don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 13 Giugno 2021

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Non rimanere piccolo

Poi ti sentirai solo come un seme lanciato verso l’ignoto. Vorrei usare parole rassicuranti, vorrei poterti dire che non soffrirai, vorrei che fossero sempre vere tutte quelle nuove parole che girano nei nostri circoli: tenerezza, dolcezza, resilienza… Vorrei poterti dire che la vita sarà solo esperienza di beatitudine e di felicità, ma non posso, non posso mentirti, soffrirai e sarà un trauma. Questa è la vita, il regno di Dio, come un seme lanciato, lasciato.

Non ti serviranno le vite degli altri, le loro rassicurazioni, cercherai la mano del padre e nessuno verrà ad afferrarti, si diventa padri nel trauma del lancio, vivere è imparare il coraggio della perdita. Spunteranno volti di gente che ti dirà come ci si lancia nella vita pretenderanno di sapere ciò che è giusto per te ma a quel punto, senza padre, tu avrai imparato ad ignorarli, abbi pietà di loro, non sanno aprire la mano, non sanno liberarsi del seme.

Sarà dura, ti sembrerà di morire e in fondo qualcosa di te morirà sempre e per sempre, perché siamo vittime di un grande fraintendimento, chiamiamo vita ciò che dovremo chiamare morte. Esistere è un trauma, è un passaggio da morte a morte, non credere al cristianesimo del sorriso, non credere alle risposte facili, non credere ai gruppi di amici e alle parrocchie perfette, credi solo nei padri e nelle madri, nelle loro mani che lanciano, nel loro essere invisibili, nella loro capacità di morire. Credi nelle madri e nel taglio del cordone ombelicale. La fede è sempre figlia di una crisi, sempre. Il divino è accovacciato nei crepacci della desolazione. Dovremmo solo presidiare con pudore i luoghi del dolore, del resto sorridere e lasciar fare ad altri. Dove la vita scorre da sé lasciarla scorrere. Dove la vita si inceppa, inchinarsi, inginocchiarsi, baciare, tacere, pregare.

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Come seme lanciato nell’ignoto, ti mancherà il fiato in gola, ti sembrerà di aver perso ogni riferimento, non saprai chi sei chiamato a diventare, il passato risucchierà la mano di tuo padre e in quel momento tu e solo tu dovrai decidere se portartelo dentro oppure dimenticarlo. Ma sarai solo. Non posso mentirti, sarai solo, perché è solo nella solitudine che la vita si compie. Non credere a chi pontifica sull’amore e sulle fraternità, non credere che esista al mondo l’antidoto al dolore. Io non lo so se il Vangelo già sapeva, non lo so quale sia il pensiero di Dio, non lo so se è la mia vita ad essere segnata dalla fatica ma per quello che ho capito è che il seme quando cade non può che cercare in sé la forza per vivere. E per quel che ho capito quello è tempo di dolorosissima grazia.

Stai attento a chi vorrĂ  evitarti solitudine e dolore, lasciati trafiggere dalla vita, lasciati trapassare dagli eventi, stai attento a tutti quei luoghi troppo accoglienti, alle amicizie rassicuranti, agli amori indolori, agli eterni seminari. Innamorati di chi ti consegnerĂ  la sua di solitudine, da condividere, da non poter sconfiggere, immergetevi insieme nel liquido amniotico del dolore e della speranza.

Con il tempo imparerai i dolori dei padri e delle madri, che dopo il lancio del seme rimangono a mani vuote. Il tempo scippa loro i figli, dormire e vegliare sarà terribilmente indifferente, il figlio non è più in loro potere. Qualcuno dirà parole al miele sulla piccolezza e sull’inutilità, troverai i nostri catechismi pieni di retorica sugli ultimi posti, credi solo a chi vedi soffrire per questo, credi solo alle lacrime, credi a chi è stato torturato dalla tentazione di trattenere, credi solo a chi ha lottato prima di lasciar andare, smaschera chi dice di aver gettato il seme e invece non ha mai avuto il coraggio di lasciarsi ingravidare. Guarda bene le mani, guardale bene, fidati solo di chi non ha nulla, non trattiene nulla, solo i poveri sono credibili, o i crocifissi. Cerca le stigmate.

Lanciare il seme e chiamarsi fuori, non vedere la differenza tra il dormire e il vegliare, sentire che niente, non si può fare più niente se non sperare e guardare da lontano, questo è il segno più grande dell’amore. Io non so perché ma è così, è proprio così, non abbiamo altro da imparare se non la dolorosissima educazione all’inutilità. Il mondo che scorre con o senza di noi, il tradimento benedetto e inevitabile che matura nei luoghi che noi avevamo sognato diversi, l’inutilità è lo spettro del fallimento che viene a bussare ogni notte. La piccolezza è il profilo dell’insignificanza che viene a deridere le sterilità in cui ti sei impigliato. Troverai vera compassione solo tra i poveri cristi.

Vorrei dirti che il lancio del seme è il solo momento tragico, l’unico taglio doloroso e che il resto è vita buona che germoglia ma non posso mentirti, non posso proprio, crescerai, diventerai stelo e non basterà, diventerai spiga e non basterà, diventerai chicco pieno e anche frutto maturo ma non basterà mai capisci? Non basta, la vita che viviamo non basta, siamo bestie assetate, siamo carne scavata, sete insopprimibile. Anche Dio, qui, non basta, perché sarà sempre e solo un riflesso e un accenno. Il delirio di un amore mancante. Una fame feroce.

La vita è bella, è un capolavoro, ma è un incompiuto, mi spiace dirtelo brutalmente ma è l’unica verità su cui oserei giurare, che niente basta e che procediamo perdendo ciò che siamo solo per avvicinarci al filo di una lama. Il frutto maturo subito viene tagliato, subito capisci? Il frutto matura solo per essere raccolto. La grande mietitura, tutta la vita ad accumulare nostalgia di un taglio a cui affidare ogni nostra speranza. La vita è un gran teatro fatto solo per alimentare la nostra nostalgia di infinito, per arrivare a far chiudere il sipario sperando nella buona accoglienza di ciò che abbiamo recitato senza recitare.

E non rimanere piccolo. La retorica della piccolezza, la predicazione della fragilità, del piccolo seme è solitamente frutto di un ego smisurato, o della paura, o della mancanza di fede. Non compiacerti mai della tua piccolezza. Cresci invece, come il granello di senape, abbi il coraggio di dire che in ogni piccolo gesto, davvero in ogni gesto quotidiano, in ogni banale gesto dello stare al mondo, anche in un misero respiro c’è una forza che spinge e che chiede di essere ascoltata, in ogni bacio c’è la forza di rami che sprigionano bisogno di essere abitati, in ogni lacrima ci sono radici possenti, e non c’è orto bastante a contenere anche il più piccolo dei tuoi sogni, diventa grande, spingi in ogni direzione, implora gli uccelli del cielo, diventa nido per ogni volo di libertà, non banalizzare niente, tutto è fondamentale anche se il mondo dirà che è piccolo come seme di canapa, tutto è vitale se avrai una fame di vita incontenibile, scappa dalle regole, dalle buone maniere, da ogni potere che regolamenta la pulsione, ogni atto è l’eruzione della vita, la senti come spinge? La senti come chiede di venire al mondo? Come puoi iniziare a credere se ti basta ciò che sei? Se ti basta ciò che vedi?


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica