don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 13 Dicembre 2020

Raccontami, Giovanni

III Avvento anno B 2020

IO “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni… non era la luce ma doveva dare testimonianza alla luce”

Raccontami la tua strada Giovanni, se vuoi. Dimmi di quando ti sei accorto che il deserto chiamava più forte del tempio, dimmi di come l’ha presa Zaccaria, dimmi della vecchia Elisabetta, dimmi di te. Di quando hai sentito che l’attesa era matura e che la voce divina era acqua nel Giordano e non più incenso d’altare, dimmi se eri solo o se hai scelto una comunità, dimmi se hai avuto paura, dimmi se non hai mai avuto il dubbio di non averlo riconosciuto, come avviene per me e per tanti, il dubbio che la vita passi senza che noi ce ne accorgiamo. Dimmi dove hai trovato il coraggio per comprendere che l’atteso germogliava dentro il tuo presente!

Dimmi come si fa a reggere il peso di essere “mandati” da Dio, dimmi come si fa a sopportare che gli altri lo mettano sempre in dubbio ma anche come si resiste a se stessi, quando si dubita che esista un Dio che si affidi proprio a noi per prendere casa nel mondo.

Dimmi se non hai mai avuto paura di aver tradito questo Mistero, dimmi se basta essere sicuri che ogni cosa apparsa sulla terra è mandata dal Suo Amore per sentirsi al posto giusto, dimmi della luce, di come la riconoscevi e di come ne parlavi. Di come la dipingevi. Perché la luce la puoi solo evocare con forme e colori. La luce la puoi incarnare. Si vede dagli occhi e dalla gioia di vivere. Si vede quando la pelle riflette il sole e la voce si impasta con il vento e i silenzi sono lucidi come la luna.

Dimmi della tua voce, dimmi dove sei ora, in quali deserti io posso trovarti. Dimmi Giovanni, come posso battezzare questa mia vita così difficile da capire?

GIOVANNI IL BATTISTA “Io non sono il Cristo”

Io non sono. Questo dicevo a chi chiedeva con supponenza, a chi non si accontentava del nome mio: Giovanni. “Io non sono”, aprivo il nome di Dio a metà, come si spezza un pane caldo, come a passare un mare che sembrava chiuso, come una zolla che si lascia penetrare dal seme, aprivo l’IO SONO e lì, in mezzo, deponevo il mio NON. Io ero nella deponenza, io ero il bisogno incastrato nel nome divino, io ero la fame incastonata nel gioiello.

“Non”, io non sono, con me quella negazione iniziava ad essere una supplica, perché questo avviene nel grembo di Dio: si implora di nascere per amore. Io sono solo una mancanza gridata dal cuore del nome divino. Il mio non essere è stato il frutto di una deposizione costante di tutte le illusioni, di tutto ciò che ho raggiunto e che poi non mi bastava mai, ho deposto uno a uno tutti i desideri e i bisogni pur di arrivate alla mia ferita profonda. Ho consegnato al vuoto del deserto tutto ciò che una volta raggiunto non dava senso alla mia vita. Alla fine lì, nel giordano io avevo ancora fame, io ero fame di qualcosa di più grande, avevo un desiderio divino, io ero terra in attesa di acqua, io ho bruciato tutto quello che una volta ottenuto mi lasciava ancora affamato, l’ho immolato, nessuna vanità, nessuna carica, niente poteva bastarmi. Ho una fame troppo grande, non basta nemmeno Elia, non basta esser profeta, io sono il desiderio, il bisogno, la supplica. Io sono il vuoto da riempire, l’assenza da abitare. Io sono solo un divino desiderio. Un bisogno inchiodato nel mezzo del Suo nome.

I GIUDEI “Chi sei perché possiamo dare risposta a coloro che ci hanno mandato”

Sì, è vero Giovanni, non siamo liberi come te, noi dobbiamo dare risposte a uomini che ci hanno chiesto di te, ai nostri mandanti. Ma tu già lo sapevi. Noi non siamo mandati da Dio ma da uomini che si credono Dio. Noi siamo i figli di un’obbedienza più terrena, più concreta, noi siamo quelli che ci accontentiamo di una salvezza a portata di mano, noi siamo i figli di ogni potere, noi non siamo niente, per ora, siamo i discepoli del sistema, siamo i figli che sognano di uccidere i padri per prenderne il posto, siamo gli umiliati dal potere sperando un giorno di poterla sfruttare a nostro vantaggio questa potenza. Abbiamo bisogno di risposte immediate noi, non abbiamo la tua pazienza, la tua forza, non abbiamo la tua fede. Abbiamo bisogno di risposte e non importa che siano vere, ci bastano credibili, parole buone a tenere il mondo sotto controllo, definisci chi sei così da poter riportare la tua storia entro un perimetro sicuro. Dacci materiale per giudicarti. O per condannarti, è uguale, dicci chi sei e ti troveremo un posto sullo scacchiere del mondo. C’è posto per tutti, tranne che per la negazione di chi tradisce le aspettative, tranne per il NON, che è inqualificabile, dicci che sei un santo o un peccatore, un messia o un traditore, un monaco, un eremita, dicci chi sei a noi non fa problema, e poi è il mandante che lo esige. Dicci che possiamo comprenderti e definirti, e ti lasceremo in pace.

COLORO CHE SI FANNO BATTEZZARE “Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando”

Questo lui ci può dare e voi non potete capire. Può solo immergersi con noi, un fiato trattenuto e la discesa in un grembo materno, non si può desiderare se non si impara a trattenere il fiato, come immobili davanti a una sorpresa, e non aver paura di aver paura, restare sotto il limite dell’acqua, per ricordarsi di quanto e di come abbiamo amato le cose ritrovate.

Non chiedete più nulla a Giovanni ma scendete anche voi con noi, a farvi battezzare, a dire che la vita può ripartire e che ci vuole impegno e grande costanza ad arrivare a vivere senza corazze, abbandonando ruoli, mostrando assenze. Per una volta deponete l’astio contro i pazzi, i visionari, i profeti e gli artisti, contro tutti quelli che deridono il vostro quadrettato mondo. Scendete, sott’acqua, allora forse capirete del bisogno estremo di farsi resuscitare.

GIOVANNI “…a lui non sono degno di slacciare un laccio del sandalo”.

Provate a dirla voi questa frase, e poi fermatevi a pensare il piede che avete immaginato. Voi schiavi di voi stessi, lasciatemi aspettare chi si chinerà a lavare il mio di piede, chi mi chiederà di poterlo battezzare, chi non riempirà troppo facilmente il mio divino bisogno d’amore ma con me si metterà, a vita crocifissa, a chiedere al Padre “perché mi hai abbandonato?”, negazione inchiodata nel cuore dell’IO SONO oppure Verbo affamato di vita deposto nel grembo divino?


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica

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