don Alberto Brignoli – Commento al Vangelo del 8 Novembre 2020

Se non c’è testa…

“La ricchezza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercare ricchezza non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Vivere per lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia fino a notte fonda a causa sua, sarà presto senza affanni; poiché la ricchezza va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per la strada, e in ogni loro progetto va loro incontro”.

È stupendo il testo del libro della Sapienza che abbiamo ascoltato poco fa… mi auguro solo che qualcuno si sia accorto dell’anomalia che ho volutamente inserito stravolgendo il senso del testo! Si può sempre dire che la sapienza (questo è il soggetto del testo originale) è una grande ricchezza, e non diremmo nulla di anomalo: ma qui ho voluto intendere la ricchezza nel suo significato più immediato, ovvero la ricchezza materiale, i soldi, il denaro, i beni mobili e immobili. Sono convinto che nella mentalità corrente a molti non farebbe affatto ribrezzo alzarsi di buon mattino e trovare soldi e ricchezze alla porta della propria casa, non “scopati in terra” (come ci dicevano da piccoli) o portati dalla befana, ma frutto di un lavoro intelligente che dura fino a notte fonda, perché per essere ricchi occorre esserne degni, e una volta intrapresa quella strada con intelligenza, stai pur certo che riuscirai a realizzare ogni tuo progetto. E la logica non fa una piega: lavoro intelligente e senza risparmio di tempo = ricchezza = possibilità di realizzare ogni progetto.

Senonché, il testo biblico non parla di “ricchezza”, ma di “sapienza”. E non ne parla in questo modo solo in questo brano, ma in tutto il libro a lei dedicato, attribuito a Salomone, il quale, proprio nel capitolo successivo a questo, e in molti altri brani, paragona la sapienza alla ricchezza:

“La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. Ella è infatti un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l’amicizia con Dio”. E poco più avanti: “Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, che cosa c’è di più ricco della sapienza, che opera tutto?”.

E fin qui, tutto bene: ma chi ha mai detto che ricchezza materiale e sapienza siano incompatibili? Si può essere ricchi materialmente perché nel lavoro quotidiano si sono messe a frutto la propria sapienza e le proprie abilità, le quali hanno fatto fruttare ricchezze e beni di cui uno può legittimamente usufruire, senza togliere nulla a nessuno. È vero; così come è vero il contrario, ossia che si può essere sapienti (e quindi, stando ai versetti ascoltati, ricchi dentro) senza avere alcun bene materiale. Ma è altrettanto vero che si può essere ricchi materialmente senza essere sapienti: e questo – la Bibbia non ha peli sulla lingua, nell’affermarlo – rappresenta il peggior dramma che l’uomo possa vivere: perché arricchirsi materialmente senza arricchirsi interiormente o davanti a Dio, prima o poi ti conduce a una fine drammatica. E per di più, senza appello.

Tu puoi essere anche un principe o un re; puoi anche essere una regina o una principessa promessa sposa al re più ricco e più potente dell’umanità: ma se ti manca la sapienza, prima o poi quella ricchezza (reale o promessa) verrà meno, e non ci sarà più possibilità di recuperarla, e tu resterai chiuso fuori dal banchetto di nozze, appositamente preparato per te.

Le dieci ragazze promesse spose del re-signore avevano tutte quante la possibilità di accedere, in uguale maniera, alle ricchezze che quel matrimonio comportava per loro: anzi, la luce splendente delle loro dieci lampade era il simbolo, il segno che tutte quante risplendevano adornate delle loro ricchezze, presenti e future. Ma lo splendore di quella ricchezza, presente e futura, non poteva bastare: presto o tardi, quella luce splendente si sarebbe spenta, sarebbe venuta meno. E quindi? E quindi andava certamente alimentata, ma andava fatto per tempo, preoccupandosi (oltre che dello splendore della loro bellezza e delle loro ricchezze) dell’olio della sapienza che non avrebbe mai fatto mancare loro la luce, anche quando il buio della vita, la stanchezza del lavoro, l’attesa snervante di qualcosa di bello che sembra non venire mai, logorano e consumano le poche ricchezze che rimangono; ma ormai, non si sa più dove andare ad attingere, perché non ci si è mai messi dentro con la testa, farlo ora è troppo faticoso e troppo tardivo, e soprattutto non si può pensare di fare come si è sempre fatto, ossia confidare ingenuamente nella bontà di chi, tant’è, ti avrebbe tirato fuori ancora una volta da questa situazione…

E invece no, non è così, stavolta: chi ti ha sempre aiutato, chi ti ha sempre tirato fuori “dai casini”, chi ti ha sempre prestato qualcosa per rimediare ai tuoi errori, questa volta non è più disposto a farlo, ma non perché “è cattivo” o perché è stanco di te, ma semplicemente perché è saggio, e sa bene che la saggezza non è mai abbastanza, e che si tratta di una risorsa a cui poter attingere sempre in caso di necessità, e che per acquistarla occorre un processo lungo e lento, perché non ci si improvvisa sapienti né saggi. Vivere e sprecare il proprio tempo per accumulare ricchezze, per risplendere di bellezza esteriore, per cercare di apparire sempre belli e giovani, senza mai preoccuparsi di arricchire di virtù e di valori la propria anima, non è certo segno di saggezza, e di sciuro non può durare per molto tempo. Quanto abbiamo meditato in questi giorni, ci ha fatto capire la fugacità del tempo. Tempo per le cose che contano, non ce n’è più tanto: la tua ricchezza diventa splendore e corona di gloria nella misura in cui l’hai adornata con la sapienza, e il tuo bene più prezioso – stare con Dio – non verrà mai meno se a lui hai chiesto e da lui hai ricevuto il mezzo privilegiato per ottenerlo, la sapienza appunto.

Per vivere un profondo rapporto con Dio non basta avere buone qualità, essere buoni d’animo, non fare del male a nessuno, confidare nella provvidenza o nella buona sorte: occorre metterci testa, andando alla ricerca di Dio, e chiedendo a lui il dono più prezioso, quello della sapienza.

E vorrei concludere con un altro versetto del libro della Sapienza, che in giorni come questi, alla luce di alcune situazioni storiche che si stanno vivendo, qui come in altre parti del mondo, suona come una sentenza irrevocabile e inequivocabile, come un giudizio inappellabile di Dio sulla storia: “Anche il più perfetto tra gli uomini della terra, privo della tua sapienza, o Dio, sarebbe stimato un nulla”.

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