don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 7 Marzo 2021

Non prendetemi troppo sul serio

(Giovanni 2,13-25)

Terza domenica di Quaresima anno B 2021

Per prima cosa vi chiedo di sedervi con me, se volete, dall’altra parte dei banchi, dalla parte dei venditori. Che il rischio di credere che siano sempre gli altri a dover sbaraccare è troppo alto anche per me. Sistemiamoci qui, dietro al nostro banchetto, con la mercanzia che vendiamo. Io ci metto la mia, senza vergogna, tutte le troppe parole che scrivo, tutte le pagine di questo blog, ma anche le parole dette, le telefonate, tutto, questo sono io, ecco il mio banco. In bella vista i pezzi forti, eccoli lì: accoglienza, Vangelo e corpo, fede e religione, allergia al potere, qualcosa contro il sistema, le mie cose insomma, niente di artistico, niente di imprescindibile, niente di nuovo, buon artigianato, spero. Almeno onesto.

Poi vi chiedo di guardarvi intorno, siamo tutti qui, nell’emporio del sacro, nell’ipermercato del religioso c’è posto pe tutti. C’è lo spazio dei tradizionalisti, c’è quello del nuovo monachesimo, c’è il banco dell’ecumenismo, più in là la raccolta fondi dei volontari e poi ecco i maestri del silenzio con influssi zen, quelli vicini e papa Francesco, quelli vicini a Benedetto, quelli lontani da entrambi e in fondo là il banchetto dei nostalgici delle teologie della liberazione, le scuole di parola ma anche l’angolo pellegrinaggi e apparizioni, i gruppi di base, tutti i movimenti di ogni ordine e grado… insomma ci siamo tutti e siamo tanti. Non sto a elencare basta fare un giro.

Fingiamo di mantenere le distanze, fingiamo di essere di parrocchie diverse, poi però in fondo ci siamo affezionati gli uni agli altri, e se un giorno un banco manca all’appello subito ci preoccupiamo per quel posto vuoto, in fondo il tempio, lo sappiamo, ci dà da mangiare, ci regala un minimo di identità. Ed è giusto così, ognuno ha bisogno del suo tempio. Niente di scandaloso.

Poi arriva lui, GesĂą, che sapeva di trovarci qui, non era mica la prima volta che saliva a Gerusalemme e il Tempio lo frequentava, sapeva di trovarci tutti qui ma, non solo, il Cristo sapeva bene che da qui non ci saremmo mossi e non ci muoveremo mai. Dove andare? A banco ribaltato eccoci pronti a rimettere tutto in piedi, non vedi quanta gente ha bisogno del Tempio?

L’unica cosa è che Lui, Gesù, ogni tanto viene. A ribaltare tutto. Te l’ho già detto non lo fa per mandarci via per sempre, anche lui il Tempio lo viveva, non è per mandar via nessuno per sempre solo arriva e ribalta i banchi. Come fa la vita ogni tanto, ti mette in disordine quello in cui credevi. Qualcuno si arrabbia, ti confesso che anche io mi sono più volte innervosito e ancora lo faccio quando qualcuno butta al vento le mie creature ma quando mi fermo, alla sera, dopo che la vita con lo zelo di verità è passata a lasciare macerie, alla fine ringrazio. Sai perché?

Primo: per il momento in cui tutti ci troviamo a terra a raccogliere le nostre mercanzie. Tutti: tradizionalisti e progressisti, latinisti e femministe, cardinali e monaci, laici e papi, tutti, in terra come bambini a cui hanno sparpagliato il gioco. A me piace perché quella è la fotografia di chiesa che adoro. Tutti in terra a cercare, come bambini, a ricomporre la propria vetrina. Mi piace perché siamo ridicoli, perché in quel momento non ci prendiamo sul serio, perché la vita quando spazza via con la verità che solo Cristo sa portare ci mostra per quello che siamo, gente buffa. In quel momento capisci però che non tutto è uguale, perché lo so cosa stai pensando, che io sia un relativista che crede che ogni cosa sia uguale all’altra, no non è così, credo solo che sotto i banchi rovesciati delle nostre mercanzie religiose rimarrà solo la Carità. Anche questa non è farina del mio sacco. Una volta svelato che ognuno di noi vive nel Tempio e grazie al Tempio, quello che rimarrà sarà la Carità, l’Amore, il resto è mercanzia da calpestare. E sono troppo vecchio per non aver imparato che la categoria dell’Amore è trasversale a qualsiasi appartenenza, a qualsiasi sfumatura, a qualsiasi gruppo. Come quella dell’idiozia purtroppo.

Non credo sia tutto uguale, ma credo che quando il santo zelo del Messia passa, e può essere per una pandemia, per esempio, a rimanere saranno solo quelli che ridendo di se stessi, chinati a raccogliere le proprie certezze, avranno il coraggio di guardare negli occhi il fratello e di dire “in effetti stavo solo balbettando qualcosa, ne approfitto per riordinare le idee”.

Non mi piacciono per niente quelli che credono che sul loro banco ci sia tutta la veritĂ . E mi spaventano gli invasati, i fedeli che non hanno il senso della misura.

E poi mi piace vedere i banchi rivoltati e sai perché? Perché sotto le apparenze c’è il legno levigato, per tutti, per tutti uguale. L’atto di ribaltare mette sottosopra e quindi ecco che siamo per un attimo tutti fatti dello stesso legno, quello della croce. Mi piace perché credo che non sia tutto uguale, che ci siano modi diversi e anche modi sbagliati per parlare di Cristo ma credo anche che non sono io a dover dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sarà la croce, che è il momento della morte. Davanti alle proposte di fede io mi chiedo solo, ma non saprò la verità fino al momento ultimo, questa cosa mi sta aiutando ad imparare a morire senza rancore? Il resto conta niente, meglio lasciarlo a terra.

Lì nel tempio ogni tanto Lui passa ed è come quando nella vita si fa disordine dentro: le cose vecchie non reggono più e le nuove fanno paura, gli affetti e le sicurezze che si erano messi al sicuro non si trovano più, non sono momenti facili, infatti all’inizio tentavo di fare la cosa che mi sembrava più giusta: mi difendevo. Trovavo delle strategie per difendere il mio banco, il banco della mia vita, della mia spiritualità, della mia sopravvivenza, dagli agenti esterni, dallo zelo profetico dell’esistenza. Inventavo modi per resistere senza cambiare, per inchiodarmi alle mie certezze ed ero anche contento quando riscontravo che dopo i grandi terremoti esistenziali io non ero cambiato poi tanto. Mi dava sicurezza. Tutto passava e io credevo come prima: niente poteva scalfirmi. Io ero sempre io. Elogio di quello che chiamavo coerenza e che poi, in verità, era solo immobilità. Paura.

Poi succede che la vita ti ammorbidisce e così la lasci fare. La vita accade e ti lasci sorprendere e scopri di essere quasi sempre in terra a dover rimettere ordine, e questo perché ti sei lasciato disordinare. Da un incontro, da una lettura, da un innamoramento, da una delusione, da un errore… qualsiasi cosa poteva mandare in aria il banco. E io a terra, a chiedermi perché. Avevo ceduto, non opponevo resistenza, così ho capito.

“Distruggete questo tempio e io lo farò risorgere”. Solo per questo, perché io sono solo di passaggio, ogni cosa è di passaggio, ogni cosa si distrugge e la vita, solo la vita che avrà amato, sarà risorta. Mi sono accorto che Gesù nel Tempio non ha mai pensato di non trovarci più solo, credo, ci ha dato il senso del limite. Ognuno fa quel che può, dice le cose che intuisce, poche, pochissime e accetta che tutto muoia e il buono risorga e così impara a farsi risorgere.

E rido, da allora, rido di me e di tante “battaglie” che credevo imprescindibili, e spero che nessuno mi prenda troppo sul serio, che chi legge senta che quello che mostro è poca cosa, qualcosa che ho intuito e che non solo è roba che morirà ma che è già morta nel momento in cui la si compra, è solo il segno della vita che muore.

Facciamoci ribaltare il banco dalla vita e cerchiamo, come bambini, di rimettere insieme i pezzi, e ridiamo una buona volta delle sicurezze e delle manie nostre e di questa nostra benedetta e amata chiesa.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica

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