Il commento alle letture del 11 Marzo 2019 a cura del sito Dehoniane.
I settimana di Quaresima I settimana del salterio
Il sì della fraternità
«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2). Questo invito è rivolto da Mosè a «tutta la comunità degli Israeliti», per ricordare che il cammino verso la santità non è riservato solamente a qualcuno, né si presenta come uno sforzo individualistico di eroismo personale. Riguarda l’intera comunità e si attua di conseguenza grazie all’appartenenza a un popolo chiamato, nel suo insieme, a divenire un popolo santo. Lo afferma con grande chiarezza papa Francesco nella sua esortazione apostolica Gaudete et exsultate. Ne possiamo richiamare alla memoria un paio di passaggi significativi: «Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché “Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità” (LG9).
Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (n. 6). Più avanti ribadirà: «La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due. […]
Contro la tendenza all’individualismo consumista che finisce per isolarci nella ricerca del benessere appartato dagli altri, il nostro cammino di santificazione non può cessare di identificarci con quel desiderio di Gesù: che “tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te” (Gv 17,21)» (nn. 141 e 146).Anche la scena del giudizio che Gesù disegna in Matteo insiste su questo tema della relazione. I benedetti vengono introdotti nella beata comunione con il Signore, che li invita ad andare a lui (cf. Mt 25,34), perché hanno saputo intessere relazioni di autentica fraternità, fondate non sulle dinamiche della carne o del sangue, delle antipatie o delle simpatie, delle gratificazioni o dei vantaggi personali, ma su quelle dell’amore, della misericordia e della compassione, capaci di farsi carico del bisogno degli altri.
Con grande finezza narrativa Matteo usa il termine «fratelli» solo nel dialogo del Signore con i benedetti (cf. 25,40), mentre lo lascia intenzionalmente cadere nel dialogo con i maledetti: «Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (25,45). Ora il termine «fratello» scompare: non ha alcun senso usarlo per coloro che non hanno saputo entrare in una relazione di fraternità con quanti erano nel bisogno. Di conseguenza sono esclusi dalla fraternità stessa con Gesù, abbandonati all’estraneità e alla lontananza: «Via, lontano da me…», dirà loro il Signore al v. 41. Gesù ricorre qui a un linguaggio tipicamente apocalittico, alludendo al fuoco eterno, ma il giudizio fatto consiste in una comunione che non si attua con quanti non hanno saputo viverla nel corso della loro esperienza storica.Prima ancora che sui gesti di misericordia, offerti oppure negati, il cammino di santità passa attraverso la qualità fraterna delle nostre relazioni, che ci consentono di intessere un’autentica comunione con Dio con i fili di seta che intrecciamo nella ferialità dei nostri rapporti quotidiani. Rapporti che devono essere sempre fondati sul duplice registro che oggi la liturgia della Parola ci annuncia. Un primo registro è ancorato a quei «no» elencati dal Levitico: «Non ruberete… Non giurerete il falso…
Non opprimerai…» (Lv 19,11.12.13). Questo registro più negativo, tuttavia, da solo non basta; deve essere integrato da quello più positivo ricordatoci da Gesù in Matteo, che ci prospetta che cosa fare: sfamare, dissetare, accogliere, vestire, visitare… Occorre saper dire dei «no» per giungere a dire questi «sì» ai fratelli e dunque anche a Dio. Allora Dio ci risponderà con il «sì» della sua benedizione.
Padre, tu sei il solo santo, ma desideri rendere anche noi partecipi della tua santità. Noi ti ringraziamo e ti benediciamo, perché il tuo amore giunge sino a questo punto: renderci simili a te e al tuo mistero di comunione con il Figlio e nello Spirito. Donaci di percepire la tua chiamata alla santità come il dono che tu ci fai di divenire una fraternità, segno del tuo amore.
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Vangelo del giorno
Mt 25, 31-46
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.