Esiste un’altra strada (ma io non la conosco)
Esiste di sicuro un’altra strada, una via più leggera e luminosa, esiste una fede senza ombre e pesantezze, consolante, sorridente e sicura, una fede che rende pieno perfino il presente. Mi scuso, io non la conosco. Certo che anche per me la resurrezione di Cristo è il centro della fede e lo è sempre di più, anche a me la speranza apre gli occhi ad ogni mattino e mi piace ridere e ritorno ogni istante a stupirmi delle cose, ma so che tutto nasce e rinasce continuamente dal buio, da un cratere di dolore, dal mistero della morte che mi pare pulsi dentro il cuore di ogni istante. Un Vuoto che è una bocca spalancata, una voragine di desideri, un Vuoto abissale d’amore che ormai abita ogni cellula. Esite un’altra strada per arrivare a Dio, è sicuro, ma per me è troppo tardi, questa sola io conosco.
E così anche questa pagina evangelica mi stupisce non tanto per una presunta e risolutiva luce frutto dell’incontro col Risorto ma per il buio chiuso da cui tutto parte, per la tana, per la voragine in cui finalmente sono entrati i discepoli. Lo ripeto, son sicuro, esiste un’altra strada, sono consapevole che il rischio di considerare inevitabile il dolore e lo smarrimento possa appesantire l’annuncio ma io, leggendo questo testo e vedendo i discepoli chiusi in quel ventre di buio e di paura, in quella cecità , non posso che esultare: finalmente sono morti! Mi pare che siano entrati anche loro nel loro sepolcro capite? In compagnia del cieco a bordi della strada, dei lebbrosi, dei ladri e delle prostitute, dei paralitici, di Lazzaro, insomma di tutta quella gente che sentiva il bisogno di toccare almeno il mantello del Maestro. Lì, in quel buco buio e sepolcrale anche io posso entrare, e mettermi ad aspettare con loro, sento che i miei dolori sono presi sul serio, e la mia fame anche, e nessuno mi dirà parole troppo consolanti e risolutive, immagino il silenzio teso e pronto alla sorpresa, immagino il rispetto per il dolore altrui, entrerei volentieri in una chiesa così. Lo so che esiste un’altra strada, ma cosa volete, ognuno sceglie la sua, è quella che trova, decifrando pazientemente le carte del proprio destino.
“Venne Gesù, stette in mezzo a loro”. Come se germogliasse da lì, come se il Vivente avesse bisogno della nostra fame, questo mi piace. La vita nasce da dentro il dolore, non è alternativa al lutto la credibile speranza, nasce del ventre dello smarrimento la strada percorribile per l’Altrove. Che Cristo non mi faccia sentire in colpa, mai, per la mia intimità con il buio, per l’affinità con il dolore, per quel camminare a strettissimo contatto con lo smarrimento, io questo Cristo che germoglia dalle lacrime lo adoro e lo sento credibile. No, non sto idealizzando il dolore e nemmeno la morte, ci sono altre strade, è sicuro, ma io sto al mio posto qui, a lasciarmi interrogare fianco a fianco con chi il buio non lo ha deciso ma lo ha trovato. E sa che il dolore non passerà . Almeno non ora, almeno non qui. Tanto vale abitarlo, interrogarlo, supplicarlo, che il Vivente germogli dalle nostre ferite, questo mi regala speranza.
“Pace a voi”. Detto questo mostrò loro le mani e il fianco. Io sono innamorato di questo Cristo che osa parlare di pace partendo dalle ferite. Guardo i segni delle mani e sento che è il segno di quella carne macellata a dare sensatezza all’augurio della pace. Sono stanco di presunte verità che non vengono misurate dal dolore. La sterile esattezza di un concetto enunciato con cura mi fa paura se non è partorito dal dolore, se non è infangato e corrotto dal fango della vita vera. Lo so che esiste un’altra strada, ma non è la mia. Non so se riuscirò ad essere fedele a questo sogno ma mi piacerebbe riuscire a partorire solo parole limate dalla ruvidità del vivere umano. Parole sanguinanti.
Detto questo soffiò e disse loro “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete…” Lo so che esiste un’altra strada ma questa io conosco, quella che parte dalla vita che chiede misericordia. A coloro cui perdonerete… perché la vita, per quello che conosco io, per le testimonianze che raccolgo, ha molto da farsi perdonare. Perché la vita spesso mente, delude, sostituisce i finali. Fa morire i figli, si accanisce con le vittime, non molla la presa della malattia, uccide chi si stava preparando per un matrimonio… io lo so che esistono altre strade e che la vita è spesso più leggera ma quella difficilmente me la raccontate, quando la vita funziona si lascia scorrere via, a me arrivano le vostre lettere e quelle diventano la mia strada. Non posso non partire da lì, da una vita che chiede di essere perdonata. Ed è solo un dono divino a darci il respiro per balbettare il nostro perdono. Un bacio dall’alto, lieve come un silenzio svuotato che, guarda caso, si mostra ai bordi di una caverna, un silenzio gravido e coraggioso a dire che la mancanza che stringe il cuore è solo la contrazione materna della vita che qui elemosina la pienezza che sarà . Non ora, non qui, ma già ora e già qui posso pregare l’Eterno, che abbia pietà di noi, che fiorisca, almeno per un istante, lampo d’eternità dal cuore dei nostri dolori.
Che dire di Tommaso? Che anche lui deve entrare nel grembo buio e fecondo del dolore condiviso. Che un annuncio troppo diretto e disincarnato degli amici non convince. Che dire di Tommaso se non che lo capisco? Come credere senza vedere le ferite?
“Perché mi hai veduto tu hai creduto, beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Io non credo di essere beato, io ho veduto, continuo a vedere, lo sento il Respiro dell’Eterno, a quello mi aggrappo per credere. Io non sono beato perché ho visto e continuo a vedere. Beato è chi rimane nel ventre del dolore, segnato dalla fatica, e non vede ma crede comunque nella vita. Beato è chi è convinto che tutto si consumi qui e non riesce a perdonarla la vita eppure non vive nel risentimento e, a volte, perfino sorride. Beato è chi è deluso dalla vita eppure ama l’uomo come lo ama il Risorto. Beato sarà il suo stupore, non ora, non qui.
AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica