Il commento alle letture del 13 febbraio 2019 a cura del sito Dehoniane.
V settimana del tempo ordinario – V settimana del salterio
Alla radice, il cuore
«Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male […]. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,21.23). A tutti coloro che, come ci ricordava la pagina evangelica ascoltata ieri, si illudono di purificare se stessi lavando l’esteriorità dei propri corpi, Gesù ricorda quale sia la vera vigilanza da vivere: quella del cuore. Non si tratta tanto, nella visione di Gesù, di separare, o peggio contrapporre esteriorità e interiorità, carne e spirito, corpo e cuore, quanto piuttosto di avere consapevolezza dell’unità della nostra persona e anche di quale sia la sua radice, la sua primigenia sorgente.
Le intenzioni del cuore si manifestano nei gesti esteriori del corpo; la cura degli atteggiamenti corporei educa anche lo spazio interiore della nostra vita e vi si riflette. Dobbiamo sempre più conseguire un’unità armonica tra tutte le componenti della nostra persona, nella consapevolezza, tuttavia, che occorre farlo a partire dal cuore, «radice e centro della vita» (Teofane il Recluso). I pensieri cattivi che vi maturano – e di cui oggi Gesù ci offre un accurato elenco – esprimono di fatto la realtà di un cuore diviso in se stesso, che genera a sua volta parole e opere che dividono. I propositi malvagi citati da Gesù, infatti, hanno tutti questa caratteristica che li accomuna: gettano divisione, creano separazione, si oppongono alla comunione, dentro di noi, con Dio, con gli altri, con i beni della terra.
A questo riguardo, possiamo ricordare ancora una parola ascoltata ieri (anche se la liturgia la suddivide, questa pagina di Marco andrebbe letta tutta d’un fiato), quando Gesù, citando Isaia, alludeva al cuore umano così spesso lontano da Dio (cf. Mc 7,6; Is 29,13). Ecco la vera radice dei pensieri cattivi: un cuore, e più precisamente un cuore lontano da Dio, che si separa da lui. Il cuore è sorgente di unificazione, e lo è non tanto in se stesso, ma in quanto vive nell’unità del rapporto con Dio. Il cuore è radice della nostra vita, ma per esserlo deve a sua volta radicarsi nella relazione con Dio. Una relazione intessuta di fiducia, di gratitudine, di riconoscenza, di affidamento e dunque di obbedienza.
Sono questi gli atteggiamenti che occorre nutrire nella nostra relazione con Dio e che vengono richiamati anche dalla pagina della Genesi. Dio, dopo aver chiamato all’esistenza la persona umana, le offre una parola per educarla a camminare sulle vie della vita anziché della morte. «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17). Un solo «no» viene imposto ad Adamo ed Eva, ma per far comprendere loro che tutto il resto è un «sì». Un solo frutto viene negato, ma perché possano capire che tutto il resto viene loro donato.
Senza quel solo «no» essi cadrebbero nell’inganno di considerare tutto un loro possesso, o un loro diritto. Invece, tutto è dono. Inoltre, potranno capire che dietro al dono c’è un donatore, e che il loro cuore deve attaccarsi non ai doni ma, attraverso di loro, risalire all’incontro e alla comunione con colui che dona. Quell’unico «no», anziché negare o impedire la relazione, la suscita e la intesse dei giusti atteggiamenti. Ci sollecita a vivere nella fiducia e nell’affidamento, vincendo le logiche del sospetto, della gelosia o dell’invidia. Ci educa ad agire nelle dinamiche gratuite del dono e non in quelle mercantili del possesso o dello scambio. Ci chiama a uscire dalla nostra autosufficienza per abbandonarci a una dipendenza relazionale che ci fa vivere nella libertà, perché è la dipendenza del figlio e non dello schiavo.
Dal di dentro, dal cuore nascono i pensieri cattivi. Vi maturano quando il cuore inizia a sospettare di Dio anziché fidarsi; quando non comprende più che l’obbedienza alla sua parola è un dono che ci libera, non un’imposizione che ci opprime.
Padre buono, tu dimori nel segreto del cuore di ciascuno di noi. Donaci di scendere nella profondità della nostra esistenza per incontrare lì la tua presenza, che ci libera da tutto ciò che in noi è ancora oscuro e tenebroso. Nel groviglio dei nostri pensieri cattivi, risplenda la luce della tua sapienza. Il calore della tua presenza ci scaldi il cuore e lo consoli. Ci doni la gioia di chi percepisce la tua prossimità benedicente.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mc 7, 14-23
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net
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