Fanatismo, ovvero quando la religione è senza Dio
Un estratto dell’ultimo libro di Adrien Candiard, Fanatismo!
Non è mai senza una certa diffidenza che sento parlare dei programmi di «deradicalizzazione» proposti ai terroristi condannati o a quanti hanno gravitato nella loro orbita. Bisogna certamente proporre qualcosa, e mi guarderò bene dal criticare, senza conoscerne il lavoro, l’inventiva e la dedizione di quanti vi ci profondono le loro energie. Ma rimango scettico sui mezzi di cui può disporre una società agnostica per affrontare problemi che sono tipicamente religiosi: si può forse curare la paranoia, come si può risolvere l’esclusione, ma per quel che tocca il fanatismo non conosco altro rimedio se non lo sviluppo della vita spirituale. Non ho programmi alternativi da proporre. Il primo luogo in cui io provo a contrastare il fanatismo non sono nemmeno i social network, dove è così facile esprimere tutta la propria indignazione davanti all’intolleranza o alla stupidità del mondo. Il primo luogo sono io stesso, perché contro le tentazioni idolatriche e la fatica di accogliere l’amore di Dio non c’è altra via al di fuori di un cammino di conversione, e di conversione al Dio vivo
Quando dico conversione, non parlo di cambiare religione: questo non è neppure l’ultimo dei miei progetti. Parlo di approfondire la mia relazione con Dio, sempre difficile, problematica, misteriosa, e comunque relazione, dove si tratta di lasciare soltanto a Dio questo posto assoluto che non appartiene che a lui, e che noi invece assegniamo ad altri, a oggetti più manipolabili.
Il problema, con Dio, è che non si può controllarlo né utilizzarlo; se è il vero Dio, il Dio vivo, non possiamo appropriarcene per farne uno strumento di potere. Solo Dio è Dio, non cessa di insegnarci la vita spirituale, che formula in noi certe tautologie che sembrano non voler dire nulla fino al giorno in cui si aprono e si rivelano, folgoranti, entusiasmanti. Solo Dio è Dio, e nient’altro. I suoi comandamenti non mi amano, la liturgia non mi ama, la Bibbia non mi ama, la morale non mi ama. Tutti questi elementi non sono Dio. Lui solo è Dio, e mi ama. Non ci basta una vita per capirlo.
Mi piacerebbe presentare delle terapie universali e certe per questa malattia dell’anima che è il fanatismo, ma devo accontentarmi, a questo stadio, di proporre tre rimedi estratti dalla mia farmacopea personale: su di me li trovo efficaci, anche se non hanno ancora passato la batteria di test necessari per proporli a un impiego universale. (…)
Non sono evidentemente così ingenuo da credere che il dialogo sia la panacea per il fanatismo. Ho sperimentato in prima persona come possa invece esacerbarlo, quando in questo dialogo noi non facciamo che parlare di noi stessi, di quello che siamo, delle nostre identità; quando io rappresento il cristianesimo in faccia a un campione incaricato di rappresentare l’islam. Una cosa come questa non ha il minimo interesse, perché, anche con tutta la buona volontà, nel fondo si tratta solo di competizione, scontro, puerile gara a chi prega più lontano.
Tutto comincia a cambiare se, invece che parlare di noi, parliamo di Dio. (…) Quando parlo di lui, posso farlo solamente con estrema castità. Ma mi viene talora dato di intravederne il bagliore in quello che un amico musulmano mi dice di Lui. Un amico, sì, perché chiunque mi parli di Dio in un modo che me lo fa vedere è necessariamente un amico. Non è sincretismo, questo, né rinuncia ad affermare la verità delle verità cristiane. Ma in questa conversazione di due credenti che su Dio non dicono la stessa cosa si produce talvolta, di rado, un’esperienza sorprendente, un momento di grazia che è forse quanto di più emozionante io abbia mai vissuto: quando un musulmano mi parla di Dio in un modo da farmi accapponare la pelle, perché sento lo Spirito di Cristo all’opera in lui. Questo non mi fa essere meno cristiano, anzi, perché imparo ad avere con Dio, che è più grande del mio cuore, un rapporto più corretto, quando Cristo è nella vita di un altro che mi parla e mi si rivela.
Testo tratto dalla newsletter EMI.
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Adrien Candiard, dopo essersi dedicato alla politica, nel 2006 è entrato nell’Ordine domenicano. Oggi risiede al Cairo, dove è membro dell’Institut dominicain d’études orientales (Ideo). Si occupa di islam e per noi ha scritto Comprendere l’islam, Pierre e Mohamed, Sulla soglia della coscienza (che ha vinto il Prix de la liberté intérieure) e, appunto, Fanatismo!