecore ascoltano la mia voce

Mi perdo tra i ricami della memoria, se ti ho ascoltato è stato solo per istinto di sopravvivenza. Solo chinandomi pazientemente su quel mistero che è la vita passata riesco a trovare tracce di te. Sottile il silenzio del tuo celarti dentro il nocciolo oscuro delle cose. Spesso scandaloso il tuo mormorare mentre io tentavo di portare in salvo la mia vita, tu sussurravi e io fuggivo. Dopo, solo dopo, stremato, sono precipitato in te. Il volto morente di mio padre non mi abbandona, e tu parlavi da quel corpo sfigurato. La nostalgia per gli amori andati perduti, e tu parli in quella flebile richiesta d’affetto. Il pianto che mi riempie gli occhi per l’amico di una vita strappato dalla leucemia. Sentirti vivo qui e ora, adesso, è ostacolo per me ancora troppo grande. Mi serve tempo, di lasciarmi attraversare dagli eventi, di subirli anche, di oppormi, e poi voltarmi, smarrito, a riconoscere che tu eri, e io non lo sapevo. Ho paura di illudermi, che tu sia una mia costruzione. Non so ancora dove cercare, decostruire le mie attese, farmi sorprendere, spogliarmi da certo spiritualismo che non cede, che non si rassegna a cercarti tra le pieghe delle storie, dentro l’apparente banalità degli incontri. Riuscirò mai ad ascoltarti mentre tu parli in questo istante logorato dalla mia pochezza?

 …io le conosco…

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Tu mi conosci, e non ho paura. Forse è questa la fede, non aver paura di me stesso, non opporre più resistenza, avere la sicurezza di non poterti deludere nonostante ciò che sono. Tu mi conosci e non ti fermi. Che sia questo il motivo unico per cui siamo messi al mondo? Tu mi conosci, tu mi comprendi, tu mi smascheri, tu mi insegui, tu mi assedi, tu mi aspetti. Mio Amore da sempre in agguato. Affondo tra le viscere della Parola e percepisco la lama che seziona la parte più intima di me stesso. Io posso solo cercarti, solo Tu puoi penetrarmi. Io posso solo implorarti, solo tu puoi sedurmi. In balia di una speranza ho provato anche a dimenticarti, ma perdere te è disintegrare ogni cosa di me. Mi sei dentro, ti scopro già presente, amore in attesa appostato in ogni mia decisione. Io non mi conosco, solo Tu puoi, io mi sopporto, io mi interrogo, io mi divincolo tentando di giocare con le parole, io mi nascondo, io mi vergogno, io non comprendo, solo Tu puoi. Che tu mi conosca mi rassicura, non posso fingere con te, nessuna aspettativa, nessun ricatto, non devo far altro che lasciarmi fare. Imparerò, ti giuro, ad addormentarmi tra le tue braccia.

 …ed esse mi seguono.

Dove vuoi che vada ormai? Tu sai che ho provato a divincolarmi, tu sai che spesso avrei voluto seguire altre strade. Tu sai che quando ero sicuro di seguirti stavo solo cercando un posto sicuro nel mondo. Tu sai che non sono le promesse solenni a sancire la verità di un cammino. Tu sai che sei la mia ossessione e che per seguirti davvero ho dovuto perdere tutto. Tu sai che non averi avuto la forza di seguirti se tu non mi avessi dirottato in case che mai avrei creduto di abitare, in solitudini che mai avrei creduto di poter sostenere. Tu sai che seguirti è una condanna che il cuore dolcemente mi infligge ogni giorno. Tu sai che ci sono notti in cui in cui sono sicuro di aver camminato altrove. Tu sai che non saprei seguirti se tu non ti umiliassi ogni giorno a diventare la mia strada.

Io do loro la vita eterna

Non mi importa ormai nient’altro che la vita eterna, e tu lo sai. La pretendo, la pretendo almeno come risarcimento. Mi hai condotto a vedere la morte negli occhi, cadaveri di vite, cadaveri di sogni, traiettorie spezzate senza un motivo. La morte mi respira sul collo da sempre, lei sì che la sento ad ogni passo. Tu devi darmi l’eternità, non puoi più ritirare la promessa. Anche solo per la nostalgia d’amore accumulato, per chi ha già abbracciato la morte e non è più con me, per tutte le volte che hai smascherato quella che chiamavo felicità, per il dolore delle tante persone che mi chiedono aiuto, consiglio, conforto. Per riparare ai miei silenzi. Io mi fido di te, non ho altro che questo, se siamo a questo punto è solo per la promessa di eternità che abita la vita. A volte mi pare di non avere più niente, lontani i tempi dell’attivismo in parrocchia, sfumata la tentazione di credere che pubblicare un libro possa riempire la vita, nessun figlio da accompagnare, nessuna istituzione da difendere, non è rimasto finalmente niente, e in questo niente solo io che imploro, io che attendo, io che spero che non sia stato tutto vano. Attendo te, a trasfigurare la vita per mostrarmi che tutto è stato, che tutto è già, che tutto sarà per sempre eterno.

 non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

Sono in mano tua. Io potrei strapparmi, io solo ormai potrei strapparmi da te, ma non ne ho più le forze. Non per fede, forse per sfinimento, o anche solo per curiosità. Dimmi che sul tuo palmo tutto ritroverò, che tutti ci ritroveremo, continua a dirmelo, ti prego.

Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola»

E mi ricordo di mio padre, di quando ben prima di sapere che sarebbe morto di lì a pochi mesi mi disse che lui mi sarebbe stato accanto e io non capivo e io non mi aspettavo una dichiarazione così dolce tra uomini sempre troppo lombardi. E io non riesco a non immaginare altro che il suo volto sul tuo. Il tuo volto su quello del padre e quello di mio padre sul tuo, sei la stratificazione dei volti che mi hanno amato, sono in mano vostra.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica