E così parli di balene, perché non si capisca.
Smetterà in me la tentazione del mercato solo quando, finalmente, mi accorgerò che non ho niente, ma proprio niente da darti, e quel giorno arriverò anche a non scrivere più nemmeno una sillaba.
Non è forse mercato pregare per sentirsi in pace? Non è mercato cercarti per una qualche idea di benessere? O quando, pregando, cerchiamo di stare meglio, o ci impegniamo per essere più giusti? Non è mercato accedere alla confessione con lo scopo di barattare la nostra miseria con il tuo perdono? Non è mercato questa continua ricerca di commenti ai vangeli per sentirsi cristiani maturi? Non è mercato tutta questa inflazione di parole? Perdonami Signore, che la tua frusta sibilando cancelli ogni vocabolo. Se ancora scrivo è perché non ho abbastanza fede. Il mercato è ogni luogo che cancella il silenzio.
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Serve una distruzione per lasciare spazio a Lui. Anzi, proprio l’atto della distruzione è lo spazio primo della sua manifestazione. Non è possibile l’incontro con il Mistero se non nel fallimento. E non si tratta solo delle strutture, quello è evidente, non è mai stato presente il vivente come oggi, tra le macerie. Serve però anche una distruzione personale, solo chi perde la faccia manifesta il Suo volto. Solo tra le pieghe e le piaghe filtra la luce del risorto. Pregare è accedere a un’esperienza di distruzione. Non è per niente facile pregare, è come far l’amore con la morte.
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Parlava del tempio del suo corpo. Credere è lasciarsi invadere dal divino, trasformare il corpo del messia in un campo di battaglia dove gli uomini cercano di scacciare l’immagine di una divinità troppo passiva, e silenziosa, e ingiustamente misericordiosa. Il corpo è il tempio scelto dall’Altissimo per manifestarsi nella risurrezione. Cristo è il campo di battaglia, esplodono su di lui controversie, strappano la carne violente dispute teologiche, aprono ferite le incomprensioni. La fede prevede il sangue dell’agnello. E credere passa sempre per una consegna all’incomprensione degli uomini. Che patetici quando vogliamo essere credibili dall’alto delle nostre fondazioni.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua durante la festa molti vedendo i segni che egli compiva credettero nel suo nome. Ho visto un corpo distrutto dal peccato, svuotato da una fame d’amore che non ha mai trovato pane. E il messaggio dal nulla di chi chiedeva solo un abbraccio. Ho sentito uno smarrimento infinito e la fiducia negli occhi di chi cercava solo d’essere guardato. Mi sono commosso per la povertà di chi cammina nel mondo senza farsi vedere, perché non si sente all’altezza. Ho ascoltato la paura di chi non ce la fa ad essere solo e allora mendica attenzione in ogni modo. Ho visto segni di te in loro. Non altrove. Il tempio non ha segni di bellezza. Tu sei come pettirosso affamato tra le macerie.
Per gentile concessione dell’autore don Alessandro Dehò – pagina Facebook
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