Il commento alle letture del 18 Dicembre 2018 a cura del sito Dehoniane.
III settimana di Avvento III settimana del salterio
Memoria del futuro
Il primo e fondamentale comandamento del decalogo è: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). È un comandamento che si declina al futuro, perché Dio, che ha liberato Israele nel passato, si impegna a farlo anche nel futuro.
Lo annuncia Geremia: «Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”» (Ger 23,7-8). Colui che ha liberato nel passato, libererà nel futuro. La sua azione è talmente certa che se ne può parlare con i verbi al passato.
È significativo, infatti, in questo testo di Geremia, il gioco tra passato e futuro. «Verranno giorni…» – al futuro – «nei quali si dirà…» – ancora al futuro – «per la vita del Signore che ha fatto uscire» – al passato. Il futuro promesso da Dio è talmente certo che lo si può raccontare al passato, con gli stessi verbi con cui racconteremmo quanto è già accaduto. La speranza non solo è fondata sulla memoria, diventa essa stessa memoria. Memoria del futuro di Dio.
Noi oggi sappiamo, grazie all’apporto delle scienze umane, che viviamo sul fondamento delle nostre memorie, che ci plasmano e ci condizionano. La parola di Dio integra nella nostra memoria esistenziale la speranza, fondata sulla capacità di custodire la parola di Dio per farla diventare una personale memoria vivente. A orientare le nostre scelte non può esserci solamente il passato, con la sua memoria grata e riconoscente, ma anche con le sue delusioni, sofferenze, ferite; deve esserci pure il futuro, non quello immaginato dalle nostre fantasticherie, ma quello promesso da Dio e garantito dalla sua parola. La fede biblica è per sua natura escatologica, una fede d’avvento, fondata su un passato che si declina al futuro. Fede non è soltanto credere in ciò che Dio ha già fatto, ma ciò che promette di fare e farà.
Non c’è fede senza speranza, e le due sorelle – come direbbe Péguy – si aiutano l’un l’altra: la fede rende possibile la speranza e la speranza conferma l’autenticità della fede. Il nostro Dio è un Dio che promette e la sua promessa non inganna, è affidabile. Il primo comandamento del decalogo si fonda inseparabilmente su ciò che Dio ha già fatto, e che possiamo ricordare; su ciò che Dio ancora farà, che possiamo sperare. Il decalogo è fatto di parole attraverso le quali Dio chiede il nostro impegno e noi lo promettiamo.
Ma la prima parola, quella che fonda tutte le altre, è la parola con cui Dio stesso si impegna con noi e ci dona la sua promessa. Davvero il decalogo è parola di alleanza. Un’alleanza in cui Dio è il primo a impegnarsi con noi, e poiché lui si impegna, possiamo impegnarci a nostra volta con lui. Questa è l’esperienza che fa Giuseppe nel suo sogno, che però è anzitutto il sogno di Dio, il suo futuro che viene donato come promessa. Una promessa che per Giuseppe si concretizza in quel duplice nome che egli dovrà dare – è questa la sua vocazione – al figlio di Maria: Gesù, perché salverà il suo popolo dai suoi peccati; Emmanuele, che significa Dio-con-noi.
Dio si impegna a essere il Dio-con-noi e a liberarci. Giuseppe crede al sogno di Dio e si impegna a sua volta. La colletta che apre questa celebrazione ci fa pregare: «La nuova nascita del tuo unico Figlio ci liberi dalla schiavitù antica». Nuova nascita, schiavitù antica! Il nostro peccato è antico, legato al passato; l’azione di Dio è invece sempre nuova, ci rinnova, ci libera. Dobbiamo imparare da Giuseppe ad agire secondo l’ordine dell’angelo del Signore.
Prendendo con sé Maria (cf. Mt 1,24), Giuseppe prende con sé anche la promessa che Dio le ha fatto. Ci doni il Signore di prendere a nostra volta con noi la sua promessa, per vivere di essa. Padre, noi crediamo in te. Le tue promesse sostengano la nostra attesa, sciolgano i nostri dubbi, ci conducano a considerare, come Giuseppe, e a riconoscere il tuo modo paradossale di agire nella storia.
Ci consentano soprattutto di accogliere e di vivere questa certezza: il Dio-con-noi è un Dio che ci sarà, sarà presente, ci custodirà. Giuseppe, che non ripudia Maria, ci annuncia che neppure Dio ci allontana o ci abbandona, pur essendo noi davvero un popolo adultero.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mt 1, 18-24
Dal Vangelo secondo Matteo
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net
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