Il commento alle letture del 20 Dicembre 2018 a cura del sito Dehoniane.
III settimana di Avvento III settimana del salterio
Il segno di Dio
Acaz rifiuta di chiedere il segno che pure Dio vuole offrirgli, adducendo come scusa: «Non voglio tentare il Signore» (Is 7,12). A Maria l’arcangelo Gabriele concede un segno che non aveva chiesto, ma che accoglie prontamente con fede (cf. Lc 1,36).
La liturgia ci propone così un sapiente confronto tra due diversi modi di stare davanti a Dio e di interpretare i segni della sua presenza. Acaz chiude cuore e occhi al segno promesso, perché non vuole che Dio possa cambiare i suoi progetti. Egli ha già deciso come affrontare la situazione di pericolo nella quale il regno di Giuda e il suo trono si vengono a trovare, a causa della minaccia di guerra ordita da Resin, re di Aram, e da Pekach, re d’Israele (cf. Is 7,1).
Anziché confidare nel Dio dei padri e nella sua fedeltà, Acaz preferisce affidarsi ad alleanze militari che tenta di intessere. Dichiara di non voler tentare Dio, di fatto è lui stesso a non volere che Dio metta alla prova la sua fede e la purifichi, consentendole di aderire al progetto che Dio comunque desidera realizzare per il suo popolo, anche quando sembra contraddetto dagli eventi tragici della storia.
Se Acaz è incapace di fede autentica, al contrario Dio rimane fedele e dona comunque al popolo e al suo re un segno: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7,14). Il significato di questo nome – Dio-con-noi – verrà svelato dal profeta poco più avanti, in 8,10. Duplice il significato di questo segno. Anzitutto, Dio rimane con il suo popolo, anche nel tempo della crisi e del pericolo, persino nel momento dell’incredulità del suo re. Ritroviamo un aspetto dell’agire di Dio che abbiamo già incontrato: egli compie la sua promessa nonostante la mancanza di fede di Zaccaria, come ci ricordava ieri la liturgia; allo stesso modo la compie dinanzi all’atteggiamento incredulo di Acaz.
In secondo luogo, il segno consiste nella nascita di un figlio, che la giovane moglie di Acaz partorirà, anche se al momento non ha ancora avuto figli (così è da intendere il termine ebraico halmà, che traduciamo con «vergine» sulla base della versione greca dei LXX). Mentre il trono di Davide corre il rischio di estinguersi, perché Acaz è senza figli e i suoi avversari vogliono collocare al suo posto un re fantoccio, Dio rinnova la sua promessa: un figlio di Davide continuerà a regnare su Giuda.
Il senso compiuto di questa promessa sarà svelato, tuttavia, soltanto quando Gabriele annuncerà, e questa volta a una vergine, la nascita di colui al quale sarà dato «il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32-33). Di fronte a questo annuncio, Maria non pretende segni, ma neppure li rifiuta.
Accoglie la promessa di Dio nella sua fede e per lei il segno non sarà la condizione per credere, ma un’illuminazione dello sguardo, un aprirsi degli occhi per discernere la salvezza di Dio che si manifesta non solo in lei, ma attorno a lei, nella più ampia storia del suo popolo e di ogni generazione umana, come canterà nel Magnificat (cf. 1,48-50). Maria riconosce il compiersi della profezia dell’Emmanuele non solo nella propria vita, ma nella vita del mondo.
Come rende gravida una vergine, così Dio rende gravida la sterile e anziana Elisabetta. I luoghi della sterilità vengono trasformati nei luoghi della fecondità. Credere non significa soltanto che Dio ci salverà dal pericolo, ma che egli è in grado di fare persino della morte un grembo di vita nuova. Non solo il grembo di Maria o di Elisabetta, ma il grembo di un’umanità ferita, smarrita, incapace di trovare da sola il compimento del proprio desiderio di vita e di felicità, diviene fecondo. La carne degli uomini genera la carne del Figlio di Dio e la carne del Figlio di Dio farà sì non soltanto che egli regni per sempre sul trono di Davide, ma che l’umanità intera possa sedere con lui nel regno dei cieli, a quel banchetto dove non vi sarà più né morte né pianto.
Padre, Dio fedele e misericordioso, tu non ti stanchi e non ti scoraggi di fronte ai nostri deludenti rifiuti, all’ostinazione con la quale continuiamo a inseguire i nostri progetti, anziché fidarci delle tue promesse. Tu hai rinnovato la tua proposta di vita, fino a quando la Vergine ha detto il suo sì. La parola che anche oggi ci annunci, apra la nostra vita ad accogliere e a interiorizzare la sua stessa fede.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Lc 1, 26-38
Dal Vangelo secondo Luca
Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net
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