Dehoniane – Commento al Vangelo del 1 Marzo 2019

Il commento alle letture del 1 Marzo 2019 a cura del sito Dehoniane.


VII settimana del tempo ordinario – III settimana del salterio

Medicina

La prima lettura che ci accompagna in questa giornata ci offre una sorta di «litania dell’amicizia». Si tratta di un testo che fa bene in tutte le tappe della vita, ma in particolare sono parole che po-trebbero ispirare i giovani che vivono nelle nostre famiglie, che frequentano le nostre scuole e le nostre parrocchie. Sono tante e tutte assai suggestive le immagini che illustrano la bellezza e la bontà dell’amicizia e, al contrario, il dolore che può causare il tra-dimento di un amico che si trasforma in nemico. Ma vorrei soffer-marmi sull’ultima immagine usata dal Siracide: «Un amico fedele è medicina che dà vita» (Sir 6,16). Potremmo chiederci: «Quale malattia viene curata dall’amicizia?». La risposta possiamo tro-varla nella risposta che il Signore Gesù offre a coloro che gli si accostano non per ascoltarlo ma «per metterlo alla prova» (Mc 10,2).

A quanti pretendono di farsi interpreti di quanto il Signore aveva ordinato a Mosè circa la possibilità di rompere l’al leanza sancita nel matrimonio, il Signore Gesù risponde spostando com-pletamente il livello del discernimento: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma» (10,5).

Facciamo interagire tra loro i testi della liturgia come se fossero due pietre focaie da cui cerchiamo di far scaturire una scintilla con cui accendere il fuoco della comprensione. Possiamo concludere che l’amicizia è la medicina che cura la malattia della «durezza» del cuore. La chiara distinzione messa a punto dal Signore Gesù tra ciò che Mosè ha «ordinato» e ciò che lo stesso Mosè ha «per-messo», dà la possibilità al Signore Gesù di riportare i farisei, e noi con loro, a una visione più umana del matrimonio esaltando il rispetto di chi è più debole e svantaggiato. Ai tempi di Gesù a essere svantaggiata era la donna, che veniva trattata più come una proprietà da gestire che come una relazione da coltivare. A questa tendenza mai completamente superata di usare l’altro per i propri interessi e fino a quando fa comodo per soddisfare i pro-pri bisogni e i propri comodi, il Signore Gesù oppone il principio fondamentale iscritto, per così dire, nell’atto di creazione della nostra umanità: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (10,9).

Questa rammemorazione che ci viene dal vangelo, prima di es-sere una legislazione è un orientamento profondo verso la cura di ogni relazione perché possa dare il frutto desiderato e sperato di un incremento continuo di umanizzazione. Il primo passo è quello dell’uguaglianza tra uomo e donna: «Chi ripudia la pro-pria moglie […] e se lei, ripudiato il marito…» (10,11-12). Questa uguaglianza per così dire giuridica diventa la cifra del principio evangelico, che riconosce a tutti e a ciascuno il diritto e il dovere di mettersi nella condizione di sperare di più e richiede a ciascu-no di essere collaboratori della gioia del proprio simile. Laddove le nostre relazioni si fanno dolorose e difficili, quanto più sono intime, non c’è mai una soluzione scontata e precostituita.

Il vangelo ci offre la «medicina» di applicare comunque il balsamo di una parola gentile, che fa posto alle ragioni talora così sofferte dell’altro senza negare la sofferenza delle proprie ragioni: «Una bocca amabile moltiplica gli amici, una lingua affabile le buone relazioni» (Sir 6,5). Come ricordava l’imperatore-filosofo Marco Aurelio: «Si può dire una dura verità con un sorriso sulle labbra», per evitare che si trasformi in una verità avvelenata.

Signore Gesù, la tua parola sia per noi medicina con cui curare, guarire e incrementare la bellezza delle nostre relazioni di amicizia e di intimità. Non lasciare mai che rinunciamo alla gentilezza e alla bontà anche nelle situazioni più difficili. perché la sofferenza ci renda migliori e non insofferenti e amari.

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Mc 10, 1-12
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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