Discorso di Papa Francesco ai Monaci della Confederazione Benedettina

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Alle ore 12 di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Monaci della Confederazione Benedettina, in occasione del 125° anniversario della fondazione della Confederazione Benedettina e della posa della prima pietra della Badia Primaziale di Sant’Anselmo, a Roma.

Reverendo Abate Primate,
cari Padri Abati,
cari fratelli e sorelle,

vi do il benvenuto in occasione del 125° anniversario della fondazione della Confederazione Benedettina e ringrazio l’Abate Primate per le sue cortesi parole. Vorrei esprimere tutta la mia considerazione e riconoscenza per il rilevante contributo che i Benedettini hanno apportato alla vita della Chiesa, in ogni parte del mondo, per quasi millecinquecento anni. In questa celebrazione del Giubileo della Confederazione Benedettina vogliamo ricordare, in modo speciale, l’impegno del Papa Leone XIII, che nel 1893 volle unire tutti i Benedettini fondando una casa comune di studio e preghiera, qui, a Roma. Ringraziamo Dio per questa ispirazione, perché ciò ha portato i Benedettini di tutto il mondo a vivere un più profondo spirito di comunione con la Sede di Pietro e tra di loro.

La spiritualità benedettina è rinomata per il suo motto: Ora et labora et lege. Preghiera, lavoro, studio. Nella vita contemplativa, Dio spesso annuncia la sua presenza in maniera inaspettata. Con la meditazione della Parola di Dio nella lectio divina, siamo chiamati a rimanere in religioso ascolto della sua voce per vivere in costante e gioiosa obbedienza. La preghiera genera nei nostri cuori, disposti a ricevere i doni sorprendenti che Dio è sempre pronto a darci, uno spirito di rinnovato fervore che ci porta, attraverso il nostro lavoro quotidiano, a ricercare la condivisione dei doni della sapienza di Dio con gli altri: con la comunità, con coloro che vengono al monastero per la loro ricerca di Dio (“quaerere Deum”), e con quanti studiano nelle vostre scuole, collegi e università. Così si genera una sempre rinnovata e rinvigorita vita spirituale.

Alcuni aspetti caratteristici del tempo liturgico di Pasqua, che stiamo vivendo, quali l’annuncio e la sorpresa, la risposta sollecita, e il cuore disposto a ricevere i doni di Dio, in realtà sono parte della vita benedettina di ogni giorno. San Benedetto vi chiede nella sua Regola di «non anteporre assolutamente nulla a Cristo» (n. 72), perché siate sempre vigili, nell’oggi, pronti ad ascoltarlo e seguirlo docilmente (cfr ivi, Prologo). Il vostro amore per la liturgia, quale fondamentale opera di Dio nella vita monastica, è essenziale anzitutto per voi stessi, permettendovi di stare alla vivente presenza del Signore; ed è prezioso per tutta la Chiesa, che nel corso dei secoli ne ha beneficiato come di acqua sorgiva che irriga e feconda, alimentando la capacità di vivere, personalmente e comunitariamente, l’incontro con il Signore risorto.

Se San Benedetto fu una stella luminosa – come lo chiama San Gregorio Magno – nel suo tempo segnato da una profonda crisi dei valori e delle istituzioni, ciò avvenne perché seppe discernere tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, ponendo saldamente al centro il Signore. Possiate anche voi, suoi figli in questo nostro tempo, praticare il discernimento per riconoscere ciò che viene dallo Spirito Santo e ciò che viene dallo spirito del mondo o dallo spirito del diavolo. Discernimento che «non richiede solo una buona capacità di ragionare e di senso comune, [ma] è anche un dono che bisogna chiedere allo Spirito Santo. Senza la sapienza del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 166-167).

In quest’epoca, nella quale le persone sono così indaffarate da non avere tempo sufficiente per ascoltare la voce di Dio, i vostri monasteri e i vostri conventi diventano come delle oasi, dove uomini e donne di ogni età, provenienza, cultura e religione possono scoprire la bellezza del silenzio e ritrovare sé stessi, in armonia con il creato, consentendo a Dio di ristabilire un giusto ordine nella loro vita. Il carisma benedettino dell’accoglienza è assai prezioso per la nuova evangelizzazione, perché vi dà modo di accogliere Cristo in ogni persona che arriva, aiutando coloro che cercano Dio a ricevere i doni spirituali che Egli ha in serbo per ognuno di noi.

Ai Benedettini, poi, è sempre stato riconosciuto l’impegno per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Vi incoraggio a continuare in quest’opera importante per la Chiesa e per il mondo, ponendo al servizio di essa anche la vostra tradizionale ospitalità. In effetti, non c’è opposizione tra la vita contemplativa e il servizio agli altri. I monasteri benedettini – sia nelle città sia lontani da esse – sono luoghi di preghiera e di accoglienza. La vostra stabilità è importante anche per le persone che vengono a cercarvi. Cristo è presente in questo incontro: è presente nel monaco, nel pellegrino, nel bisognoso.

Vi sono grato per il vostro servizio in campo educativo e formativo, qui a Roma e in tante parti del mondo. I Benedettini sono conosciuti per essere “una scuola del servizio del Signore”. Vi esorto a dare agli studenti, insieme con le necessarie nozioni e conoscenze, gli strumenti perché possano crescere in quella saggezza che li spinga a ricercare continuamente Dio nella loro vita; quella stessa saggezza che li condurrà a praticare la comprensione vicendevole, perché siamo tutti figli di Dio, fratelli e sorelle, in questo mondo che ha tanta sete di pace.

In conclusione, cari fratelli e sorelle, auspico che la celebrazione del Giubileo per l’anniversario della fondazione della Confederazione Benedettina sia un’occasione proficua per riflettere sulla ricerca di Dio e della sua sapienza, e su come trasmettere più efficacemente la sua perenne ricchezza alle generazioni future.

Per intercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, in comunione con la Chiesa celeste e con i Santi Benedetto e Scolastica, invoco su ciascuno la Benedizione Apostolica. E vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me. Grazie.