Commento a cura di Diac. Ignazio Boi, da Radio Kalaritana – Cagliari.
Trascrizione automatica (non rivista) generata da Youtube e “corretta” tramite IA.
Carissime ascoltatrici e carissimi ascoltatori, ben ritrovati all’ascolto di Radio Calarit.
Oggi un grande, famoso santo a tenerci per mano: San Francesco d’Assisi. Chi non lo conosce?
Permettetemi di essere particolarmente lieto, perché oggi è la mia comunità parrocchiale che festeggia il suo patrono. Quindi, rivolgo un pensiero affettuoso alla comunità dei Frati Conventuali e a tutti i fedeli, ma anche a tutti coloro che hanno una devozione nei confronti di San Francesco d’Assisi.
E sono certo che siete veramente in tanti!
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Allora, ascoltiamo cosa ha da dirci oggi il Signore, in questo giorno dedicato al Poverello di Assisi.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse:
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero”.
Come dicevamo, oggi la Chiesa, e quindi ciascuno di noi, celebra con grande gioia la memoria di San Francesco d’Assisi, che insieme a Santa Caterina da Siena è invocato come patrono della nostra patria, della nostra nazione.
Il somigliante e così, Francesco, Poverello, è chiamato, caso più unico che raro, dai fratelli ortodossi. La sua fama travalica i confini della nazione e delle confessioni religiose.
Davvero, leggere la sua vita ci riempie il cuore di una santa invidia, di stupore: quanto ha saputo cogliere la devastante grazia di Dio, questo giovane di Assisi!
L’opera di Gesù è presentata come rivelazione di Dio. Le cose che il Padre ha rivelato ai piccoli sono, di fatto, l’intero Vangelo, cioè quella nuova comprensione di Dio e della sua volontà, della buona novella, della nuova novella che è manifestata nei comportamenti e nelle parole di Gesù.
I sapienti e gli intelligenti, ai quali il Padre ha tenuto nascoste queste cose, sono i rabbini e i farisei, che restano ciechi di fronte alla chiarezza delle parole di Gesù e irritati perché predilige i poveri.
Allora, i piccoli non sono i bambini, ma gli uomini senza cultura, senza competenza nelle scienze religiose, cioè coloro che non stanno lì a spiluccare o a spaccare in quattro la parola o la virgola.
Concretamente, al tempo di Gesù, erano i poveri, i popolani disprezzati dagli scribi e dai farisei. Essi, pensate, dicevano: “Un ignorante non può sfuggire al peccato e un uomo dei campi non può appartenere a Dio”.
Immaginate, allora, che gli affaticati e gli oppressi sono coloro che penavano sotto le pesanti prescrizioni della legge e si sentivano smarriti davanti alla dottrina difficile e complicata dei rabbini.
Gesù invita tutti costoro a cercare nel suo Vangelo la vera volontà di Dio: una volontà esigente, certo, ma lineare, semplice, alla portata di tutti.
Gesù si definisce mite e umile di cuore.
“Mite” significa l’atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini: un atteggiamento coraggioso, ma non violento, misericordioso, tollerante, pronto al perdono, ma anche severo ed esigente.
“Umile” indica l’atteggiamento obbediente e docile alla volontà del Padre, un atteggiamento interiore, libero, scelto.
Allora, il riposo che Gesù offre corrisponde alla promessa biblica di pace e felicità al seguito di Gesù. La volontà di Dio non è più un giogo opprimente e duro, ma genera già ora quella pace gioiosa promessa agli umili e ai miti, garanzia della salvezza definitiva.
Sapete che il giogo si porta in due, no? La coppia di buoi, di animali, che noi siamo abituati a vedere soprattutto nella festa di Sant’Efisio.
Ecco, se Gesù dice “prendete il mio giogo sopra di voi”, significa che al nostro fianco c’è lui, che porta con noi quel giogo così pesante che a volte ci sembra oppressivo, troppo pesante.
Ma lui è con noi e lo porta con noi. Non sono come i pesanti fardelli che impongono sulle spalle della gente gli scribi e i farisei, mentre loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
Gesù porta con noi il peso del mondo e, vedete, questo atteggiamento chiaramente produce fiducia in noi, mentre l’altro atteggiamento produce allontanamento da Dio e la disperazione di tante persone di potersi salvare. Ed è per questo che si allontanano dalle nostre comunità.
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Allora, questo brano contiene un forte richiamo alla conversione, rivolto a tutti, ma specialmente ai teologi.
La rivelazione della sapienza di Dio incontra l’uomo non nella sua sapienza e assennatezza, ma dove smette di fare affidamento sulla propria sapienza per abbandonarsi a quella di Dio.
Dio dona la sua rivelazione in questo modo: il cuore umano trova riposo quando accoglie, come dono, la bontà e l’amore di Dio, e quando percorre deciso il cammino nel quale Cristo l’ha preceduto, cioè il cammino della croce.
San Francesco ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa.
Ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù.
Ed è per questo che egli diceva: “Dobbiamo testimoniare il Vangelo, se è necessario anche con le parole”.
Quel Vangelo “sine glossa”, che chiede di essere vissuto prima che annunciato.
Le stimmate che riceve verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo.
E quest’anno abbiamo celebrato l’ottavo centenario. Il 17 settembre, Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio, e non accettò neppure il sacerdozio, per rimanere un semplice fratello, un servo, un diacono, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Per lui si sono realizzate in pieno le parole di Gesù: “Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce se lo riceviamo dalle sue mani.
Grazie per essere stati presenti anche oggi. Allora, con San Francesco diciamo:
“Tanto il bene che m’aspetto, che ogni pena m’è diletto”.
A risentirci domani.