Discorso di Papa Francesco al Movimento Eucaristico Giovanile (MEG) (7 agosto 2015)

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INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
CON IL MOVIMENTO EUCARISTICO GIOVANILE (MEG)

Aula Paolo VI
Venerdì, 7 agosto 2015

 

MAGAT DIOP (ITALIA)

Mi chiamo Magat sono nata a Pescara da genitori senegalesi. Non sono ancora stata battezzata, ma ho comunque incontrato il Signore negli occhi di mia madre e mio padre che a sei mesi mi presero in affido.

Credevo di essere stata abbandonata perché ero una bambina. Crescendo invece ho scoperto di essere stata data in affido perché mi fosse garantito un futuro migliore.

Oggi è il mio compleanno, compio 18 anni. Ho aspettato tanto questo giorno. Il mio battesimo è sempre più vicino. Sono felice.

Il MEG è stato fondamentale. Mi ha aiutato molto. Sento che è il luogo dove conta ciò che sono e non tanto i beni che possiedo; è il luogo dove ho potuto vivere esperienze stupende e conoscere persone meravigliose. Sento che il MEG è la mia casa, capace di farmi sentire parte di una terra che per legge ancora non mi appartiene. Il MEG è la mia Terra!

Domanda: La famiglia è il luogo dove noi giovani viviamo l’amore gratuito, ma spesso è anche il luogo dove facciamo esperienza di forti tensioni e lotte tra due generazioni che sembrano non potersi incontrare. Quali passi possiamo fare noi, e quali i nostri genitori, per poter vivere pienamente la famiglia nel nostro tempo?

[ads2] GREGORIUS – INDONESIA (parla in indonesiano)

Mi chiamo Gregorius, indonesiano e studente della Scuola Superiore Canisio di Giacarta. Sono anche chierichetto nella mia parrocchia dal 2010.

La prima volta che sono arrivato nella mia scuola ho incontrato molti ragazzi in gamba. Ma pensavo: davvero il diploma è l’unica cosa che fa di un giovani una “persona”? Successivamente sono stato impegnato in attività artistiche e sportive fino a quando sono stato candidato al consiglio studentesco. Questa è stata per me una sfida. La formazione è stata talmente dura che sentivo che non ce l’avrei fatta. E una volta nominato ero così spaventato dalle responsabilità che ho fatto molti errori. Poi, però, un docente mi disse che come giovane non dovevo aver paura di esplorare, di essere creativo. E ciò mi ha dato coraggio.

Come chierichetto in parrocchia ho imparato che senza motivazione e senza la chiamata interiore al servizio, non avrei potuto essere un buon chierichetto. E che non ero niente senza Dio. È questo ciò che ci rende speciali.

Domanda: L’Indonesia è un paese con grandi diversità culturali, religiose ed etniche. I cattolici sono una minoranza e, a causa di tale pluralità a cui si aggiunge il pregiudizio politico, la pace è sempre a rischio. Quale è la speranza che il Santo Padre ripone nella gioventù cattolica nel contesto di una comunità così pluralista e diversificata?

ANA CAROLINA SANTOS CRUZ (BRAZIL)

Meu nome é Ana Carolina, tenho 19 anos, sou brasileira, nascida em São Paulo.

Caríssimo Papa Francisco,

É com grande alegria que estou presente nesta comemoração de 100 anos de história. Sou mejista há 8 anos, comecei a participar do MEJ, na Paróquia São Geraldo das Perdizes, em São Paulo. Com apenas 11 anos de idade já participava de algumas pastorais com tanto gosto em estar na Igreja e ser igreja, e poder dizer sim ao Sagrado Coração de Jesus. Em 2013, por motivos de força maior saí de algumas pastorais, ficando somente no MEJ. No início senti um vazio por deixar tantos outros trabalhos da Igreja, mas Jesus veio e abriu diversas portas e uma delas foi ser Coordenadora Arquidiocesana de São Paulo, e hoje estou aqui contando à Vossa Santidade um pouco da minha história. Agradeço imensamente esta oportunidade e a todas as pessoas envolvidas na minha vida.

Domanda: Qual foi o maior desafio ou dificuldade que o senhor Papa enfrentou na Missão como religioso?

PIN JU – TAIWAN (parla in cinese)

Sono Pin Ju, di Taiwan. Sono nata da famiglia cattolica, Sono molto orgogliosa della mia fede, nonostante la percentuale di popolazione cattolica taiwanese sia meno dell’1,3% di quella totale. Come membro del MEG penso sempre a che cosa posso fare per la mia fede. Quando ero una studentessa universitaria, ho organizzato un gruppo musicale per cantare canzoni che piacessero ai giovani. Ora lavoro come marketing manager e canto in una band. La gioventù taiwanese gradualmente si sta impegnando perché sempre più persone riconoscano l’amore di Gesù. La nostra band vuole anche condividere la bellezza di Dio e il suo amore con altre persone. Dopo lunghi sforzi, il nostro album sarà pubblicato in questo mese di agosto. Vogliamo anche incoraggiare le persone a trovare la propria strada per testimoniare intorno a sé l’amore di Dio. Fallo e basta. Nel Suo amore possiamo tutto.

Domanda: Quale è stato il momento di gioia più grande dopo essere diventato Papa? Vede dei segnali reali di gioia nella Chiesa e nel mondo per questo ventunesimo secolo?

LOUISE COURANT (FRANCE)

Je m’appelle Louise, j’ai 24 ans et je viens de France. Cela fait un an que j’ai commencé à travailler au Ministère de la Culture et en parallèle je fais beaucoup de musique. La musique a une part importante dans ma vie mais également dans l’histoire de ma foi. Elle m’a fait découvrir le MEJ d’abord à travers ses chants. J’ai animé des camps de jeunes puis j’ai intégré une équipe MAGIS il y a 3 ans. Le slogan du MEJ « un tremplin pour la vie, un élan pour la foi » résume ce que je vis aujourd’hui. Jésus est présent dans ma vie comme un chemin et je cherche à le connaître davantage. Le MEJ et MAGIS sont très importants pour moi car ils m’aident à me sentir membre d’une communauté et j’ai pu y découvrir l’importance de la relecture, du service et de la prière.

Domanda : Dans l’Evangile Jésus nous dit : « Vous êtes mes amis si vous faites ce que je vous commande ». Mais dans cette relation d’amitié doit-t-on aussi attendre en retour une manifestation de sa présence ?

AGUSTÍN ASCHOFF (ARGENTINA)

Mi nombre es Agustin Aschoff. Vivo en villa Cura Brochero, Córdoba (Argentina). Es un pueblo chiquito pero con una fe inmensa que espera la pronta canonización de Beato Cura Brochero. En mi familia somos 4 integrantes. Mi madre, Miriam Rosel, mi papá Arturo Aschoff y mi hermano mayor Matias Aschoff. Curso el 5to Año del Instituto técnico Cristo Obrero y participo del MEJ desde hace 4 años. En el MEJ aprendí a misionar. Me gusta conocer a las personas y compartir con ellas la fe. Cada vez que voy a misionar siento que tengo que poner el corazón más cerca de Jesús para poder acercarme más a los demás. Para mí el MEJ es un estilo de vida. Me cambió la vida y estaré para lo que Dios necesite porque Él estuvo conmigo. 

Domanda: Papa Francisco, qué le diría a los jóvenes para que descubran la profundidad de la Eucaristía?

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Papa Francesco:

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Grazie tante per le domande.

Ci sono due parole, all’inizio delle domande, che mi hanno colpito, e sono parole che si vivono nella vita quotidiana, sia nella società, sia nella famiglia. Le parole sono “tensione” e “conflitto”. Magat Diop ha parlato di “tensione” nei rapporti familiari, e Gregorius Hanzel ha parlato dei “conflitti”. Il conflitto. Ma cosa sarebbe – pensiamo – una società, una famiglia, un gruppo di amici, senza tensioni e senza conflitti? Sapete cosa sarebbe? Un cimitero. Perché non ci sono le tensioni e non ci sono i conflitti soltanto nelle cose morte. Quando c’è vita, c’è tensione e c’è conflitto; e per questo è necessario sviluppare questo concetto e cercare, nella mia vita, quali sono le vere tensioni, come vengono queste tensioni, perché sono tensioni che dicono che io sono vivo; e come sono questi conflitti. Soltanto in Paradiso non ce ne saranno! Tutti saremo uniti nella pace con Gesù Cristo. E ognuno deve individuare le tensioni della propria vita. Le tensioni ti fanno crescere, sviluppano il coraggio. E un giovane deve avere questa virtù del coraggio! Un giovane senza coraggio è un giovane “annacquato”, è un giovane vecchio. Alcune volte mi viene di dire ai giovani: “Per favore, non andare in pensione!”. Perché ci sono giovani che se ne vanno in pensione a vent’anni: hanno tutto sicuro, nella vita, tutto tranquillo e non hanno “tensioni”.

Le tensioni ci sono nella famiglia, è chiaro. Come si risolve una tensione? Con il dialogo. Quando in una famiglia c’è il dialogo, quando c’è questa capacità di dire spontaneamente cosa uno pensa, le tensioni si risolvono bene. Più in alto, più in alto… Non bisogna avere paura delle tensioni. Ma bisogna anche stare attenti, perché se tu ami la tensione per la tensione, questo ti farà male e tu sarai un giovane conflittuale in senso negativo, uno che ama sempre essere in tensione. No, questo no. La tensione viene per aiutarci a fare un passo verso l’armonia, ma l’armonia pure provoca un’altra tensione per essere più armonica.

Per dirlo in modo chiaro: primo, non avere paura delle tensioni, perché ci fanno crescere; secondo, risolvere le tensioni con il dialogo, perché il dialogo unisce, sia in famiglia sia nel gruppo di amici, e si trova una strada per andare insieme, senza perdere la propria identità; terzo, non attaccarsi troppo a una tensione perché questo ti farà male. Chiaro? Le tensioni fanno crescere, le tensioni si risolvono con il dialogo, ed essere attenti a non attaccarsi troppo a una tensione, perché questo alla fine distrugge. Ho detto che un giovane senza tensioni è un giovane “in pensione”, un giovane “morto”; ma un giovane che sa vivere soltanto in tensione, è un giovane ammalato. Questo lo si deve distinguere.

Gregorius ha parlato dei conflitti: il conflitto in una società come l’Indonesia, dove si respira una grande diversità interna di culture. Un conflitto sociale. Anche i conflitti possono farci bene, perché ci fanno capire le differenze, ci fanno capire come sono le cose diverse e ci fanno capire che se non troviamo una soluzione che risolva questo conflitto, ci sarà una vita di guerra. Il conflitto, per essere affrontato bene, dev’essere orientato verso l’unità, e in una società come la tua [si rivolge al giovane che ha posto la domanda], che ha una cultura con tante culture diverse dentro, deve cercare l’unità ma nel rispetto di ciascuna identità. Il confitto si risolve con il rispetto delle identità. Noi vediamo, quando guardiamo la tv o sui giornali, conflitti che non si sanno risolvere, e finiscono in guerre: una cultura non tollera l’altra. Pensiamo a quei fratelli nostri Rohingja: sono stati cacciati via da un Paese e da un altro e da un altro, e vanno per mare… Quando arrivano in un porto o su una spiaggia, danno loro un po’ d’acqua o un po’ da mangiare e li cacciano via sul mare. Questo è un conflitto non risolto, e questa è guerra, questo si chiama violenza, si chiama uccidere. E’ vero: se io ho un conflitto con te e ti uccido, è finito il conflitto. Ma questa non è la strada. Se tante identità – siano culturali, religiose – vivono insieme in un Paese, ci saranno i conflitti, ma soltanto con il rispetto dell’identità dell’altro. E con questo rispetto si risolve il conflitto. Le tensioni – in famiglia, tra amici – ho detto che per risolverle è necessario il dialogo; i veri conflitti sociali, anche culturali, si risolvono con il dialogo, ma prima con il rispetto dell’identità dell’altra persona. Anche in Medio Oriente stiamo vedendo che tanta gente non è rispettata: le minoranze religiose, i cristiani, ma non solo, non sono rispettati: tante volte sono uccisi, perseguitati. Perché? Perché non si rispetta la loro identità. Nella nostra storia, sempre ci sono stati conflitti di identità religiosa, per esempio, che venivano fuori per non rispettare l’identità dell’altra persona. “Ma questo non è cattolico, non crede in Gesù Cristo…” – “Rispettalo. Cerca quello che ha di buono. Cerca nella sua religione, nella sua cultura, i valori che ha. Rispetta”. Così i conflitti si risolvono con il rispetto dell’identità altrui. E le tensioni – i conflitti comportano tensioni – si risolvono con il dialogo. E così risponderei alla tua domanda, dall’Indonesia.

La tifosa di Pelé [la ragazza brasiliana] ha fatto questa domanda: qual è stata la più grande sfida o difficoltà che Papa Francesco ha affrontato nella sua missione come religioso? Io direi: trovare sempre la pace nel Signore, quella pace che soltanto Gesù ti può dare. Nei lavori, nei compiti, la sfida è trovare quella pace che significa che il Signore ti accompagna, che il Signore è vicino. E c’è anche un’altra sfida: saper distinguere la pace di Gesù da un’altra pace che non è di Gesù. Capito? E questa è una cosa che voi dovete imparare bene, e chiedere al Signore la grazia di saper discernere la vera pace dalla falsa pace. Discernere. Questa è una sfida. E la vera pace viene sempre da Gesù. Alcune volte viene “incartata” in una croce. Ma è Gesù che ti dà la pace in quella prova. Non sempre viene come una croce, ma sempre la vera pace è di Gesù. Invece, l’altra pace, quella superficiale, quella pace che ti fa contento, ti accontenta un po’ ma è superficiale, viene dal nemico, dal diavolo, e ti fa contento: “Io sono contento, non mi preoccupo di questo, sono in pace…”. Ma dentro, dentro c’è un inganno! E qui è necessario chiedere questa grazia, di saper distinguere, di saper conoscere qual è la pace di Gesù e qual è la pace che viene dal nemico, che ti distrugge. Sempre il nemico distrugge: ti fa credere che questa è la strada e poi, alla fine, ti lascia solo. Perché ricordate questo: il diavolo è un cattivo pagatore, non paga mai bene! Sempre ti truffa, è un truffatore! Ti fa vedere le cose truccate, e tu credi che quella cosa sia buona, che ti dia la pace, vai di là e alla fine non trovi la felicità. Cercare sempre la pace di Gesù: questa è una sfida, una sfida che ho avuto io, che ho io e che avete tutti voi. E qual è il segno della pace di Gesù? Come so che questa pace la dà Gesù? Il segno è la gioia, quella gioia profonda. Il diavolo mai ti dà la gioia. Ti dà un po’ di divertimento, fa un po’ di “circo”, ti fa felice un attimo, ma mai ti dà quella gioia. Quella gioia può darla soltanto Gesù dandoti lo Spirito Santo. E la sfida di tutti noi – anche la mia – è cercare sempre la pace di Gesù; anche nei brutti momenti, ma la pace di Gesù. E saperla distinguere da quell’altra pace truccata, che alla fine è una truffa: finisci male e non ti pagano bene. E Gesù è un buon pagatore, paga bene: paga molto bene!

Pin-Ju Lu mi ha chiesto se vedo segnali reali di gioia nella Chiesa, nel mondo per questo XXI secolo. I segnali ci sono: questo è uno! [indica i giovani presenti nell’Aula]. Questo è un segnale di speranza, vedere i giovani come voi che credono che Gesù sia nell’Eucaristia, che credono che l’amore sia più forte dell’odio, che la pace sia più forte della guerra, che il rispetto sia più forte del conflitto, che l’armonia sia più forte delle tensioni… Questo è una speranza, questo a me dà gioia! E questo dà speranza, perché la domanda di Pin-Ju Lu era: “Qual è stato il momento di gioia più grande dopo essere diventato Papa?”, e poi i segni di speranza o positivi in questo mondo dove ci sono tante guerre. Siamo in una guerra: io mi ripeto tanto dicendo che questa è la terza guerra mondiale a pezzi. Ma siamo in guerra. E questo è negativo. Ma ci sono segni di speranza e ci sono segni di gioia.

E io vorrei riprendere un’espressione di Magat Diop, all’inizio, una parola dalla quale ho preso la parola “tensione”: la famiglia. “Forti tensioni e lotte tra due generazioni”. Io domanderò: quali sono le due generazioni? Ditemi: quali sono? Domando io, perché si vede che siete tutti muti. Quelle dei genitori e dei figli? Queste sono le due generazioni? Sì, le tensioni tra papà e mamma e me: il fatto che io voglio una cosa perché penso la vita così, e loro la pensano in un altro modo… Ma c’è un’altra generazione. Perché non avete parlato dei nonni? Ecco, io vi dirò una cosa – ma non è un rimprovero a voi – i nonni sono i grandi dimenticati di questo tempo. Adesso un po’ meno, qui in Italia, perché siccome non c’è lavoro e loro hanno la pensione, ecco, si ricordano dei nonni! Ma i nonni sono i grandi dimenticati. E i nonni sono la memoria di una famiglia, la memoria del Paese, la memoria della fede, perché sono loro a darla a noi. I nonni. E io vi faccio questa domanda: voi parlate con i vostri nonni? [Rispondono: “Sì!”]. Voi domandate ai nonni: “Nonno, nonna, come è stato quello? Come si fa? Cosa facevi tu?”. Fatelo, fatelo! Perché i nonni sono una fonte di saggezza, perché hanno la memoria della vita, la memoria della fede, la memoria delle tensioni, la memoria dei conflitti… E sono bravi, i nonni! A me piace tanto parlare con i nonni. Vi dico un aneddoto. L’altro giorno, in piazza, in una delle udienze del mercoledì, io giravo con la “papamobile”, e ho visto una nonnina, lì, anziana: si vedeva che era anziana! Ma aveva gli occhi brillanti di gioia. E io ho fatto fermare la papamobile e sono sceso. E sono andato a salutarla. E sorrideva. “Mi dica, nonna: quanti anni ha lei?” – “92!” – “Ah, bene, brava! Gioiosa! Ma, mi dia la ricetta di come arrivare a 92 così”. E mi ha detto: “Sa, mangio i ravioli!”. E poi ha aggiunto: “E li faccio io!”. Ma questo è un aneddoto per dirvi che incontrare i nonni è sempre una sorpresa. I nonni sempre ci sorprendono: sanno ascoltarci, hanno una pazienza!… Parliamo di tre generazioni, di tre, almeno. E anche quando i nonni vivono a casa, aiutano tanto a risolvere le tensioni, normali in una famiglia. Non dimenticare i nonni. Capito?

Louise: Nel Vangelo Gesù ci dice: “Voi siete miei amici se fate quello che vi comando”. Ma in questa relazione di amicizia dobbiamo anche aspettarci in cambio una manifestazione della sua presenza?

Un’amicizia è sempre a due: io sono tuo amico e tu sei mio amico. E Gesù si manifesta sempre – ne ho parlato di questo – nella sua pace. Se tu ti avvicini a Gesù ti dà una pace, ti dà una gioia. E quando tu incontri Gesù, nella preghiera, in un’opera buona, in un’opera di aiuto all’altro – ci sono tante maniere per trovare Gesù – sentirai la pace e anche la gioia. Questa è la manifestazione, Louise. E’ così. Gesù si manifesta in questo contraccambio. Ma tu devi cercarlo sia nella preghiera, sia nell’Eucaristia, nella vita quotidiana, nella responsabilità dei tuoi compiti e anche nell’andare a cercare i più bisognosi e aiutarli: lì c’è Gesù! E te lo farà sentire. Alcune volte sentirai quello che è proprio soltanto dell’incontro con Gesù: lo stupore. Lo stupore di incontrare Gesù. Incontrare Gesù: questa parola non dimenticarla, per favore. Incontrare Gesù!

Pensiamo a quel giorno (cfr Gv 1,35-42): potevano essere le dieci del mattino, Gesù passava e Giovanni e Andrea erano con Giovanni Battista, chiacchieravano, lì, di tante cose. E Giovanni Battista disse: “E’ lui, quello, l’Agnello di Dio. E’ lui”. E loro, incuriositi, sono andati dietro a Gesù, per cercarlo. E’ la curiosità… E Gesù fa un po’ finta di niente e si rivolge a loro e dice: “Cosa cercate?” – “Dove abiti?” – “Venite!” (vv. 38-39). E loro sono rimasti – dice il Vangelo – con Gesù tutta la giornata. Ma cosa è successo dopo? Andrea è andato di corsa da suo fratello Simone: era pieno di gioia, una gioia grande; era pieno di stupore per aver incontrato Gesù. E dice: “Abbiamo incontrato il Messia!” (v. 41). E Giovanni ha fatto lo stesso con Giacomo. E’ così. L’incontro con Gesù ti dà questo stupore. E’ la sua presenza. Poi passa, ma ti lascia la pace e la gioia. Non dimenticare mai questo: stupore, pace, gioia. C’è Gesù. Questo è il contraccambio.

E adesso “Maradona” [il ragazzo argentino]. Papa Francesco cosa direbbe ai giovani affinché scoprano la profondità dell’Eucaristia?

Aiuta sempre pensare all’Ultima Cena. E quella parola che Gesù ha detto quando ha dato il pane e il vino, il suo Corpo e il suo Sangue: “Fate questo in memoria di me”. La memoria di Gesù presente lì; la memoria di Gesù che, in ogni Messa, è lì, e ci salva lì! La memoria di quel gesto di Gesù, che dopo se n’è andato nell’Orto degli Ulivi ad incominciare la sua Passione. La memoria di un amore così grande che ha dato la sua vita per me! Ognuno di noi può dire questo.

La grazia della memoria, della quale ho parlato quando ho parlato dei nonni. La grazia della memoria: la memoria di quello che Gesù ha fatto. Non è un rituale soltanto, non è una cerimonia. Ci sono cerimonie bellissime, cerimonie militari, culturali… no, no. E’ un’altra cosa: è andare lì, sul Calvario, dove Gesù ha dato la sua vita per me. Ognuno deve dire questo. E con questa memoria, vedendo Gesù, ricevendo il Corpo e il Sangue di Gesù, tu approfondisci il mistero dell’Eucaristia. “Eh, Padre, quando io vado a Messa mi annoio…”. Perché non è un rituale. Se tu vuoi approfondire il mistero dell’Eucaristia, ricordati. Questo verbo è bello, perché Paolo lo dice a uno dei suoi discepoli prediletti – non ricordo se a Tito o a Timoteo, ma ad uno dei due, che erano due vescovi che lui aveva fatto vescovi. Ricordati di Gesù Cristo (cfr 2 Tm 2,8). Ricordati di Gesù Cristo. Quando sono a Messa, lì, che sta dando la sua vita per me. E così si approfondisce il Mistero. E poi, quando non vai a Messa, ma vai a pregare davanti al Tabernacolo, ricordati che Lui è lì, e che ha dato la sua vita per te. La memoria. E’ stato il comando che Gesù ha dato ai suoi: “Fate questo in memoria di me”. Ossia ogni volta che fate questa celebrazione, ricordatevi di me; ogni volta che andate a pregare davanti al Tabernacolo, ricordatevi di questo. E non dimenticare quello che san Paolo diceva al suo discepolo, vescovo pure: Ricordati di Gesù Cristo!

Così finiamo il nostro dialogo di oggi. Vi ringrazio. Io avevo le domande scritte, ma non le avevo lette. Questo che ho detto è venuto dal cuore, come veniva al momento.

E pensate queste parole: tensione-dialogo; conflitto-rispetto-dialogo; contraccambio della presenza di Gesù-amicizia con Gesù: pace e gioia; incontro con Gesù: stupore, gioia, pace; approfondire l’Eucaristia: memoria di quello che ha fatto Gesù. E così andrete avanti. Il mondo ha tante cose brutte, stiamo in guerra; ma ci sono anche tante cose belle e tante cose buone, e tanti santi nascosti nel popolo di Dio. Dio è presente. Dio è presente e ci sono tanti, tanti motivi di speranza per andare avanti. Coraggio e avanti!

Possiamo, prima di dare la benedizione, chiedere aiuto alla Madonna. Perché i bambini quando incominciano a camminare cercano la mano della mamma per non sbagliare strada. E noi dobbiamo andare sulla strada della vita con la mano della mamma. Preghiamo la Madonna, ognuno nella propria lingua.

“Ave Maria…”

[Benedizione]

E per favore, per favore, vi chiedo: non dimenticate di pregare per me.