don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 12 Settembre 2021

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Per strada

L’inizio è una domanda che scivola improvvisa tra la polvere sollevata da discepoli in cammino, domanda subito calpestata: “la gente chi dice che io sia?”.

Domanda giustamente schiacciata al suolo, dimenticata, maltrattata. Non credo interessasse molto nemmeno a GesĂą. La gente dice tutto e il contrario di tutto.

Spesso sparla la folla, spesso dice nulla anche quando urla.

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E comunque se dalla gente dovesse pure uscire una risposta sensata ecco che questa verrebbe affogata nella frammentarietà della ressa. La gente non produce risposte ma opinioni mutevoli e banali. La folla è inutile, le sue risposte dannose.

SarĂ  la folla a osannare GesĂą. SarĂ  la folla a decretarne la crocifissione.

Nessuno ha il coraggio di dire a Gesù che è una domanda idiota la sua.

“Giovanni il Battista, Elia, profeti”, come volevasi dimostrare, la folla dice e non dice, butta in aria risposte altisonanti e sostanzialmente vuote. Il discepolo seleziona tre risposte nobili nel mazzo variegato dell’opinione, tre risposte che non possono fare male a nessuno. Perché è gente morta quella citata. Ma soprattutto perché la risposta a una domanda di identità non può essere risolta con un nome. Un nome è niente, è un involucro che vorrebbe illudere di conoscere. Cosa ne sappiamo della complessità del Battista, del mistero di Elia e della feroce fede di tutti i profeti? Niente. Niente di niente. Non servono i nomi. La risposta è da cercare altrove.

E Gesù lo sa. Ecco perché cammina. Ecco perché queste domande arrivano in mezzo a una strada. Solo che i discepoli sono ancora raggomitolati, accartocciati, chiusi. Solo che i discepoli la strada la calpestano e non la vedono, si avventano sugli interrogativi e non capiscono che è lei, la strada, parte della risposta.

Io sono la Via, dirĂ  un giorno. E la VeritĂ , e la Vita. Nessuna definizione che non sia lo scorrere verso Altrove.

Nessuno ha il coraggio di dire a Gesù che non serve a niente interrogare la folla. E comunque non ne hanno tempo i discepoli, è Gesù a inventare un passo ulteriore “ma, voi, chi dite che io sia?”. Solo Pietro osa intervenire, e regala una risposta splendida, perfetta e quindi inutile. “Tu sei il Cristo”, dice. E nella brevità c’è tutto e non c’è niente. Nella brevità c’è il “Tu sei”, con tutti i rimandi divini del caso, declinazione dell’impronunciabile “Io Sono”, Nella brevità c’è “Cristo”, che non è solo Gesù, ma è già missione e consacrazione. Una risposta esatta. Splendida. E quindi inutile, perché in quella risposta non c’è strada. Non c’è la strada del Cristo e soprattutto non c’è la strada slogata, infantile, blasfema, traditrice di Pietro. Nella risposta c’è la perfezione ma manca la vita. La risposta è giusta ma terribilmente inutile. Cosa te ne fai di una definizione se poi non hai ancora combattuto, pianto, amato, chiesto scusa, compreso, tradito di nuovo…?

Liberaci Signore dalla grande tentazione delle definizioni.

Dacci strade e silenzio. Dacci il coraggio del cammino. Come lo hai avuto tu.

Non importa sapere cosa dice la gente. Non importa sapere cosa dicono di Cristo i discepoli. E nemmeno cosa dicono i preti e i predicatori. Non importa se non a confermare le nostre tesi. Non importa quello che dico io. Non importa niente. L’unica cosa che conta?

Che il figlio dell’Uomo doveva soffrire molto. Eccola la strada, è la passione per l’uomo, sono le lacrime e la rabbia dell’impotenza. Sono i sensi di colpa per aver fatto star male qualcuno, per non avere avuto il coraggio, sono gli errori. Alla vita si risponde solo con il coraggio di accettare di soffrire, che poi vuol dire non proteggersi. A salvarci la vita è chi accetta di soffre il nostro dolore.

Doveva essere rifiutato dagli anziani, eccola l’unica risposta possibile, il rifiuto. E non se ne esce. Se stai rispondendo con libertà e verità agli appelli della vita guardati intorno, sei solo. Se hai folla intorno a te significa che stai tradendo. Risposta vera e credibile non è definire ma defilarsi, stare ai margini. Risposta vera non è dentro un nome ma dentro la resistenza a ogni adulazione, la resistenza a ogni potere, la resistenza a ogni conciliazione. La risposta è un uomo solo, e per niente risentito.

Venire ucciso. Risposta, risposta vera d’identità è un copro che non fugge nemmeno davanti alla morte. Un corpo che si consegna alla morte. Venire ucciso, solo la morte svela la verità, solo l’urto del morire rende credibile il nostro passaggio nel mondo. L’unica risposta che resterà al mondo non saranno le mie definizioni limpide ma il modo in cui avrò affrontato l’atto di morire.

E poi risorgere. Che è credere fermamente che qui non è possibile definire niente perché questo non è un mondo definito. Qui si ama per provare a risorgere. Qui si passa per provare a penetrare l’eternità. Qui si scorre, si cammina di squilibrio in squilibrio per oltrepassarlo e renderlo infinito il tempo. Ma da risorti, non prima.

Invece è solo strada,

per me per te,

strada

rifiuti,

vicoli chiusi,

binari morti,

brandelli di resurrezione

palpebre mute

definizioni abbaiate

randagie

violente.

Invece è solo strada,

di noi diranno

che non ricordano

nemmeno

di quando ci hanno rifiutato

che tanto Dio è definitivamente più grande

e forse solo che abbiamo amato,

quello sì,

almeno non maledetto,

non imprecato,

e camminato,

senza pretesa

di comprensione.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica