don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 28 Novembre 2021

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Ti amo piĂą di me stesso

“Ti amo più di me stesso”, lui lo dice mentre la cerca con gli occhi. Lei è stanca, provata dalla malattia, dalla fatica. Un cuscino, una cuffia scura sul cranio senza capelli, il sondino e gli occhi cerchiati dall’ennesima notte senza riposo. Lui lascia sfilare dalle labbra quelle parole dolcissime e definitive e le consegna a lei con delicatezza, tutto è dolce e vero, non c’è più tempo per ripararsi, per fingere, ogni istante è definitivo. Anche lui è stanchissimo e smarrito, sono incastrati nello stresso identico dolore. Sono insieme da trentasette anni e questo li rende carne della stessa carne.

Quando apro il video rimango senza parole, il cellulare in mano, immobile, non me l’aspettavo, mi predispongo a una malinconia senza fine. Non riesco a lasciar scorrere le immagini senza fermarmi, ho bisogno di prepararmi, sulla frase d’amore mi fermo e respiro, li guardo. Credo ci sia tutto in quel fotogramma. Penso all’amore e alla sofferenza e a quando si fondono come se si rivelassero e nascondessero in un istante senza margini. Che bello sarebbe poterla fermare la vita.

In questi ultimi mesi ho pregato con loro, videochiamate che erano per me un regalo inaspettato, balbettavo vangelo, cercavo di metterci dentro il cielo e il sole di Crocetta, provavamo a sorridere. Spesso loro riuscivano più di me. Ora li guardo, un fermo immagine che si vorrebbe eterno. Non potrebbe essere così la vita? Arrivare al punto in cui ci si è detti tutto, ci si è spogliati completamente, arrivare al punto più alto di intimità e non lasciarsi più. Vivere dentro quella frase, ti amo più della mia vita. Alla fine si può dire, all’inizio è azzardo e incoscienza ma alla fine è sentenza. Io non credo possa esserci qualcosa di più simile al vangelo di questo. Ti amo più della mia vita.

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Come si arriva fino a quel punto? Penso al Vangelo di domenica prossima… segni nel sole, nella luna e nelle stelle, angoscia e ansia, fragore del mare e poi paura, tanta paura, gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà succedere. Ecco i miei splendidi amici, nella loro semplicità hanno visi apocalittici, stanno perdendo i punti fermi di una vita intera, e hanno giustamente paura. Nulla è già più come prima questi ultimi mesi hanno decretato un “prima” e un “dopo”, lui ha ragione di ribellarsi a chi, senza cuore, senza umanità, senza testa dice “vedrai che passerà”. No, non passerà niente. Per fortuna.

C’è un mondo prima e un mondo dopo, c’è un mondo con il sole al suo posto e uno con le stelle frantumate ai piedi. C’è un periodo nella vita in cui il mare è obbediente ai margini e un altro in cui si è come barche in tempesta e nessuno a sedare un vento contrario e insopportabile. Fede non è illudersi che le cose tornino al loro posto, non è implorare che tutto resti immobile, non è credere in un Dio onnipotente che rimetta in ordine ogni cosa. Il sole e il cielo si devono accartocciare e poi, allora, si può cominciare a capire.

E poi la paura, come si può negare la paura? La vedi nei loro occhi, splendidi e terrorizzati. Come si può non sentire che questa paura è figlia dell’amore? Non si può negare, sarebbe un peccato.  

Lui mentre registra il video ha una catenina con un crocifisso che sbuca da una felpa, sembra il segno di un possibile attracco sicuro e futuro, che ci sarà un porto protetto in cui finalmente ci ritroveremo però, per ora, con delicatezza, possiamo solo sussurrarlo. La croce ad altezza cuore ripete una speranza muta. Discreta e credibile. Non abbiamo altro.

Lei abbozza un sorriso mentre gli occhi continuano a essere timidi. Si scusano sempre con me, hanno paura di disturbare, a me fanno piangere dentro, ogni volta, mi stanno facendo un dono enorme, mi stanno aprendo uno spazio intimo, eppure si scusano. Sento che la fede è anche questo pudore. Questo ringraziare sempre. Questo consegnarsi. Questo non pretendere niente.

Giorni fa lei dettava ricette di cucina a lui. Ecco, struggente fede è anche questo.

Alle loro spalle la parete di casa è gialla, intensa, sembra oro, come in certi antichi dipinti. Il colore del divino. Resurrezione? Che bello sarebbe vederli alzarsi insieme e darci le spalle, prendersi per mano, senza sondino, senza farmaci, senza pesantezze, senza nient’altro che loro stessi, che bello sarebbe se oltrepassassero insieme, se venissero avvolti nella luce. Sorriderebbero. Sicuri, e grati, perché quello che si sono detti senza inutili pudori in questi mesi li ha illuminati. Invece è ancora angoscia e paura di quello che dovrà accadere sulla terra. Perché “ti amo più della mia vita” significa spalancare le mandibole ad una solitudine inumana.

Il video è ancora in pausa. Mancano ancora trentasei secondi ma io non posso minimamente immaginare quello che sta per accadermi, mancano ancora trentasei secondi, e quello che sto per vedere mi disarmerà completamente.

Dopo la frase d’amore lui rimane in silenzio per un istante, nel pomeriggio, al telefono, mi confiderà che non si erano accordati, è lei, che dal fondo di un cuscino morbido come un cuore provato dagli eventi inizia a cantare, giuro: inizia a cantare! “Siamo la coppia più bella del mondo…” e lui si vede che non se l’aspettava e non ricorda nemmeno bene le parole, prova a starle dietro e lei canta, dolente e tenera come un pettirosso, canta di essere parte della coppia più bella del mondo e che le dispiace per gli altri “perché non sanno più cos’è l’amor”.  

Il video che si blocca e le mie lacrime salgono e mi prende un nodo in gola. Oggi a Crocetta piove.

Io posso solo la pagina del vangelo che racconta di voi, mi dico, io posso solo sprofondare nella Sua Parola e riconoscervi e ringraziarvi per quello che mi avete regalato. Una canzone d’amore a dirmi che voi due, proprio adesso, mentre il mondo crolla, proprio voi due siete vita risollevata e occhi verso il cielo. A voi due, proprio a voi due, mentre cantate, vorrei giurare che, la vostra liberazione è vicina, che ormai siete leggeri, alleggeriti, volate liberi. E che siete oltre gli affanni, e che la vita non vi prenderà come un laccio, all’improvviso, perché con quel canto d’amore siete fuggiti in tempo da ogni trappola. E fate bene a dispiacervi per chi non ha conosciuto l’amore.

La canzone poi si interrompe perché non si ricordano più come continua, si scusano (ancora) e salutano, ma io sì, io ricordo bene quella canzone, io Celentano lo ascoltavo in macchina con mamma e papà quando ero piccolo, io so come continua.

“Il vero amore, per sempre unito dal cielo, nessuno in terra, anche se vuole, può separarlo mai, l’ha detto lui”. E glielo scrivo in un messaggio.

P.S. Se state leggendo queste righe è perché mi hanno dato il permesso di condividere con voi questo momento. Semplici e liberi fino alla fine, oltre la fine.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica