Discorso del Santo Padre Francesco con i Partecipanti alla 42ma Sessione del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD)

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Alle ore 8.50 di questa mattina, il Santo Padre Francesco si è recato alla Sede della FAO in Roma, per l’Incontro con i Partecipanti alla cerimonia di apertura della 42ma Sessione del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD).

Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Presidente dell’IFAD, Gilbert F. Houngbo. Quindi, dopo la Firma del Libro d’Onore e lo scambio dei doni, ha raggiunto la Sala dove ha avuto luogo la cerimonia di apertura.

Nel corso della visita, dopo aver rivolto un Discorso al Consiglio dei Governatori nella sessione di apertura dei lavori, il Papa ha salutato un gruppo di rappresentanti delle popolazioni indigene e rivolto un indirizzo di saluto al personale dell’IFAD. Alle 10.50 il Santo Padre ha lasciato la sede della FAO in Roma ed ha fatto rientro in Vaticano.

Questo il discorso, tradotto da TV2000, che Papa Francesco ha letto:

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Saluto del Santo Padre al personale dell’IFAD

Signore e Signori,

potrei parlare in spagnolo, che è una delle lingue ufficiali, ma preferisco usare l’italiano, perché è sicuramente meglio per voi tutti.

Ringrazio il Signor Presidente dell’IFAD per la sua attenzione, per la sua cortesia, e sono contento di potermi incontrare con voi, che lavorate ogni giorno per questa importante istituzione delle Nazioni Unite. Voi siete al servizio dei più poveri della terra: persone che, in maggioranza, vivono in zone rurali, in regioni lontane dalle grandi città, spesso in condizioni difficili e penose. A tutti voi qui presenti, come pure ai vostri colleghi ai quali non è stato possibile essere tra noi – siete tanti che lavorate qui! –, rivolgo un saluto cordiale.

Pensando a voi, mi vengono in mente due semplici parole. La prima, che scaturisce dal cuore, è “grazie”. Ringrazio Dio per il vostro lavoro al servizio di una causa tanto nobile quale la lotta contro la fame e la miseria nel mondo. Grazie perché andate controcorrente: la tendenza di oggi vede il rallentamento della riduzione della povertà estrema e l’aumento della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Pochi hanno troppo e troppi hanno poco. Pochi hanno troppo e troppi hanno poco, questa è la logica di oggi. Molti non hanno cibo e vanno alla deriva, mentre pochi annegano nel superfluo. Questa perversa corrente di disuguaglianza è disastrosa per il futuro dell’umanità. Grazie quindi perché voi pensate e agite controcorrente. E grazie anche per il vostro lavoro silenzioso, spesso nascosto – direi anche alcune volte noioso –: nascosto come le radici di un albero, non si vedono, ma da lì proviene la linfa che nutre tutta la pianta. Forse non ricevete molti riconoscimenti né onorificenze, ma Dio vede tutto, conosce l’abnegazione e la professionalità – sottolineo la parola professionalità –, apprezza le ore che trascorrete sollecitamente in ufficio e i sacrifici che ciò comporta. Dio, non scorda mai il bene e sa ricompensare chi è buono e generoso.

Dal vostro lavoro traggono beneficio molte persone bisognose e svantaggiate, che sopravvivono con tante sofferenze nelle periferie del mondo. Per svolgere bene questo tipo di servizio, bisogna unire alla competenza una particolare sensibilità umana. Perciò vorrei consigliarvi di coltivare sempre la vita interiore e i sentimenti che dilatano il cuore e nobilitano le persone e i popoli. Sono tesori che valgono più di ogni bene materiale. Allargare il cuore. Grazie anche al vostro apporto si possono realizzare progetti che aiutano bambini disagiati – sono tanti nel mondo, tanti! – donne, famiglie intere. Molte belle iniziative si portano avanti con il vostro sostegno. Vi ringrazio dunque per questo lavoro, e lo faccio anche a nome di tanti poveri che servite.

La seconda parola che vorrei dirvi, dopo il “grazie”, è “avanti!”. Significa proseguire con rinnovato impegno questa vostra opera, senza stancarvi, senza perdere la speranza, senza cedere alla rassegnazione pensando che sia solo una goccia nel mare. Madre Teresa diceva: “Sì, è una goccia nel mare, ma con quella goccia il mare è diverso”. Il segreto consiste nel custodire e alimentare motivazioni alte. In questo modo, si vincono i pericoli del pessimismo, della mediocrità e dell’abitudinarietà, e si riesce a mettere entusiasmo in quello che si fa giorno per giorno, anche nelle cose piccole, le cose che io non vedo come finiranno. La parola “entusiasmo” è molto bella: possiamo intenderla anche come “mettere Dio in quello che si fa” – viene da lì: en-theos, entusiasmo, mettere Dio in quello che si fa. Perché Dio non si stanca mai di fare il bene, non si stanca mai di ricominciare. Ognuno di noi ne ha esperienza: quante volte abbiamo ricominciato nella nostra vita! E questo è bello. Non si stanca mai di dare una speranza. Egli è la chiave per non stancarsi. E pregare –per chi può pregare – aiuta a ricaricare le batterie con energia pulita. Ci fa bene chiedere al Signore che lavori al nostro fianco. E la persona che non può pregare perché non è credente deve allargare il cuore e desiderare il bene. Come dicono gli adolescenti: “mandare buone onde”, desiderare il bene degli altri. È un modo di pregare per coloro che non hanno la fede e non sono credenti ma possono fare così.

Inoltre, in ogni documento che trattate, vi consiglio di cercare un volto. Questo è importante: dietro ognuna delle carte c’è un volto, dieci volti, tanti volti… Cercate un volto: i volti delle persone che stanno dietro quelle carte. Mettersi nei loro panni per capire meglio la loro situazione… È importante non rimanere in superficie, ma cercare di entrare nella realtà per intravedervi i volti e raggiungere il cuore delle persone. Sono lontanissime ma sono “trascritte” qui. Allora il lavoro diventa un prendersi a cuore gli altri, le vicende, le storie di tutti.

E un’ultima cosa: ricordiamo quanto diceva San Giovanni della Croce: «L’anima che cammina nell’amore non annoia gli altri, né stanca sé stessa» (Parole di amore e di luce, 96). Per andare avanti c’è bisogno di amare. La domanda da porsi non è “quanto mi pesano queste cose che dovrò fare?”, ma “quanto amore metto in queste cose che ora faccio”? Chi ama ha la fantasia per scoprire soluzioni dove altri vedono solo problemi. Chi ama aiuta l’altro secondo le sue necessità e con creatività, non secondo idee prestabilite o luoghi comuni. È un creatore: l’amore ti porta a creare, è sempre avanti.

Entusiasmo, cercare i volti, amare: così si può andare avanti, e così incoraggio anche voi ad andare avanti, giorno per giorno.

Dio benedica voi, i vostri cari e il lavoro che svolgete nell’IFAD a beneficio di molti, per sconfiggere la gravissima piaga che è la fame nel mondo. E anch’io chiedo qualcosa: vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me, o almeno di mandarmi dei buoni pensieri. Grazie!